sfide

N.27 Gennaio 2022

SANITÀ

Prendersi cura della ricerca è una frontiera di speranza

All'Ospedale di Cremona nell'area di ricerca clinica ed epidemiologica (Arce) del reparto di oncologia si coglie e si accoglie ogni giorno la sfida della ricerca: «Così si cura meglio»

«La sfida è non fermarsi, non uniformarsi agli standard clinici di un dato momento. Studiare, aggiornarsi e continuare a camminare. Per prendersi cura degli altri al meglio». Rodolfo Passalacqua è il direttore dell’unità operativa di Oncologia dell’Asst di Cremona, cui appartiene l’ARCE (Area di ricerca clinica ed epidemiologica), creata nel 2005 dai sanitari del reparto in accordo con la direzione strategica e il sostentamento dell’associazione MEDEA. Gli studi clinici al momento attivi sono una cinquantina. Riguardano patologie differenti (tumori gastrici, neoplasie al polmone, mammella, prostata, vescica, rene ed ovaio) e coinvolgono diverse professionalità. Il venerdì mattina medici, infermieri di ricerca, coordinatori di ricerca clinica siedono intorno ad un tavolo per fare il punto sulle attività in corso. «Alcuni degli studi vengono svolti nei migliori centri del mondo» spiega Passalacqua. «Gli standard di qualità imposti sono molto elevati: riusciamo a stare al passo. Ricerchiamo nuove terapie, senza tralasciare i bisogni bio-psico-sociali dei pazienti».

«Chi decide di aderire a questi studi
spesso si sente onorato»

La ricerca si lega all’assistenza per donare speranza. I dati clinici nascondono storie. «Il nostro – interviene la data manager Angela Gobbi – è un lavoro silenzioso, svolto dietro le quinte, che consente alla ricerca di proseguire il più possibile senza intoppi». Non è solo un’occupazione dedita ai numeri e alle carte. I faldoni custodiscono il coraggio di chi si mette in gioco tutti i giorni, pur senza troppe garanzie. «La nostra professione non è ancora riconosciuta a livello istituzionale. Non esiste un ordine, ma le nostre competenze sono sempre più richieste in ambito sanitario». Angela Gobbi, Nicoletta Nanni e Fabiana Gerevini, ognuna per la propria area di competenza, seguono passo a passo il percorso di uno studio clinico dal punto di vista burocratico (anche sottoposto ad una supervisione esterna). Lavorano in stretta sinergia con medici e infermieri e fanno in modo che tutto non si fermi. «Ogni studio viene approvato da un Comitato etico. I pazienti vengono selezionati in base a determinate caratteristiche dal medico che li segue». I loro diritti sono totalmente tutelati: «Seguire standard di qualità internazionali consente, da un lato, di garantire le prerogative dei pazienti, dall’altro di fornire e pubblicare risultati attendibili». Spendibili poi concretamente nella pratica clinica per migliorare la vita delle persone. «Fare tutto questo in un’azienda pubblica e non in un istituto di ricerca è una sfida nella sfida. Dobbiamo sgomitare e lottare affinché questa realtà non venga ridimensionata».

Una giornata nell’area di ricerca del reparto di oncologia di Asst Cremona

I tempi sono cambiati. All’entusiasmo dell’inizio hanno fatto seguito risultati, miglioramenti, scommesse riuscitissime. «Tutto questo – riprende il primario – ha preso forma da una progettualità condivisa con MEDEA, che nel 2003 ha finanziato la ristrutturazione dei locali. Con un finanziamento da parte di Fondazione Cariplo abbiamo assunto la prima data manager e siamo cresciuti. Ora la ricerca si automantiene, anzi rappresenta per i pazienti e per l’ospedale una grossa opportunità».
Un modo stimolante di prendersi cura. E di curarsi. La poltrona dedicata ai pazienti che partecipano agli studi clinici è ancora vuota. «Restiamo in attesa». L’infermiera Nicoletta Gnocchi li conosce tutti: «Ogni paziente ha la sua storia. Dedichiamo a ciascuno attenzione, non esistono pazienti di serie b».
Nella stanza c’è anche chi fa ricorso a farmaci non sperimentali «l’empatia non manca mai». I guanti sfiorano la pelle con delicatezza. Il sorriso è un filo sottile che attraversa la sofferenza, abbraccia il dolore e dona ottimismo. In ogni circostanza. «Nel trattare i pazienti che partecipano agli studi clinici dobbiamo attenerci rigorosamente ai protocolli, diveniamo punto di informazione e supporto spieghiamo la cura, eventuali effetti collaterali e come fronteggiarli».
L’alleanza si costruisce, giorno dopo giorno: «Il paziente ha un ruolo attivo». Sceglie. E non è mai solo. «L’infermiere raccoglie la sofferenza, il dolore. E la speranza. Chi decide di aderire a questi studi spesso si sente onorato per questa opportunità di cura. Il nostro compito è seguirlo in ogni passo». L’assistenza si fa in silenzio, semplicemente stando accanto.
Sul carrello posizionato vicino alla poltrona è tutto pronto. «Ogni volta consegniamo al paziente un promemoria del prossimo appuntamento con tutti i riferimenti in caso di bisogno. Per dire che noi ci siamo».
Pochi attimi dopo la poltrona viene occupata. La terapia inizia. L’obiettivo della macchina fotografica si concentra sui dettagli. Sulla delicatezza di chi cura ed il coraggio di chi lotta. «Con il sorriso, sempre» rivela un paziente. Un sorriso sincero, conquistato a fatica, sgomitando con il dolore: «Perché quello che non puoi evitare, lo devi prima di tutto accettare».