tappe
N.52 Settembre 2024
Gen Rosso, un tour senza confini per parlare al cuore delle persone
Tappa a Rivarolo de Re per la band che porta in tutto il mondo i valori evangelici attraverso il rock: “La nostra musica parla a tutti perché nasce dall’esperienza”
Un logo simile ad un cammino intorno al mondo e dentro le persone. Un percorso rosso che incontra musiche ed esistenze e che ricomincia il giro, come il simbolo dell’infinito, raccontando l’amore per la vita. È qui il “segreto” della longevità e l’unicità del Gen Rosso, il gruppo internazionale christian rock e pop nato dall’idea di Chiara Lubich (Premio Unesco per l’Educazione alla pace e fondatrice del Movimento dei Focolari). Fu lei, nel Natale del lontano 1966, a regalare ad un gruppo di giovani musicisti una chitarra e una batteria rossa per animare il raduno al centro multiculturale di Loppiano (FI). Da allora 1500 concerti e spettacoli, più di 250 tour in 53 nazioni, oltre 85 album in lingue straniere, per un totale di 400 canzoni. «E un centinaio sono composte ma mai registrate e conservate nel nostro archivio» confida Emanuele Chirco, direttore musicale e tastierista della formazione insieme da Helanio Brito, Raymund Estrada, Adelson Oliveira, Dannis Ng, Jean Paul Wasukundi, Ygor Saunier, Jason Nyembo e Juan Francisco Villalba.
Nel corso dei decenni, la band ha rinnovato i suoi membri e ha prodotto brani celebri quali Resta qui con noi del 1984, oppure Grandi cose e Servo per amore nel 1986. «L’attività del Gen Rosso si svolge tra i concerti live o acustici, con workshop per le scuole o realtà particolari come le carceri» spiega Chirco. Un gruppo capace di coinvolgere tutte le età e trasversale dei suoi generi – dal rock al pop, dal reggae al melodico –, con lo scopo di promuovere il messaggio evangelico della pace e della fratellanza universale. Una popolarità riconosciuta grazie anche a musical di grande successo come StreetLight negli anni Novanta, oppure a Una storia che cambia o Campus.
Altra particolarità del Gen Rosso sono i momenti di incontro con la comunità che li ospita, nei quali si raccontano e si lasciano conoscere dal vivo. Proprio come avvenuto lo scorso settembre a Rivarolo del Re, in occasione del 35° anniversario del loro primo concerto nel paese cremonese, in una tappa del loro tour dell’ultimo album The Reason.
Un gruppo musicale longevo ma capace di rinnovarsi e intercettare sensibilità nuove. «Ognuno porta il suo bagaglio musicale e culturale ed è bello contribuire a questa esperienza comune» racconta Oliveira, ballerino classe ’76 e originario della Foresta Amazzonica. Da 24 anni è parte del gruppo, quando fu coinvolto come coreografo per StreetLight. «Ho visto i Gen Rosso da piccolo e per conoscere meglio i Focolari arrivai a Loppiano. Conoscevo le canzoni perché animavo le feste: mi invitarono a restare. E iniziai pure a cantare». Anche Chirco, 48 anni di Marsala, come tanti giovanissimi rimase sorpreso dalle loro novità musicali. «Quei ragazzi mi colpirono soprattutto per il modo di prendersi cura l’uno dell’altro. Da allora ho cambiato il modo di relazionarmi con la musica. Nel 2002 mi proposero poi di arrangiare un loro disco; e chi l’avrebbe detto che sarebbe stato il primo di molti altri…».
«Non ci interessano le belle parole
ma quelle vere;
cantare quello che viviamo,
anche di un mondo alle volte duro»
Un’attività artistica lunga quasi 60 anni porta quindi con sé un’eredità notevole, mentre si guarda all’evoluzione del gusto musicale. «La ricerca del gruppo si muove su due direzioni – spiega Chirco –. Da un lato le canzoni nuove accettano la sfida di stare al passo delle sonorità e stimoli sociali odierni; dall’altro manteniamo le vocalità e armonie che ci hanno reso riconoscibili attraverso le generazioni».
La pace e il rifiuto della guerra, la realizzazione di sé e l’amore per il prossimo: sono alcuni dei temi e contenuti che il gruppo trasmette con energia durante i loro partecipati show. «La responsabilità è quella di rimanere fedeli alla spinta iniziale di Lubich, diffondendo il messaggio di fraternità e amore attraverso le nostre esperienze di vita» precisa Oliveira. Le canzoni della band, infatti, nascono dalla condivisione continua e di ascolto di un’idea in grado di cogliere i diversi punti di vista di persone provenienti da ogni parte del mondo. «Il Gen Rosso parla a tutti, come uno specchio che riflette la ricchezza di prospettive e sensibilità», sostiene Chirco.
Gli aspetti creativi e produttivi di una canzone della band, in altre parole, sono inscindibili da quelli umani e personali dei musicisti; una contaminazione da ogni tempo e ogni luogo, per diventarne parte con un messaggio di speranza. «Non ci interessano le belle parole ma quelle vere; cantare quello che viviamo, anche di un mondo alle volte duro» ha detto Oliveira. E questo si percepisce nella condivisione di esperienze intense sia tra i musicisti sia con il loro pubblico.
Un progetto musicale e di vita che però fatica a trovare il suo spazio in un mondo sempre più secolarizzato e nel mercato musicale. «C’è sempre l’alone di essere etichettati come christian music e basta. Invece è una band pop che riesce ad andare in Cina o Malesia dove non si può cantare di religione o con testi espliciti. Proponiamo sia testi più spiritual e gospel, sia una raccolta di brani pop, rock che vanno in radio». A ben sentire qualche loro brano, sono più simili alle canzoni portate su un palco rispetto ad un atmosfera più “liturgica”. «In una recente intervista Nek diceva che quei “classiconi” si cantano ancora perché sono canzoni pop, non di chiesa» afferma Chirco. Questa è la “ricetta”: una musicalità e un messaggio nati da una contaminazione di esistenze e suoni, e perciò declinabile in qualsiasi contesto. E infatti in Sud America o negli Stati Uniti ci sono meno pregiudizi. «In Brasile ci sono tanti nuovi gruppi che si ispirano a noi; sono in crescita e di qualità» afferma il ballerino. Infatti, si tratta di «valorizzare talenti e messaggi a prescindere dal genere. In Europa invece si definisce ancora “musica da parrocchia”, quando da altre parti trovi i nostri cd insieme a quelli di U2 o Coldplay».
Un po’ come cantava Antonello Venditti: certi amori non finiscono; fanno dei giri immensi e poi ritornano.
Come il logo dei Gen Rosso. «L’umanità vuole amare ed essere amata – osserva Oliveira –. Molti magari non accettano o non aderiscono ai nostri brani, ma li rispettano; perché in fondo con la nostra musica parliamo di argomenti che riguardano tutti». Intorno al mondo e dentro le persone.