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N.50 maggio 2024

iniziative

Una Biblioteca Vivente in carcere per superare i pregiudizi

Il progetto promosso dal Comune con le cooperative Nazareth e Bessimo in collaborazione con l’Asst di Cremona ha aperto le porte della casa circondariale per un incontro con i "libri viventi" che hanno condiviso i capitoli della loro vita con chi ha scelto di mettersi in ascolto

La scrittrice e poetessa Marguerite Yourcenar, con un’intuizione che colpisce per la sua attualità, paragonava le biblioteche a grandi granai pubblici: fondarle è necessario per poter “ammassare riserve contro l’inverno dello spirito”.

Nonostante in questi giorni di maggio il tepore primaverile si affacci alle nostre porte, esistono luoghi dove il freddo non si dissolve mai del tutto. Per portarvi un po’ di calore, evitando che il gelo arrivi a creare barriere insormontabili, alcune persone, dotate di sensibilità e intuito, hanno realizzato a Cremona il progetto della Biblioteca Vivente. L’iniziativa, che rientra nel progetto Re-Start 4.0, è stata promossa dal Comune di Cremona con il coordinamento della Coop Nazareth e realizzata in collaborazione con l’Asst di Cremona e la Cooperativa di Bessimo.

Francesca Salucci, operatrice della Cooperativa di Bessimo, ci racconta con entusiasmo la genesi dell’idea della Human Library: «È una metodologia semplice e innovativa che punta a promuovere il dialogo. È stata inventata negli anni Novanta in Danimarca come risposta ad un’aggressione a sfondo razzista e si fonda sulla convinzione che la comprensione sia la condizione necessaria per abbattere pregiudizi e stereotipi». Due elementi particolarmente presenti attorno al mondo del carcere.

Durante i momenti di riflessione trascorsi insieme ai detenuti del “gruppo dipendenze”, Francesca e Leone Lisè (operatore del Serd di Cremona) hanno proposto, come già sperimentato in altri Istituti in Italia, di realizzare una Biblioteca Vivente. L’idea, posta al centro del gruppo, ha trovato un terreno favorevole dove attecchire: ogni partecipante ha generosamente messo a disposizione una parte della propria storia per poter raccontare aspetti di sé che andassero oltre il reato compiuto.

Ogni partecipante ha generosamente messo a disposizione
una parte della propria storia per poter raccontare
aspetti di sé che andassero oltre il reato compiuto

Dopo aver creato una sintesi dell’evento da narrare, per dare al lettore l’idea della tipologia di storia raccontata, ogni detenuto ha individuato un titolo, semplice e diretto. Tenendo in mano il dépliant illustrativo dell’evento svoltosi il 20 gennaio presso la Casa Circondariale di Cremona, ci immaginiamo cosa avremmo scelto di leggere: forse Amica solitudine di Logan, forse Il viaggio di una famiglia verso un futuro migliore di Ardi oppure Le notizie esplodono di Ardit.

La giornata in cui i libri sono stati messi a disposizione del pubblico si è rivelata tanto significativa per i lettori quanto per chi ha accettato di condividere la propria storia. Nella palestra del carcere, allestita con cura perché fosse il più accogliente possibile, una trentina di persone hanno potuto ascoltare, o meglio, consultare in modo individuale, uno o più “libri viventi”. Un momento intimo, un incontro autentico ed emozionante tra chi desidera raccontarsi e chi è disposto ad ascoltare, testimoniato da un prezioso documentario girato da alcuni alunni dell’Istituto Tecnico J. Torriani sotto l’attenta guida dei professori Giacomo Volpi e Michele Perna.

Leone Lisè sottolinea l’importanza di aver creato una possibilità di incontro tra i detenuti e chi risiede fuori dalle mura: «Abbiamo mandato inviti mirati, a partire da coloro che vivono a stretto contatto con il carcere senza però aver avuto mai l’occasione di vederlo all’interno come, per esempio, i membri del Comitato di quartiere, i volontari della parrocchia, i formatori del corso di infermieristica dell’Ospedale».

Obbiettivo pienamente centrato, come testimoniano le parole dei lettori. Una donna afferma di essere stata mossa dalla curiosità «di vedere dei volti che a volte immaginiamo soltanto» mentre un giovane afferma, riflettendo sulle storie ascoltate, di aver preso «consapevolezza che in tutti i libri il finale è ancora da scrivere: dipende dalla nostra volontà di desiderare un cambiamento».

«Nessuno mi ha chiesto che reato avessi commesso,
cosa avessi fatto per essere in carcere:
abbiamo parlato di tutt’altro, di quello di cui io volevo parlare»

Un elemento che sottolinea Francesca Salucci è la possibilità che nasca un rispecchiamento tra la storia di chi narra e quella del lettore/ascoltatore. Infatti, al termine dell’incontro, un uomo confida, ancora coinvolto: «Credo di aver ricevuto molto di più io di quello che ho dato. Sono sincero: la persona con cui ho parlato ha un rapporto con il genitore molto complicato e difficile che mi ha ricordato, purtroppo, la mia situazione famigliare».

Francesca Salucci e Leone Lisè

Le testimonianze più intense sull’esperienza vengono dai detenuti, come quella di B. che afferma: «Appena arrivato in palestra ero scettico, ma anche emozionato perché avrei avuto l’occasione di incontrare, dopo tanto tempo, gente da fuori… sono qui da quattro anni!».

H. ha un sorriso infinito sotto la folta barba nera, ed il suo racconto è travolgente: «È stata un’esperienza forte che non mi aspettavo; nessuno mi ha chiesto che reato avessi commesso, cosa avessi fatto per essere in carcere: abbiamo parlato di tutt’altro, di quello di cui io volevo parlare. Mi hanno fatto anche molte domande, qualcuno mi ha raccontato episodi della propria vita; mi è capitato anche di incontrare la mia maestra delle elementari».

Il bilancio dell’esperienza lo traccia lui stesso quando afferma, con gli occhi che gli brillano per la gioia: «La Biblioteca Vivente andrebbe fatta in tutte le carceri perché aiuta a togliere gli stereotipi; nella stretta di mano finale ti accorgi che il pregiudizio è passato. C’è anche chi mi ha abbracciato e questo mi ha molto emozionato».