ridere

N.44 Novembre 2023

Dalle barzellette all’insulto: la regressione di una politica che sceglie di far ridere

Dalla parabola berlusconiana al "vaffa-day" fino alle aggressioni digitali sul web: cosa resta della politica oltre l'obiettivo del gradimento

L'apertura del Parlamento Italiano - 1861, Illustrirte Zeitung (fonte: Wikipedia)

Con gli anni ’90 la politica diventa spettacolo grazie a Silvio Berlusconi. Fu il primo presidente del consiglio che in conferenza stampa o in summit internazionali si dilettasse a raccontare barzellette. Altri uomini delle istituzioni, penso a Craxi, Andreotti, Ciampi, tanto per citarne alcuni, anche se capaci di battute di straordinaria ironia e di parole che a colpi di fioretto mettevano fuori gioco l’avversario, non avevano mai raccontato barzellette.

Infatti, al di là del contenuto, solitamente, sono protagoniste nel convivio tra amici, tra gli avventori del bar, tra colleghi nel luogo di lavoro e sono sempre indice di intimità e complicità. Il barzellettiere diventa il leader della compagnia, il sempre atteso, il donatore di risate. Con lui il divertimento è assicurato e dunque anche l’evasione dal noioso quotidiano. Gino Bramieri le elevò a genere teatrale in sostituzione della commedia che richiede tempi di narrazione inidonei ai ritmi televisivi. Così il Pierino di turno, il carabiniere disattento, l’italiano medio, il latin lover sostituivano le maschere della commedia e sortivano lo stesso effetto: far ridere. Con il presidente Berlusconi la barzelletta, oltre che nei bar e in televisione, prende dimora a Palazzo Chigi.

In ogni tempo e con forme diverse si è sempre riso del potere; non era mai accaduto che fosse il potere stesso a voler far ridere. Se ogni re voleva un buffone a corte che gli impedisse di sentire il pianto dei suoi servi, mai nessun re avrebbe voluto essere egli stesso buffone.

Non era mai accaduto
che fosse il potere stesso
a voler far ridere

Il processo iniziato dal Cavaliere, nutrito dalla pubblicità, destinato a trasformare la politica in uno dei reality show a cui, peraltro, le televisioni commerciali avevano abituato, evolve in una comicità cinica di uno dei fondatori del Movimento 5 Stelle, Beppe Grillo. Nella tecnologia delle piattaforme social, costruite dall’imprenditore Casaleggio, e nelle piazze di alcune città si consuma la frattura tra cittadini e democrazia che nel berlusconismo aveva trovato il suo esordio.

La barzelletta come narrazione del nuovo assume la forma della freddura cinica o della volgarità e diventa espressione di un’antipolitica che disprezza ogni istituzione, prima fra tutte quella parlamentare considerata un’inutile zavorra. Al posto del conflitto tra idee, della dialettica dei ragionamenti si afferma una regressione all’insulto, alla diffamazione, alla aggressione verbale che viaggia in tempo reale sul web.

In uno schermo anonimo si palesano solo le pulsioni in un fiume di parole senza peso,vuota chiacchiera. Senza alcuna competenza,in nome di un egalitarismo populista, si scambia il soliloquio con una forma di partecipazione senza responsabilità.

Al posto del conflitto tra idee,
della dialettica dei ragionamenti
si afferma una regressione
all’insulto, alla diffamazione,
alla aggressione verbale
che viaggia in tempo reale sul web

La risata, frutto di una comicità che si è piegata al disprezzo, genera e incoraggia la rabbia, la tristezza, la frustrazione di chi non riesce a sopportare il peso della personale libertà. Il politico che scientemente sceglie di far ridere sia egli vestito da “papi” piuttosto che da angelo vendicatore mira a ridurre il pubblico dibattito a opinione, per altro infondata, e a inficiare il valore della politica come arte della mediazione e della risoluzione dei problemi di tutti. La politica cessa di essere un patto dove la parola conta e si trasforma in un vocio indistinto di suoni fastidiosi che allontano da qualsiasi consesso umano. L’unica misura del valore rimane, come accade per qualsiasi spettacolo, il gradimento.

Obiettivo del leader è  il consenso, poco importa se ottenuto offrendo giuggiole quando sarebbe necessario somministrare erbe amare. La risata bonaria o cinica diventa come il pasticcino dato ad un diabetico: sicuramente dà piacere, ma nel contempo minaccia la sua precaria salute.