numeri

N.38 Febbraio 2023

TERRITORI

Sei frazioni, 286 abitanti, secoli di storia Derovere e l’arte di essere in pochi

Tra osteria e santuario, il racconto della vita nel meno abitato dei comuni della campagna cremonese, dove ci si parla di persona davanti a un bianco (e a una cabina telefonica) o, la domenica, sul sagrato della chiesa

Don Federico ci attende alle 11, minuto più, minuto meno, in piazza San Giorgio, dove sorge la chiesa parrocchiale, un piccolo gioiello incastonato nella campagna cremonese, che ospita uno straordinario esemplare di organo, costruito nel 1840 da Angelo Bossi.
Sono le 10.30, siamo nel Comune di Derovere, 18 chilometri da Cremona, in quella fascia fertile di pianura tra i fiumi Po e Oglio, ad eguale distanza tra l’antica via Postumia a nord, che costituiva all’epoca romana un’importante via di comunicazione, e la napoleonica strada Giuseppina a sud che, passando per San Giovanni in Croce e Bozzolo, giunge, poi, a Mantova.
Per l’Istat, che fa dei numeri l’unità di misura delle proprie analisi, all’1 gennaio 2022, con 286 abitanti, è il Comune meno popolato dei 113 della provincia cremonese.
C’è qualcosa di magico nell’aria di un sabato mattina di metà febbraio. È il fascino che solo la pianura e queste piccole realtà che la punteggiano sanno trasmettere a chi è in grado (o si è preso il tempo) di coglierne la bellezza. La nebbia lascia presto spazio ad un sole timido solo all’apparenza. Ci addentriamo, nella mezzora che ci divide dall’incontro concordato qualche giorno prima, nella frazione di Casalorzo Geroldi, una delle sei che compongono Derovere, poco meno di dieci chilometri quadrati di terra, insieme a Cà de’ Bonavogli, Casalorzo Boldori, Ca de’ Cervi, Ca de’ Novelli e Ferabò.

Dal 1924 l’Osteria Boldori è punto di riferimento per la comunità. Lo è a maggior ragione oggi, perché ultimo esercizio in attività. Ritrovo in questo avamposto padano atmosfera, cordialità e umanità molto cara nei racconti di Mario Soldati nel suo “Viaggio lungo il Po”. Qui due anziani si confrontano, parlano, mettono al centro di quel vecchio tavolo di legno il piacere conviviale. Anche solo dello stare insieme o di raccontarsi cosa mangeranno per pranzo. C’è chi gioca a carte sorseggiando con parsimonia quel bicchiere di bianco che ha il sapore dei giorni migliori. In un angolo di questo locale dove la signora Andreina cucina ancora trippa e paste tirate a mano, troneggia una cabina telefonica stile anni Ottanta. È li a ricordarci che il tempo scorre, ma non in tutti i luoghi del mondo alla stessa velocità.
Comprendo come una comunità tanto piccola possa stringersi attorno a questi capisaldi. Non scontati, oggi più che mai in un epoca nella quale la tecnologia ha stravolto tutto, compresi i rapporti umani.
Don Federico è puntuale come un orologio svizzero. Ci spiega come il Comune condivida diversi servizi con quelli vicini. Materna, elementare e medie, per esempio, sono a Sospiro. Il pullmino giallo ogni giorno accompagna una quindicina di ragazzi lungo quel tragitto di una decina di chilometri: «La scuola è stata chiusa una trentina di anni fa – mi confida Massimo Suardi, al sesto mandato da sindaco, il terzo del secondo ciclo – Abbiamo anche la linea Km, attiva ogni giorno, da Derovere a Cremona. La nostra è una comunità molto unità, da sempre. Il segreto? Nessun segreto. Siamo in pochi e siamo abituati a parlare, confrontandoci anche nelle piccole cose. Qui il contatto diretto tra persone è fondamentale. I problemi di tutti i giorni esistono. I servizi riusciamo a tenerli in piedi anche se al minimo. Nella nostra comunità sono tanti gli anziani. Le poche attività commerciali sono collegate all’agricoltura. Chi abita qui, lavora fuori. La trattoria Boldori è l’unico bar in attività dopo la chiusura di quello del capoluogo».

