piaceri

N.11 Maggio 2020

FRONTIERE

Giocare non è (solo) un gioco

La vita non è un gioco, ma giocare migliora l’esistenza Ecco perché il gioco è diventato un pilastro della società moderna, che ne sta riscoprendo la dignità, il ruolo e i molti possibili impieghi

Quando pensiamo al gioco ci vengono in mente cose molto diverse tra loro, spesso contrastanti. Pensiamo alla nostra infanzia, ai giochi che facevamo da ragazzi, ai Giochi senza frontiere che tenevano incollati alla tv molti delle generazioni dell’era di Carosello e poco più avanti a quei War games che ci aprirono gli occhi sui nuovi scenari dell’era digitale.Pensiamo, però, anche a fenomeni molto più cupi, come la piaga della ludopatia, che subdolamente si insinua tra le pieghe più oscure di una società che gioca d’azzardo sulle persone, sull’ambiente, sul lavoro e su tutti gli aspetti della nostra esistenza.

La vita non è un gioco, certo, ma la posta in palio è altissima (e “l’imperativo è vincere”, Frankie HI-NRG); il gioco è nel DNA di tutti gli esseri viventi e le sue dinamiche e logiche stanno cambiando la nostra società, il modo in cui lavoriamo e tutto ciò che facciamo.Non è un caso che si usi questo termine anche per definire l’attività che, più di tutte le altre, determina oggi il destino delle nazioni, delle aziende e di ogni singola persona: giocare in borsa è un tragicomico ossimoro, ma descrive bene l’attività svolta da migliaia di operatori nelle “sale macchina” dell’economia del nostro Pianeta.

Quella del gioco sembra essere una vera e propria cifra stilistica per l’uomo contemporaneo. Per noi chi non prova a farsi valere in questa società è infatti uno che non si mette in gioco, mentre chi lo fa più del dovuto rischia di giocarsi il futuro. Che dire, poi, della assoluta prevalenza di giochi e quiz di ogni tipo sulle tv di tutto il mondo, in qualsiasi fascia d’ascolto e di fruizione? Gli stessi reality show, che ai tempi del boom del Grande Fratello sembravano destinati ad una marcia inarrestabile, hanno dovuto negli anni trasformarsi in giochi: talent show che vanno oggi ben oltre il gossip, mettendo in gioco le abilità dei concorrenti e facendo giocare anche gli spettatori da casa, con il televoto e il commento sui social media.In un contesto come questo non stupisce più di tanto che, in molti settori e ambiti, si stia spingendo forte su meccanismi di gamification che puntano a rendere più piacevole, semplice, avvincente e coinvolgente qualsiasi tipo di attività. A partire dal modo in cui sono progettati i nostri prodotti.Usare smartphone, tablet e dispositivi elettronici di ogni genere è oggi un gioco da ragazzi. Letteralmente. Quando ci stupiamo del fatto che anche i più piccoli riescano ad usare senza nessuna istruzione o aiuto esterno questi oggetti tecnologici, stiamo rovesciando una frittata in cui siamo invece noi over ad annegare nell’uovo; spalanchiamo la bocca e ci scopriamo incapaci di nuotare in quei pochissimi centimetri di liquido tiepido, dimenticando che il touchscreen è più semplice da maneggiare delle nostre arcaiche paperelle di gomma per il bagno.

Quella semplicità d’uso è gamification. Le app che contano i nostri passi e i minuti spesi a fare qualcosa con lo smartphone sono gamification, ma ancor più lo sono tutti i possibili meccanismi a punti che ci spingono a comprare da un determinato negozio o sito per accumulare premi, a fare sport per condividere con gli amici i chilometri fatti o il tragitto percorso.

Tutto ciò che faremo
sarà un gigantesco gioco
al tempo stesso
individuale e di squadra

Presto questi meccanismi arriveranno in modo massiccio anche nel mondo della scuola (in cui queste dinamiche sono oggi troppo spesso relegate alla prima infanzia), del lavoro, delle relazioni tra le persone. Il peso di vivere sarà sempre lo stesso e nessuno di noi si alzerà alle cinque del mattino felice di andare “a giocare” insieme ai colleghi di lavoro, ma tutto ciò che faremo sarà più semplice e gli impegni della nostra giornata si trasformeranno in livelli o in quadri di un gigantesco gioco, al tempo stesso individuale e di squadra.Niente di particolarmente diverso da quello che facciamo già, ma si sa: è come facciamo le cose a fare la differenza. Anche i ricchi piangono, ci piace a volte ripetere, ma piangere in una lussuosa villa con piscina a Montecarlo è molto meglio che farlo in una bettola di periferia in cui scende acqua dal soffitto quando piove (cit. Catalano di Quelli della notte, probabilmente).

Ecco, il senso della gamification è proprio questo: semplificare, fluidificare, agevolare; rendere piacevoli le attività di routine e scandire il tempo e il ritmo con piccole ricompense, spesso talmente insulse da farci sentire cretini quando ce ne vantiamo, ma fondamentali per darci la carica, per motivarci e per aiutarci a fare di più e meglio.

Giocare è forse il piacere più importante per l’uomo, come per tutti gli esseri viventi. Un’esigenza irrinunciabile, che rende molto peggiore chi non ha la possibilità di farlo o si impone di rinunciarvi: giocare è esperienza, scoperta, sfida. Qualcosa che ci fa sentire vivi e che ci aiuta a non prenderci troppo sul serio.

Attraverso i meccanismi della gamification non è escluso che, in un futuro non troppo lontano, non si possa addirittura trovare la formula per un modello più sostenibile, equo e basato sulla ricerca della felicità delle persone, invece che sul PIL e sulla ricchezza materiale.

Molti degli accumulatori di capitali che hanno reso questo Pianeta un posto molto peggiore, infatti, hanno sublimato con la ricchezza e con il potere la loro naturale esigenza di giocare e di gareggiare con gli altri su piani diversi. Spesso la loro unica soddisfazione è far crescere il loro impero economico e finanziario, ma la realtà è molto diversa dal Monopoli e i danni causati da questa ricerca ossessiva sono purtroppo tangibili e reali.

Quanto sarebbe bello, allora, se qualcuno inventasse un gioco nuovo? Un gioco in cui a vincere non è il singolo, ma la collettività e il bene comune l’obiettivo che ciascuno deve conseguire per marcare punti, guadagnando piccole preziose gemme di puro piacere: esperienze, prelibati assaggi di vita vera, non più soltanto denaro. Scariche di adrenalina da felicità che fanno bene a chi le prova e a chi partecipa al gioco, condividendo anziché pretendere, dando anziché prendere. Giocando, anziché trascinarsi in attività fatte soltanto per portare a casa la giornata, con la speranza che arrivi presto il fine settimana per concedersi un po’ di svago.