noi
N.40 aprile 2023
Noi, loro, gli altri…
Noi, loro, gli altri. Come canta Marracash. E nel valzer delle prospettive, attraversiamo ogni categoria e diventiamo a turno tutti e nessuno, a volte anche centomila. Ma questo lo diceva Pirandello.
Per fare un albero ci vuole un fiore, e per fare un noi ci vuole un io
ma anche l’altro.
Per poterci dire noi abbiamo bisogno di segnarci sul viso i colori della tribù di appartenenza, disegnare un confine che faccia sapere al mondo che questi sono la mia squadra, i miei riti, il mio credo.
L’identità in cui prendiamo forma non esisterebbe se non si specchiasse anche in tutto ciò che non è.
Siamo noi perché diversi da qualcos’altro.
Urlare ciò che non sono aiuta a sagomare ciò che voglio apparire.
Noi, loro, gli altri. Come canta Marracash.
E nel valzer delle prospettive, attraversiamo ogni categoria e diventiamo a turno tutti e nessuno, a volte anche centomila. Ma questo lo diceva Pirandello.
Vogliamo fissarci per sentirci più sicuri, ma è impossibile rimanere impermeabili nel fluire di ciò che diventiamo. E il noi si sporca con il loro, e l’altro è sempre il colore con cui impastiamo le nostre tinte primarie.
Noi siamo la cesta in cui riponiamo progetti e memorie, spezzoni di giornate memorabili e momenti di bassa marea. Noi può essere lo spazio intorno e dentro al quale realizzare talenti e desideri, il margine dove scoprirci modulando la sinfonia dell’io-tu.
La sfida di risintonizzare la condivisione per evitare che noi diventi loro.
Noi è anche il reticolo da cui uscire quando il pezzetto di mosaico che sentiamo mancare nella nostra identità in evoluzione è altrove, in un Altro che sta per diventare un nuovo, alternativo noi.
Noi, loro, gli altri.
La categorie servono per farci sentire meno fragili.
I rapporti sono quelli che ci consentono di mantenerci autentici mentre ci muoviamo tra etichette necessarie a patto che si possano spesso muovere e rincollare con disinvoltura, senza paura di fare entrare l’altro in noi, e diventare gli altri di qualcuno, nuovi loro.