L’ufficio postale apre il lunedì, poi martedì e venerdì. Con Ostiano il Comune condivide l’anagrafe, per esempio: «Il calo demografico si è fatto sentire anche qui – mi dice Don Federico, persona di grande vitalità e vulcano di idee – la Chiesa è un collante. Lo è nell’occasione dell’incontro per la messa festiva. Sempre in collaborazione con l’unità pastorale. La messa feriale è fissata il mercoledì pomeriggio, anche nei mesi invernali, alle 16 nella chiesa parrocchiale. Dal 25 marzo al 31 ottobre si sposta, alle 17, presso il santuario della frazione Ca’ de Cervi. È un santuario mariano, punto di riferimento per un territorio più ampio. È frequentata da tanti affezionati di Cremona, ma anche della Bassa bresciana». L’entusiasmo è percepibile in ogni inflessione vocale: «Qui a Derovere le persone hanno un forte senso di appartenenza alla realtà del paese. E vivono questo sentimento in maniera serena. E non come chiusura o fatica di accettazione della piccola dimensione di questa realtà. Si respira, quotidianamente, una bella unità e la voglia di collaborazione. C’è apertura verso l’esterno. Anche per noi questa serenità è gratificante».

Uno dei personaggi chiave di questa storia di straordinaria normalità si chiamava don Terenzio Zeli, arrivato a Derovere nel 1974 e morto a soli 47 anni, nel 1985, a causa di una leucemia fulminante: «In quei dieci anni ristrutturò chiesa e campanile. Unì le frazioni, facendo del paese un unicum. Per quello abbiamo ancora oggi lo stesso entusiasmo. Abbiamo vissuto momenti gloriosi. Siamo stati noi i catalizzatori del territorio limitrofo» confida Gianmario Anselmi, diacono permanente della diocesi di Cremona dal 2008: «Quello che ho deciso di fare della mia vita è in risposta a questo dono. Anche per la comunità di Derovere. C’è orgoglio nell’abitare questo luogo, privilegiato dal punto di vista paesaggistico e di tranquillità. Il Covid ha lasciato in tutti uno strascico di diffidenza e lontananza. Le relazioni però non sono mai mancate. Così come la celebrazione se non nei mesi di lockdown. Abbiamo lavorato insieme alla Pro Loco dopo la prima ondata per cercare di riaprire e infondere fiducia».

A proposito di Pro Loco: quest’anno compirà i 30 anni di vita. «Vogliamo essere un aggregatore – dice Federico Recchi – ci muoviamo nel nostro piccolo per il bene del paese e della comunità. Cerchiamo anche di coinvolgere i giovani. Finanziamo attività per i giovani, ma anche per gli anziani. Durante il periodo del Covid abbiamo effettuato una elargizione importante per l’acquisto di respiratori. Organizziamo diverse sagre. La più importante è quella dello gnocco, dal 22 aprile all’1 maggio. Il 23 aprile si celebra San Giorgio patrono di Derovere. Quest’anno riprendiamo dopo lo stop. Lo scorso ci abbiamo provato ma l’emergenza sanitaria imponeva restrizioni. In quei giorni arrivano in paese circa tremila persone. E diamo da mangiare a tutti. Queste occasioni infondono a noi fiducia e soddisfazione per il tempo che investiamo affinché le persone abbiano occasione di ritrovarsi».
Tempo fa il Bike Team Derovere e il Drago, società calcistica, erano fiori all’occhiello: «In futuro – continua Anselmi – ci piacerebbe rivedere realtà di questo tipo. Le persone che si impegnano sono sempre le stesse però. I giovani vengono, ma l’impegno è puntiforme. Magari circoscritto ad un paio d’ore, ma non costante e frutto di una progettualità».

«Adesso però ti porto a visitare il santuario» mi sollecita Don Federico dopo quasi un’ora di piacevole chiacchierata attorno ai punti cardine del paese. È dedicato a Maria Vergine Madre della Parola divina, si trova nella frazione Cà de’ Cervi. Nel 1650 gli abitanti di questo piccolo fazzoletto di terra furono testimoni di una apparizione della Beata Vergine sulle rive del Canale Delmona. Apparve ad una giovane sorda e muta. Con un canestrino al braccio portava la colazione al padre intento a lavorare nei campi. La Vergine Benedetta le donò udito e parola. Chiamò suo padre dicendo che la Madonna l’aveva guarita e che voleva una cappella sopra quella riva in suo onore. Oggi è un’intima oasi di spiritualità mariana e di pace, lungo l’itinerario ciclabile della Postumia casalasca, sulle rive del dugale Delmona.
Testimonianza tangibile della ricchezza storica, ed anche attuale, di questi piccoli comuni, patrimonio presente della cultura cremonese e italiana.