sensi

N.46 Gennaio 2024

musica

Il “sentire” di Margherita, felicità in Re Maggiore

«Se la felicità fosse una nota, sarebbe un Re maggiore». Mentre accorda il violino, Margherita Ceruti ripercorre a memoria una breve brano di Mozart, che in pochi passaggi condensa l’energia necessaria a far vibrare le corde del cuore. Ha ventidue anni, durante i quali la musica l’ha sempre accompagnata nella vita e negli studi, fino al Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano.

«Quando si suona, “sentire” non è solo questione di orecchio. È una forma di consapevolezza, tra ciò che fai e ciò che accade attorno a te». Soprattutto in un’orchestra: «Se non c’è equilibrio tra le parti, la somma dei suoni non garantisce una buona esecuzione. Funziona solo se si procede insieme. Una mia insegnante ripeteva spesso: se non riesci a sentire il tuo compagno di leggìo, significa che stai suonando troppo forte».

Con un gesto naturale appoggia il mento sullo strumento, mentre con delicatezza posiziona i polpastrelli della mano sinistra sulle corde chiare. «Mentre suono, non guardo quasi mai le mani. Alcuni musicisti rifiutano anche di seguire lo spartito con gli occhi, perché li distrae. Preferiscono imparare il brano e affidarsi alla memoria, rivolgere lo sguardo dentro di sé».

Eccolo lì, l’altro “sentire”.

«Ascoltare le proprie emozioni e il modo in cui la musica le fa risuonare è forse ancora più importante che affidarsi all’orecchio”. Margherita traccia un parallelo con la poesia, dove la bellezza di un componimento trascende metrica e figure retoriche. «Spesso sono le cose più semplici ad emozionarci».

Dal violino sfuggono alcune note vivaci, ora sottili ora corpose, mentre il guizzo dell’archetto fende l’aria con gesti leggeri.

«Quando diventi un musicista percepisci ogni cosa con maggiore intensità – prosegue la violinista – Lo strumento t’insegna che devi rimanere sempre in contatto con le tue emozioni. Come un attore che interpreta un personaggio sul palcoscenico. Non sempre sei disposto a liberarle, ma se questo non accade il risultato cambia».

E se fosse il contrario?

«Basti pensare a Beethoven, che a fine carriera era diventato quasi completamente sordo, ma nonostante questo riusciva a comporre». Margherita sospira. «Se capitasse a me… Non so cosa farei. Magari mi dedicherei alla danza, cercherei un altro modo per vedere la musica, per sentirla».

Mentre socchiude gli occhi, le dita liberano le prime note del brano scelto. È un concerto di Mozart, in Re Maggiore, «perché nella sua follia sicuramente si è divertito tanto».