viaggio

N.32 Giugno-Luglio 2022

INTEGRAZIONE

Tornando sempre alla grande quercia. Sono le scelte a tracciare la rotta

Gli educatori della Fattoria della Carità di Cortetano raccontano "Pedalando Faticando", il progetto di cicloturismo che coinvolge i minori stranieri accolti da Caritas in avventure che sanno di vita

I ragazzi della Fattoria della Carità con gli educatori al Passo della Cisa

Prima di partire per un lungo viaggio è necessario prepararsi adeguatamente. Su questo principio concorda Mattia Ferrari, educatore della Fattoria della Carità di Cortetano ed esperto cicloturista. Una persona gentile a cui il tema del peregrinare sulle due ruote, per lavoro e per passione, sta particolarmente a cuore. Saremmo tratti in inganno se pensassimo che la preparazione comporti solo macinare chilometri in sella perché, per Mattia, la prima capacità da affinare è quella della scelta.
Per comprendere l’origine della sua convinzione, bisogna tornare a quando, diversi anni fa, l’educatore percorse in solitaria la via Francigena, l’antica strada dei pellegrini verso Roma. Un’esperienza intensa che lo portò a riflettere sul «potere trasformativo del viaggio nel momento in cui esci dalla tua zona di comfort e accetti di metterti in discussione». Il desiderio di cambiamento gli permise di osservare con un nuovo sguardo la propria vita e il lavoro svolto con i minori stranieri presso la Fattoria della Caritas Cremonese. «Vedevo i ragazzi arrivare, spesso dopo aver subìto la decisione di abbandonare il proprio Paese, per poi venire inseriti in percorsi di accoglienza standardizzati. Mi sono interrogato su come fosse possibile restituire loro, anche in piccola percentuale, la capacità di scegliere».
Il progetto “Pedalando Faticando” inizia con una domanda: «Parti?». È la prima di una lunga serie di possibilità che si apriranno in seguito, a partire da cosa infilare nelle sacche da viaggio e finendo con la gestione della “diaria” di 20 euro. «Devi scegliere come spendere i tuoi soldi e cosa portarti dietro. Non esistono scelte giuste o sbagliate; per farti capire meglio cosa intendo – racconta Mattia – ti racconto un episodio. Dopo una giornata sui pedali, tutti sono stanchi ed assetati. A Mohamed rimangono solo 5 euro e non ha ancora cenato. Sceglie di entrare in un bar e comprarsi una bevanda ghiacciata. I compagni gli dicono che sta sbagliando perché poi non avrà di che pagarsi la cena. Mohamed è risoluto, si siede all’ombra e si gusta la bevanda rinfrescante. Quella sera, per la prima volta, al nostro arrivo ci offrirono la cena». «Mohamed ha fatto la scelta giusta? – riflette l’educatore – Ha sicuramente fatto qualcosa per sé, di cui era profondamente convinto. Qui c’è il fondamento pedagogico del nostro lavoro: scegliere per diventare responsabili delle proprie azioni». E se alla sera non avesse trovato la cena offerta? Mattia non ha dubbi: «È importante stare nelle scelte che si compiono, la prossima volta terrà nella mente e nel cuore l’esperienza che ha vissuto. Tanto più vera e profonda perché vissuta sulla propria pelle».

«Il ritorno a casa
è una parte necessaria,
altrimenti sarebbe una fuga,
non un viaggio»

Man mano che il dialogo con l’educatore prosegue, capiamo perché l’allenamento sulla bicicletta non sia centrale nella preparazione del viaggio. «Solitamente partiamo “a secco” – ride Mattia – si parte e si va, ma non senza aver preparato i ragazzi al fatto che dovranno operare tutti i giorni delle scelte».
Per esempio quando arrivano ad un bivio, non sono gli educatori ad indicare la direzione. Lasciano la possibilità di scelta al gruppo. Lungo la via Francigena si trovano sempre luoghi di accoglienza e questo permette di modulare il numero di chilometri giornalieri a seconda delle decisioni effettuate. «I ragazzi scelgono liberamente se pedalare o sostare. Poi ci sono luoghi dove io e Michele sappiamo che tutti si fermeranno, come Piazza del Campo a Siena. Quando incontri la bellezza, inevitabilmente ti fermi a contemplarla».
«La scelta, per essere tale, necessita però di alcune condizioni – specifica Mattia – Prima di tutto dev’essere possibile, cioè se consegniamo 20 euro ai ragazzi poi dobbiamo realmente lasciarli liberi di gestirli; in secondo luogo deve avere un costo, come nella storia di Mohamed che avrebbe rinunciato alla cena per la sua bibita ghiacciata. Infine deve avere un valore, cioè deve essere orientata. Quale direzione ha la tua scelta? La bellezza? La sincerità? Il gruppo?».

Anche gli imprevisti sono una preziosa occasione educativa. «Qualsiasi cosa accada, noi educatori portiamo a riflettere i ragazzi sul fatto che non devono considerare l’imprevisto semplicemente “una sfiga” ma anche un’occasione. Per esempio vicino a Cassio, su una dura salita, si è rotta la catena ad un ragazzo. Beh, proprio lì vicino c’era un albero di prugne e ne abbiamo approfittato per fare una scorpacciata. Mentre gustavamo i frutti si è fermato un furgone che ci ha dato un passaggio fino al paese più vicino».
Parola dopo parola emerge con chiarezza che la parte faticosa dell’intera esperienza è sicuramente più mentale che fisica. 1Quando i ragazzi si trovano davanti alla salita della Cisa vecchia, si fanno inizialmente prendere dallo sconforto». Poi, dentro di sé, trovano le risorse necessarie, la motivazione per spingere sui pedali e raggiungere la cima. «E dopo aver superato il passo si sentono dei leoni, pronti ad affrontare qualsiasi sfida».
Anche gli educatori vivono dei momenti di fatica, «soprattutto quella di tenere, giorno per giorno, le fila del gruppo». In concreto significa «stare con le loro emozioni, riportarli sempre alle loro responsabilità, riunirli ogni sera per il momento del confronto e della compilazione del diario».
Il momento più malinconico di ogni viaggio affrontato “pedalando e faticando” è sicuramente il ritorno a casa. «Ma è una parte necessaria, altrimenti si tratterebbe di una fuga, non di un viaggio» sottolinea Mattia mentre aggiunge che «il rientro, essendo su rotaia e non più con i tempi della bicicletta, è davvero troppo repentino». Per fortuna che, dalla stazione di Cremona, ci sono 8 km da percorrere in bicicletta fino ad arrivare sotto la grande quercia della Fattoria, dove termina ogni avventura. E il vento che passa tra le fronde sembra tradurre ai ragazzi seduti in cerchio la domanda iniziale “Parti?” in qualcosa di nuovo. È un desiderio, nato dall’esperienza condivisa. È una voce che sembra ripetere con le parole di Pessoa: “Desidero partire: non verso le Indie impossibili o verso le grandi isole a sud di tutto, ma verso un luogo qualsiasi, villaggio o eremo, che possegga la virtù di non essere questo luogo».