legami

N.56 gennaio 2025

l'intervista

Loretta e il talento di prendersi cura. Di sé e degli altri

Studentessa, criminologa, modella e attivista: la giovane cremonese ha affrontato le ferite profonde trovando la propria strada accanto a minori fragili e vittime di violenza

Pensa alle coincidenze del caso, alle traiettorie imprevedibili di esistenze che si definivano perdute e invece si sono ritrovate.

Pensa alla bellezza di certi miracoli, sconcertanti nella loro semplicità.

Individua, in questo intreccio, il momento preciso in cui il talento incrocia l’opportunità. Immagina di poter distinguere l’istante in cui il talento scopre, nel geroglifico delle cicatrici che gli eventi lasciano sotto la pelle, il nome del sogno che lo nutre.

Tutto questo è la descrizione di un attimo, precisamente di quello in cui Loretta Maffezzoni Awoh Igomite apre, per la prima volta, il libro di Diritto penale minorile.

La scelta iniziale, dopo la conclusione delle superiori, è Psicologia. Ma un test di ingresso non superato pone la ragazza davanti ad un bivio. Decide, pur non essendo pienamente convinta, di iscriversi alla Facoltà di Giurisprudenza. Studiosa, brillante, diligente, Loretta si accorge, giorno dopo giorno, esame dopo esame, che quella traiettoria imprevedibile, avviatasi con il fallimento nella prova di ingresso di Psicologia, la sta conducendo, misteriosamente, al posto giusto per lei.

“Ma dov’è? Quando arriva?” sono le domande che, sempre più spesso affiorano quando, passeggiando, intravede il proprio viso riflesso nella vetrina di un negozio. La risposta giunge, come scintilla che fa divampare il fuoco, mentre Loretta sta preparando gli esami di Psicologia giuridica e Diritto penale minorile. «Ecco cosa voglio fare, ecco a cosa voglio dedicare la mia vita», confiderà qualche tempo dopo con entusiasmo alla propria analista. «Desidero lavorare con i minori e le vittime dei reati». «Benissimo – risponde la dottoressa – ma prima finisci di sistemare te stessa, altrimenti rischi di fare dei danni». «Severa, ma giusta», ammette Loretta oggi, con consapevolezza, seduta al tavolo di un caffé.

Grazie ad un coraggio non comune, si affaccia alle profondità del proprio cuore, scrutando sempre più giù, alla ricerca dell’origine di quella spiccata sensibilità nei confronti dei più fragili. Lo sguardo deve allungarsi fino ad arrivare all’infanzia, fino ad incrociare gli occhi di suo padre, «quello biologico». Il ricordo è lontanissimo, perché a otto mesi la piccola, a causa dei continui e sempre più violenti litigi tra i genitori che porteranno al suicidio della madre, viene allontanata dalla propria famiglia e data in affido. Ma il corpo ricorda, ricorda bene, ricorda tutto nonostante, in quei tragici momenti, «per poter sopravvivere» negasse quello che vedeva.

L’esperienza fortemente traumatica ha creato attorno a Loretta una corazza con cui ha convissuto inconsapevolmente per anni, per tutto il tempo in cui è cresciuta, accudita e amata, nella famiglia che da affidataria si è poi trasformata in adottiva.

Ma dall’inconscio arrivavano, prepotentemente, dei segnali. Come il difficile rapporto con il sesso maschile o gli attacchi di panico che la colgono nei momenti di forte stress. Davanti alle versioni di latino e greco al Liceo Classico, durante l’esame di scuola guida, Loretta compie tutti gli errori possibili, in balia del tentativo di tenere sotto controllo la situazione. «Non esternalizzavo nulla perché avevo imparato a tenere tutto dentro: fin da piccolissima avevo appreso, per sopravvivere, a negare le emozioni». Un lungo lavoro di analisi e di autocoscienza porta la ragazza a guardarsi serenamente allo specchio riuscendo a dire: «Adesso smettila di auto sabotarti! Impara ad ascoltarti, a sentire tutte le emozioni, a viverle». Oggi la parte razionale di Loretta dialoga con quella emotiva e gli attacchi di panico rimangono quieti, vicino ai suoi piedi, come gatti anziani le cui unghie non possono più graffiare.

