ridere

N.44 Novembre 2023

adolescenti

Dalla luce al buio e viceversa: storia di un sorriso rubato

Luca fissava il muro o forse era il muro a fissare lui. Quel muro ne aveva visti tanti di occhi arrabbiati, di musi duri e incattiviti. Aveva ascoltato le storie degli eventi più complessi e drammatici, accaduti all’interno di quella scuola negli ultimi anni.

La signora Bessin era entrata nella stanza. Per tutti i ragazzi lei era Patrizia, la coordinatrice della scuola, colei che interveniva per risolvere le questioni spiacevoli, colei che indagava anche oltre i semplici fatti, colei che ascoltava e invitava riflettere.

Luca sedeva rigido sulla seggiola avvolgente, le spalle chiuse e il capo inclinato verso il basso.

«Ciao, come ti senti?» chiese Patrizia.

«Normale, perché?» rispose il ragazzo.

«Non lo so, dimmelo tu…»

Patrizia si avvicinò alla scrivania, appoggiando le mani sulla superficie di legno con calma e attenzione.

«Luca, so che qualcosa ti sta tormentando», disse con una dolcezza che contrastava con la severità delle pareti circostanti.

Il ragazzo rimase in silenzio, ma i suoi occhi parlavano di una tempesta interna che lottava per trovare una voce. La signora Bessin, con il suo sguardo attento, cercò di penetrare il muro invisibile che proteggeva i suoi pensieri.

«Potresti cominciare spiegandomi come mai hai fatto così tante assenze nell’ultimo mese e perché ieri hai aggredito il tuo compagno di classe dopo averlo ripetutamente preso in giro», suggerì Patrizia con tono velatamente sarcastico.

Luca cercava di aggirare l’argomento, continuava a ripetere che non c’erano motivazioni valide per giustificare il suo comportamento, che era così e basta. Ma la signora Bessin intuiva che la verità fosse ben diversa da quelle risposte limitative e che qualcosa nel profondo lo turbava, qualcosa che gli aveva tolto il sorriso.

«Sei sempre stato così Luca?» domandò.

Luca, incerto, abbassò lo sguardo e rispose con voce appena udibile: «No, non sempre. C’è stato un tempo in cui sorridevo davvero, ma le cose sono cambiate».

«C’è stato un tempo
in cui sorridevo davvero,
ma le cose sono cambiate»

Patrizia, osservando il giovane con attenzione, comprese che c’era molto di più dietro alle sue azioni recenti. Decise di scavare più a fondo, cercando di capire la radice del cambiamento drastico nel comportamento di Luca.

«Luca, la tua storia è come un libro e so che ci sono capitoli che stai trattenendo. Posso aiutarti solo se condividi con me cosa ti ha portato a questo punto.» Disse la signora Bessin, mantenendo il tono compassionevole.

Dopo un momento di esitazione, Luca portò lo sguardo in direzione della porta, espirò profondamente e smise di trattenere le lacrime: iniziò a raccontare della sua trasformazione. Parlò delle pressioni quotidiane, della lotta per adattarsi agli standard sociali e delle umiliazioni subite da bulli senza che nessuno sembrasse notare. Lui era il bambino modello, quello che ascoltava sempre le raccomandazioni dei genitori e che andava bene a scuola. Lui era il capro espiatorio dei più prepotenti, era il motivo stesso per il quale sentirsi sbagliato.

«Parlò delle pressioni quotidiane,
della lotta per adattarsi agli standard sociali
e delle umiliazioni subite da bulli
senza che nessuno sembrasse notare»

Nemmeno la sua famiglia lo comprendeva realmente e sembrava quasi dargli contro. Il rapporto con la madre e il padre era cambiato profondamente, qualcosa si era incrinato e nel tempo definitivamente rotto. Luca avrebbe voluto essere difeso e tutelato, in quei momenti del passato nei quali era stato aggredito, ma il papà in particolare era intervenuto duramente, a suo avviso, provando ad allontanarlo da quelle situazioni, senza però schierarsi dalla sua parte. Lui aveva avvertito questo atteggiamento come una mancanza di protezione e per questo motivo aveva deciso di cambiare, di diventare come le persone che gli avevano tolto il sorriso, non permettendo più a nessuno di prevalere su di lui.

Un fraintendimento nella comunicazione tra genitore e figlio, si era trasformato in un grido di vendetta, in un opprimente fardello di solitudine attraverso il quale reclamare il proprio posto nel mondo adolescenziale. Le sue spalle si sgonfiarono leggermente mentre le parole fluivano fuori da un luogo nascosto profondamente dentro di lui e dove la luce da anni faticava a filtrare.

La signora Bessin, ascoltando il racconto di Luca, riconobbe la sofferenza accumulata nel corso del tempo: la percezione di non essere compreso, la mancanza di protezione e il desiderio di affermarsi in un mondo che sembrava ostile, avevano plasmato il ragazzo in qualcosa di diverso da chi era stato un tempo.

«Luca» – disse Patrizia con tono sincero – «posso immaginare quanto dolore tu abbia provato. La rabbia e la vendetta sono reazioni comprensibili quando ci sentiamo abbandonati. Ma diventare come chi ti ha ferito non è la soluzione. Possiamo lavorare insieme per comprendere queste emozioni, per smantellare il muro che hai costruito e per ritrovare il tuo sorriso autentico.»

Patrizia continuò a guidare la conversazione, chiedendo a Luca di esplorare i suoi sentimenti più profondi, di confrontarsi con la rabbia e la solitudine che provava. Non cercò di giudicare, ma di offrire un sostegno empatico per aiutare Luca a capire il percorso che aveva intrapreso.

«Le relazioni possono essere complicate e spesso la comunicazione è più complessa di quanto le persone possano pensare», disse la signora Bessin. «Forse, anche i tuoi genitori hanno bisogno di capire meglio cosa stai attraversando. La vendetta non risolverà nulla, ma una conversazione aperta potrebbe portare a una comprensione reciproca. Io ho parlato con loro e sono molto preoccupati per te. A volte purtroppo anche noi adulti non troviamo i mezzi giusti e abbiamo bisogno di aiuto per comprendere meglio certe situazioni».

«A volte anche noi adulti
non troviamo i mezzi giusti
e abbiamo bisogno di aiuto
per comprendere meglio»

Luca, per la prima volta, si sentiva ascoltato e compreso. La signora Bessin non solo gli stava offrendo una mano per affrontare il passato, ma gli stava anche suggerendo un possibile percorso verso la guarigione.

«La rabbia può trasformarsi, Luca. Non devi portare questo peso da solo. Insieme possiamo lavorare per trovare una strada diversa, una strada che ti permetta di essere te stesso senza dover indossare un’armatura di vendetta.»

Il ragazzo, nonostante la sua diffidenza iniziale, iniziò a intravedere la possibilità di un cambiamento positivo. La storia di Luca, partita da un viaggio nel buio dell’odio e della vendetta, cominciava ad aprirsi verso una luce piena di comprensione e di rinascita. Luca guardava Patrizia e Patrizia vedeva Luca. Il muro osservava entrambi, immobile, rigido, una presenza stabile. Aveva ascoltato attentamente, immerso nel suo silenzio eterno, in quello spazio di confronto, in quell’angolo protetto che racchiudeva le storie per quello che realmente dovrebbero rappresentare.

Strade nuove da percorrere e non giudizi da elargire. Meno sentenze e più tentativi di capire. Per non limitarsi a creare notizie, ma provare a recuperare sorrisi persi e cambiare questo mondo che va avanti per definizioni, che appunto identificano, invece che guarire.