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N.31 Maggio 2022

INCONTRI

Incontrarsi al Blue Dojo, dove il gioco è una cosa… vera

Samuele Dagani apre le porte del luogo dove una partita di Magic, Yu-Gi-Oh! o Pokémon genera incontri. E con il centro diurno di neuropsichiatria del Gruppo Gamma il gioco diventa opportunità per crescere e sentirsi "a proprio agio"

Sigmund Freud, padre della psicanalisi, avrebbe sostato volentieri al Blue Dojo. Accomodato su uno dei divani rossi vicino all’ingresso, avrebbe osservato interessato come i giovani del XXI secolo si comportano nel gioco. Le annotazioni sul taccuino delle interminabili sfide a PokémonMagic o Yu-Gi-Oh! non avrebbero fatto altro che confermare la sua intuizione di paragonare chi gioca ad «un poeta che crea il proprio mondo». Un’operazione impegnativa perché, come aveva ben compreso lo psicanalista tedesco, «il contrario del gioco non è ciò che è serio, bensì ciò che è reale». E proprio in un tentativo, ben riuscito, di evasione dalla realtà, va ricercata l’origine del locale di via Buoso da Dovara a Cremona.
Il titolare Samuele Dagani, sguardo penetrante e folta barba corvina, ci racconta di aver incontrato i giochi di carte in adolescenza e di averli vissuti come «una fuga dalla realtà e dagli standard con cui un quindicenne viene giudicato normalmente, cioè dal proprio ceto sociale, da quanto è abile nello sport oppure dai voti che prende a scuola».
Il ragazzo di allora cresce e, oltre a coltivare la propria passione per le carte, prosegue gli studi fino a conseguire la laurea in Architettura. Cerca un lavoro che lo soddisfi, ma i tentativi non vanno a buon fine. A questo punto della narrazione, aspirando da uno degli inseparabili sigari, Freud, annoterebbe che «quando il bambino è cresciuto e ha smesso di giocare, dopo che si è travagliato a concepire la realtà della vita con la serietà che essa richiede, si può trovare un bel giorno in una disposizione di spirito che disfa nuovamente l’opposizione tra giuoco e realtà».
Così Samuele capisce che, per essere soddisfatto della propria esistenza, deve tentare di vivere di ciò che lo appassiona nella certezza di aver «più paura del rimpianto che del fallimento».
Dopo un’utile esperienza in terra bresciana, convinto che in città «non mancasse un punto vendita ma un luogo dove sostare, giocare e vivere le proprie passioni», decide di aprire il Blue Dojo. «Il mio obbiettivo è dare la possibilità ai ragazzi di avere un luogo tranquillo dove creare legami tra di loro» spiega Samuele svelando il motivo della presenza nella sala di due confortevoli divani. La risposta dei giovani in termini di frequentazione c’è, anche se non immediata, sopratutto a causa del Covid e della pesante eredità lasciata in termini di «difficoltà a relazionarsi e ad uscire dal proprio guscio».

«Il contrario del gioco
non è ciò che è serio,
bensì ciò che è reale»

SIGMUNG FREUD

Negli stessi mesi in cui il Blue Dojo apriva i battenti, poco lontano, in via Bonomelli, l’equipe educativa del centro diurno di neuropsichiatria infantile e dell’adolescenza della cooperativa sociale Gruppo Gamma si chiedeva come introdurre la media education nelle proprie attività. La decisione, ispirata anche dall’incontro con Samuele, è stata di iniziare a svolgere attività legate ai giochi da tavolo, lontani parenti dei videogiochi e importanti strumenti di socializzazione.
Federico Pederneschi, operatore del Centro, racconta che un pomeriggio alla settimana un piccolo gruppo di adolescenti, spesso accompagnati dai volontari del Liceo Vida, si reca presso il Blue Dojo. Qui li attende Tommaso Cabrini, titolare insieme a Bruno Capriati di Djamagames, neonata casa editrice di giochi da tavolo. «Grazie alla sua competenza e disponibilità, durante ogni incontro proviamo giochi che attivano diversi aspetti come la competitività, il ragionamento logico o la capacità di osservazione» ci racconta l’educatore. La risposta dei ragazzi è molto positiva, così è stato deciso che, dal prossimo appuntamento, inizieranno a sviluppare insieme un gioco tutto ideato loro. Per ora non sono concesse anticipazioni ma sembra che avrà tematiche e personaggi «legati ad altri progetti della cooperativa Gamma».
Samuele sorride molto soddisfatto. Uno dei suoi obbiettivi, che sta vedendo realizzarsi, è aprire le porte del suo Dojo a più realtà possibili e, se riesce, a metterle in dialogo. «Oltre che al progetto con il Centro Diurno e Djamagames, ho avviato contatti con l’Accademia Scacchistica Cremonese e con l’Associazione ludica “La Buca del Coboldo”, tutte realtà coinvolte nella promozione del gioco intelligente».
Le porte del Dojo sono aperte dal primo pomeriggio fino a sera tarda «quando gli ultimi giocatori finiscono le partite e spesso, tirata giù la clèr, si esce insieme in qualche locale per continuare a chiacchierare». Ancora una volta emerge l’anima di questo luogo, cioè accogliere e far sentire tutti a proprio agio, a partire da quelli che solitamente non lo sono. «So bene come ci si sente – conclude Samuele con un sorriso – perché anche io da ragazzo mi sono sentito così».