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N.42 Settembre 2023

Si può progettare la pace con una canzone?

Per un musicista la pace non è un’utopia, per ragioni intrinseche: la musica è sinonimo di “armonia”, l’accordo è “consonanza” di suoni, i cori “uniscono” le varie voci...

Più di uno storcerà il naso: come si fa a pensare che la musica possa incidere in qualche modo nella realtà di tutti giorni? La musica è un linguaggio universale che risveglia emozioni e sensazioni uniche, ma arriva a cambiare il mondo? Sappiamo che esprime qualcosa di felice, triste o drammatico, i testi comunicano idee e sentimenti, ma poi, è capace di smuovere le questioni veramente importanti?

In realtà l’influenza della musica sulle persone è fortissima. Senza rendercene conto a volte ricorriamo alla musica nella ricerca di un contenitore dove riversare liberamente il nostro “io” senza danneggiare nessuno. Ed è proprio in questo spazio riservato, nello stesso tempo intimo e condiviso, che oggi è possibile connettere speranze e desideri, probabilmente senza clamori e senza azioni decisive com’è nello statuto e stile dell’arte, ma con quella seduzione che sa colpire nel profondo.

…quella musica arriva
dove nessun ragionamento può arrivare,
nessuna spiegazione logica può spiegare,
nessun sillogismo può convincere razionalmente

C’è chi sostiene che la pace sia un’utopia irraggiungibile, chi teorizza la pace negativa, chi vuole la guerra preventiva… Per un musicista la pace non è un’utopia, per ragioni intrinseche: la musica è sinonimo di “armonia”, l’accordo è “consonanza” di suoni, i cori “uniscono” le varie voci, gli strumenti dell’orchestra “interagiscono” fra loro, all’interno di un gruppo tutti si adoperano per raggiungere la bellezza estetica. Ecco, abbiamo trovato i termini propri di chi, nel suo piccolo, costruisce pace giorno per giorno: collaborazione fra diversi, accettazione del dialogo, ascolto attento della voce degli altri, soluzione paziente delle difficoltà.

Ma c’è un tratto che non è razionalizzabile e che conferisce una marcia in più all’artista. Come si spiega, infatti, che la musica raggiunga poi l’interiorità delle persone come una specie di magia? Come arriva ad unire trasversalmente tante persone e a renderle permeabili a quella melodia, a quelle parole, a quell’inflessione strumentale?

Qui sta il punto: quella musica arriva dove nessun ragionamento può arrivare, nessuna spiegazione logica può spiegare, nessun sillogismo può convincere razionalmente.  

Si provi a pensare a qualche testo di canzone italiana che parla di guerra: come fa a non restare nella memoria quel suono intonato di mitraglia “la stessa nota tra-ta-ta-ta” (C’era un ragazzo, Gianni Morandi) del ragazzo inviato in guerra?

O il dilemma atroce espresso in ritmo di ballata “e se gli sparo in fronte o nel cuore/soltanto il tempo avrà per morire/ma il tempo a me resterà per vedere/vedere gli occhi di un uomo che muore” (La guerra di Piero, Fabrizio De André).

O l’incalzare della batteria rock sotto le parole “e dico sì al dialogo/perché la pace è l’unica vittoria/l’unico gesto in ogni senso/che dà forza al nostro vivere/vivere, vivere.” (Il mio nome è mai più, LigaJovaPelù)?

Come non restare ipnoticamente presi dal martellante rap: “Dichiaro pace a chi sta/ al tempo e con le rime crea un immagine mai vista/questo e’ per gli MC’s: usa la testa! usala per sopravvivere nella foresta/ non per combattere da solo contro la tempesta! il resto resta…” (Guerra fra i poveri, Inoki feat. Fabri Fibra)?

Dunque la musica può arrivare in profondità, scavalcare i ragionamenti, identificare problemi e restare coccolata nella memoria. Allora può non solo comunicare profondità, ma agire nel mondo facendo sentire da vicino le urgenze e le speranze. Certo, oggi la guerra è questione troppo seria perché ci si fermi a slogan in rima o a qualche ritornello. Il tema della pace non sopporta un approccio solo emotivo. Il carattere di sfida storica ci è radicalmente e terribilmente vicina, ha bisogno di consapevolezza, di conoscenza, di dialogo, del saper ascoltare e non limitarsi a sentire.

Eppure, forse, proprio qui la musica può agire, perché il suo messaggio può sublimare i desideri più profondi lasciando tracce persistenti. La musica può progettare la pace, in tanti modi. Può rappresentare la pace nell’interazione di persone diverse quando accosta stili lontani fra loro o tradizioni distanti; si provi a immaginare musicisti o strumenti appartenenti ad ambiti o a nazioni differenti: per farli suonare insieme occorrerà che si trovino in un luogo adatto a tutti, che accordino gli strumenti, che si ascoltino e alternino in modo uguale, che si sovrappongano senza eliminarsi, che nessuno prevalga e ciascuno abbia il suo spazio. Non è questa un’immagine di convivenza rispettosa, in vista di un bene comune?

In realtà, da tempo i musicisti si cercano nella fusion o nella word music, almeno a partire dagli anni Sessanta. Musica di nicchia, naturalmente (chi conosce i Weather Report o Sun Ra?), ma appunto per questo, precorritrice o profeticamente protesa all’apertura, senza egemonie di sorta e alla ricerca delle rispettive ricchezze. Se poi stiamo all’attualità, non sono stati pochi i concerti che hanno visto sul palcoscenico musicisti ucraini e russi uniti nel “gridare” la loro sofferenza ma soprattutto il loro desiderio di pace, di fraternità e di amicizia.

Davvero la musica nelle scuole
può scavare nei fondamenti
delle differenti culture e civilizzazioni,
scoprire orizzonti, comporre mosaici

Si potrebbe aprire il grande capitolo dell’educazione alla Pace attraverso la musica, sia con testi che educano all’interculturalità che con l’esecuzione musicale in sé, dove la disciplina si unisce alla fusione misurata delle voci e dei suoni. Davvero la musica nelle scuole può scavare nei fondamenti delle differenti culture e civilizzazioni, scoprire orizzonti, comporre mosaici.

Forse qui è urgente oggi intervenire, ma solo perché sembra che non siamo in grado si intervenire presso gli adulti, quelli che manovrano i fili della società e che distraggono la gente comune con stratagemmi più o meno occulti.

Qui, poi, possiamo anche accendere la musica che “mette in pace”; peccato che in questo caso voglia dire “musica che ti lascia in pace con te stesso, ti distrae, ti consola e ti mette da parte”. Vedi Sanremo o i talent show o i media commerciali… No, la musica può anche essere altro.