La violenza sulle donne è il fallimento della società umana non è solo un urlo che sale dal cuore di Loretta ma, anche, il titolo della sua tesi per il Master di secondo livello in Criminologia indirizzo psicologia giuridica e forense. La vicenda personale, in particolare la dolorosa scomparsa della mamma, incide profondamente nella scelta della ragazza, ma non è il solo motivo, si premura di sottolineare. Fondamentale si rivela l’anno di Servizio civile presso il Centro Locale di Parità del Comune di Cremona: più entra in contatto con la realtà, più si rende conto che «in Italia e nel mondo siamo davvero molto indietro sul tema della violenza contro le donne». Si rimette sui libri, con una motivazione fortissima: comprendere, per poi spiegare a coloro che ancora non lo conoscono, il complesso e micidiale sistema del “ciclo della violenza”. Un altro elemento di una tesi da 110 e lode è il tema della violenza assistita e degli effetti che provoca sui minori: «Non è vero – afferma decisa – il pregiudizio secondo cui se non subisci direttamente violenza non soffri, e io posso testimoniarlo con la mia storia: rimangono per sempre, in profondità, delle tracce».

Loretta, studiando, trova altri argomenti interessanti da approfondire come le diverse tipologie di violenza: la vittimizzazione secondaria e la narrazione che i media fanno rispetto ai casi di femminicidio. Un lavoro portato avanti con passione e professionalità, tanto da poter diventare, in un non troppo lontano futuro, un vero e proprio libro.

Una vita iniziata in una situazione di estremo disagio si trasforma da problema in opportunità, grazie alle imprevedibili traiettorie del destino e alla forza di volontà di giovani donne: lei stessa, la madre biologica, la madre adottiva. Ora Loretta afferma sicura di sapere da dove viene la propria sensibilità nei confronti delle persone in contesti di disagio; e anche la capacità di reagire alle situazioni problematiche: «Mi accorgo di stare sempre allerta, di avere un occhio allenato a capire in anticipo le circostanze per me potenzialmente pericolose e, in tal caso, come agire in maniera fredda e razionale per tirarmene fuori».

Accettarsi pienamente non vuol dire solo guardarsi dentro, conoscersi e comprendere l’origine delle proprie emozioni, ma anche alzare lo sguardo e osservarsi allo specchio. Loretta, suo malgrado, è già stata protagonista delle cronache per aver risposto, con coraggio e determinazione, a chi la insultava sui social a causa del colore della sua pelle. Non è facile rispondere, non è facile esporsi, ma la natura di guerriera e la consapevolezza che chi tace è complice, hanno portato la ragazza ad impegnarsi con sempre maggiore determinazione.

Oggi è – oltre che criminologa, modella e attivista – un’eccellente studentessa che ha da poco terminato il master di secondo livello in Criminologia con indirizzo Psicologia Giuridica Forense e, avida di conoscenze, sta frequentando con passione un altro master in Criminologia.

Dopo tanti sguardi rivolti al passato, se Loretta volge gli occhi al futuro, si vede a Milano – «felice», dopo aver scritto due libri, «uno tratto dalla mia tesi e uno che narra la mia storia», immersa in un nuovo ambiente stimolante e che le dà la concreta possibilità di aiutare le donne vittime di violenza e i minori, sia vittime che autori di reato.

Se sei riuscito ad immaginare l’istante in cui il talento scopre, “nell’intricata trama dell’umana esistenza”, il nome del sogno che lo nutre, allora avrai compreso come il fatto di averlo concepito racchiuda già la possibilità di realizzarlo. Io di dubbi non ne ho, perché ho avuto la fortuna di incrociare lo sguardo curioso, vivace e magnetico di Loretta. Loretta Maffezzoni Awoh Igomite.