giochi
N.30 Aprile 2022
Incontrarsi nel gioco. Anche l’avatar racconta di noi
Una serata da "gamer" in collegamento con altri appassionati con cui si condividono un'ora di svago, un'avventura digitale e – perché no – anche due chiacchiere cordiali. Sempre attenti a non esagerare. Ne parliamo con l'esperto Luca Soregaroli
Il sole è tramontato e l’ora di cena è ormai passata, è questo il momento in cui ragazzi di tutte le età dimenticano le fatiche della giornata per dedicarsi ad uno degli hobby più diffusi del nuovo millennio: i videogames.
Con un gesto del dito accendi la console, seguita da un suono acuto che nel linguaggio internazionale significa solo una cosa: è ora di video-giocare. Con un paio di semplici comandi che si potrebbero tranquillamente dare ad occhi chiusi ecco che si entra nel mondo virtuale: tra castelli medievali, città futuristiche e principesse da salvare. E cosa può rendere ancora migliore l’esperienza? Condividerla, naturalmente.
Lampeggia una notifica nella parte alta del monitor, sei stato invitato in una chat vocale, e senza pensarci partecipi, perché è stata creata da uno dei tuoi compagni di avventure. Un saluto, e si inizia a collaborare per completare una quest, vincere una partita, o solo per far passare il tempo. La stessa sera, giocando online conoscerai qualche persona nuova, alcuni di loro vengono dall’altra parte del mondo. Si parla inglese, in modo tale che tutti capiscano.
Il dottor Luca Soregaroli, psicologo psicoterapeuta, sottolinea che «giocando online con persone che provengono da territori diversi, che provengono da altri Paesi, c’è la possibilità di comunicare per coordinare le proprie azioni, c’è la possibilità di intervenire all’interno del videogioco attraverso canali di comunicazione che implementano le capacità della lingua straniera che viene utilizzata, in particolar modo l’inglese».
Mettendo però in guardia sui rischi che caratterizzano il matchmaking casuale, rivelando che «è necessario capire con chi stiamo parlando, come in ogni ambito della vita ci sono individui propensi all’aiuto e alla collaborazione, ma non sarebbe strano trovare giocatori che puntano a rovinare l’esperienza videoludica attraverso ingiurie o azioni che impediscono di usufruire della libertà che il gioco mette a disposizione».
La sessione, però, stasera prosegue senza troppi intoppi; finalmente si intravede la fine di quell’avventura che da una settimana non riuscivi a completare. Ancora un paio di mosse ed eccola: «Missione completata».
Il successo frutta bene e con le ricompense incassate idecidi di modificare il tuo personaggio con una nuova armatura luccicante o con le nuove armi al plasma che hai ottenuto, ma vicino a te passa un altro giocatore, con una skin completamente diversa dalla tua, non ti piace per nulla, e non capisci perché qualcuno dovrebbe indossare quegli abiti.
«La scelta di un avatar piuttosto di un altro può dire molto sul carattere di una persona. Preferire un look femminile rispetto ad uno maschile, o una fisionomia buffa rispetto ad una più attraente rispecchia la soggettività dei videogiocatori. Questo non significa che ci siano leggi univoche e universali che determinano il carattere di un individuo in base al personaggio con cui gioca, ma a volte, grazie a qualche domanda, si riescono ad cogliere alcune caratteristiche della personalità del soggetto che si rifanno alle scelte artistiche ed estetiche fatte nel videogioco». Un modo per raccontarsi, una strada per conoscersi.
Certo, prosegue Soregaroli «non bisogna pretendere che guardando un avatar si possa leggere l’io interiore della persona. Ci sono aspetti che è giustano rimangano riservati ad un ambito discorsivo. Il gioco è una cornice di dialogo, una parte caratterizzante ma non una prerogativa dell’analisi».
Inizia a farsi una certa ora, guardi l’orario e ti accorgi che il tempo è volato e ti ricordi che l’indomani mattina si prospetta una giornata molto impegnativa, lo riveli ai tuoi amici e questi ti pregano di fare un’ultima partita o un’ultima missione insieme a loro, ma riesci comunque a rimanere della tua idea e li saluti. Domani li ritroverai lì, collegati.
«Come per ogni ambito della vita, anche i videogiochi devono essere inseriti nella giornata secondo orari definiti – conclude Luca Soregaroli –, non bisogna eccedere e allo stesso tempo neanche privarsene del tutto. L’abuso non porta mai nulla di buono, e questo vale per tutte le fasce d’età».