regole
N.54 novembre 2024
Le trasgressioni del pensare
Senza regole è impossibile concepire la convivenza civile. Molteplice è la loro natura e multiformi sono anche i volti della trasgressione: da Adamo a Pinocchio, da Antigone al Caravaggio
Ogni regola traccia un limite che consente l’ordine e la stabilità di un sistema, qualsiasi ne sia la sua natura. Ogni tracciatura però provoca inevitabilmente l’umano desiderio di trasgressione. L’esistenza della norma, inesistente per gli animali costretti a seguire la pulsione, è ciò che umanizza la vita e la pone di fronte all’angoscia della scelta che, come ha sostenuto Kierkegaard, sottrae la vita stessa alla sua originaria innocenza. La storia dell’umanità e del suo incessante peregrinare ha inizio con la disobbedienza di Adamo e Eva che, cogliendo il frutto proibito, perdono per sempre l’originaria “quiete” dell’Eden.
Sappiamo che senza regole è impossibile non solo qualsiasi relazione tra uomini, ma anche qualsiasi forma di sapere. Molteplice è la loro natura (alcune sono cogenti, altre opportune o convenienti, altre ancora fondanti un’etica della scelta), pertanto, multiformi sono anche i volti della trasgressione .
Pinocchio, il burattino impertinente, insolente e disubbidiente, esprime il desiderio di godimento che abita ciascuno. Marina la scuola, vende il libro comprato con tanto sacrificio dal padre, sperimenta l’ebbrezza del paese dei balocchi, mente a tutti, anche a se stesso, pur di evitare la punizione. Mette sottosopra l’ordine costituito in una serie di avventure tragicomiche che avranno come risultato la morte dell’egoismo narcisistico e la conquista dell’altruismo e della solidarietà. Ha preteso di essere tutto, di poter godere di tutto, di governare tutto e scopre, proprio attraverso le conseguenze della trasgressione, di essere una mancanza che da solo non può colmare e comprende che senza regole la vita muore.
Ha preteso di essere tutto, di poter godere di tutto, di governare tutto
e scopre, proprio attraverso le conseguenze della trasgressione,
di essere una mancanza che da solo non può colmare
e comprende che senza regole la vita muore
Se Pinocchio incarna la disubbidienza in nome del piacere, Antigone personifica la trasgressione che ha la forza di denunciare la violenza del potere, l’ingiustizia e le contraddizioni insite in regole inumane. Non obbedisce al decreto di Creonte, re di Tebe, che vieta la sepoltura del fratello Polinice perché traditore. In lei prevale la pietà,espressione di una legge divina inscritta nel cuore di ogni uomo, verso colui che, se non sepolto, non avrebbe avuto pace in eterno. Per amore è disposta ad affrontare la morte, pena inflitta ai trasgressori, pur di assicurare al fratello riposo perpetuo. In Antigone vive ogni uomo che ritiene che “l’obbedienza non sia una virtù” ogni qualvolta impone di tradire la propria coscienza.
In Antigone vive ogni uomo
che ritiene che “l’obbedienza non sia una virtù”
ogni qualvolta impone di tradire la propria coscienza
La storia ci consegna molte pagine scritte da ribelli pronti a sacrificarsi per rendere evidente la brutalità di certa politica e la follia di ingiustizie economiche. Si può pensare che ogni trasgressione sia in sé violenta, che costituisca un vulnus alla stabilità di una comunità che proprio sulle regole si costituisce. Socrate stesso rifiuta la fuga dal carcere, preparata dai suoi discepoli per sottrarlo ad una ingiusta condanna a morte , convinto che alla legge si debba obbedienza incondizionata sempre. È certo, però, che senza il coraggio di ribelli resistenti nessun passo si sarebbe compiuto e si compirebbe verso il pieno riconoscimento della libertà di ciascuno. L’ eterno conflitto tra legge umana e divina si consuma ancora oggi in ogni donna iraniana e in tutti coloro che infrangono regole contrarie alla libertà e dignità di ciascuno.
L’infrazione delle norme caratterizza anche chi possiede una potenza creatrice, il genio. Accade nell’arte, e non solo, quando i canoni vigenti appaiono inadeguati ad esprimere il personale sguardo sulla realtà. Caravaggio nell’opera La morte della Vergine racconta una Maria “scomposta” nell’ora della fine, coi piedi nudi e le caviglie gonfie, con un ventre prominente, i capelli scarmigliati in polemica con l’iconografia tradizionale che chiedeva di mostrare il miracolo di una morte a cui non seguiva alcuna corruzione. L’artista, irridendo alle regole imposte, sceglie di mostrare un’agonia che segna il volto e rende ancor più evidenti le rughe.
Il tradizionale splendore dell’oro, segno di bellezza eterna,
cede ai contrasti di luce e ombra che palesano la corruzione
anche di Maria che, proprio perché donna, è potuta diventare Madre di Dio
Il tradizionale splendore dell’oro, segno di bellezza eterna, che faceva da sfondo alla precedenti rappresentazioni della dormitio Virginis cede ai contrasti di luce e ombra che palesano la corruzione anche di Maria che, proprio perché donna, è potuta diventare Madre di Dio. L’opera ritenuta oltraggiosa e blasfema (circolava voce che come modello Caravaggio avesse utilizzato il cadavere di una prostituta), rifiutata e dalla committenza e dai carmelitani a cui il dipinto era destinato, innova il modo di intendere il sacro. La morte della Vergine diventa l’immagine plastica del mistero della grazia che squarcia le tenebre e mostra la terribile e stupefacente verità dell’Incarnazione: al divino si può giungere solo attraverso l’umana fragilità.
Le trasgressioni in grado di denunciare la protervia del potere, di rivelare un frammento di verità, di cambiare lo sguardo di tutti sulle cose, a differenza di quelle originate da pulsioni selvagge, dall’avidità, dall’odio, dalla rabbia vendicativa, nascono sempre dal pensiero, cioè dall’esercizio di quelle facoltà che permettono di interrogarsi sul senso delle regole, di coglierne le contraddizioni, le menzogne e di operare per cambiarle. È dalla postura critica che sgorgano quelle disubbidienze che salvano da una cecità che getta buio nella nostra coscienza e nasconde una parte di realtà.