soldi
N.06 Dicembre 2019
Dove portano le strade dei soldi
I soldi come invenzione di scambio.
Pezzi di metallo che corrispondono a un valore.
Uno spazio rotondo
dove mettere la faccia di chi conta,
per annunciare chiaramente chi
quel valore lo rappresenta.
I soldi per sopravvivere e quelli per esagerare.
Il minimo in busta paga di chi si perde in equazioni matematiche per capire se può mangiare una pizza a fine mese e l’arroganza di chi vuole sempre di più, smettendo ad ogni moneta di desiderare davvero qualcosa.
I soldi che non fanno la felicità ma che quando non ci sono davvero diventano una tragedia. Perché le tasche vuote tolgono prima la dignità e poi la speranza. Nessun futuro.
A noi che i soldi non mancano piace chiamarli “migranti economici”, con un’etichetta di capriccio.
Come se quelle traversate
fossero un vezzo.
Una vacanza a cui si può rinunciare.
I soldi che se sono pochi diventa tutto insormontabile, impossibile. Che l’amore fa le famiglie,
ma ci sono condizioni precarie
che rendono davvero difficile provare ad immaginare,
far quadrare.
I soldi per un’operazione di appendicite che diventa impossibile da sostenere in certi Paesi se
non si ha un’assistenza sanitaria.
Se si è illegali, o se si è poveri
(che poi oggi sembra uguale).
I soldi dell’università, dei doppi lavori, dei sacrifici, delle speranze.
I soldi poi degli stipendi, che corrispondono sempre troppo spesso solo alle ore di lavoro,
per qualcuno regalate.
I soldi che non bastano
in un mondo che chiede
sempre più monete da inserire
per essere felici.
I soldi della beneficenza,
quelli che non bastano mai
ma fanno miracoli.
Il lavoro di volontariato,
che non ha filigrana o conio
ma un potere immenso.
Qui lavoro fatto è tempo donato:
non hanno busta paga,
ma è emotivamente provato
che fruttino più di quanto costino.
I soldi passati di mano in mano, come la mancia della nonna
della domenica.
Quelli che abbiamo stretto
dentro le tasche dei cappotti, passati a volte di nascosto,
contati e accumulati per raggiungere premi piccoli e grandissimi.
Quelli cheavevano il sapore dell’attesa.
I soldi virtuali.
Quelli che non si vedono,
non si toccano,
ma decidono la sorte di tutti nonostante siano mossi da pochi.
I soldi in abbondanza per una manciatadi persone, per chi ha tutto; per chi il punto non è la ricchezza, ma ilpotere.
I soldi buonie i soldi cattivi,
che non esistono.
Esistono solo i soldi,
come contenitore informe e vuoto
al quale siamo noi a dare un senso con ciò che con ess ocostruiamo. Perché non sia un’ossessione,
un metro che misuri quanto conti la nostra vita o, peggio
quello che siamo.