cuore

N.33 Settembre 2022

INCONTRI

Marco, cardiologo in Vespa: «Un cuore sano batte per gli altri»

Marco Loffi racconta la sua esperienza lavorativa e di vita, tra ospedale, volontariato e famiglia, i valori scout, l'esperienza con Emergency in Sudan e il tifo per la Cremo

Il dottor Marco Loffi durante l'intervist

Dottor Marco Loffi, che consigli possiamo dare ai nostri lettori per mantenere un cuore sano? «La prima indicazione è quella di stare lontano dai cardiologi».
Con questa risposta a sorpresa, seguita da una sonora risata, si avvia un’intervista non convenzionale ad un medico che – effettivamente – non ti aspetti. Niente camice bianco con tesserino in evidenza, nessuno stetoscopio appeso al collo o penna che spunta dal taschino. Diciamo che il suo arrivo all’appuntamento, a cavallo di una Vespa degli anni ‘60, racconta già molto di lui.
L’informalità non esclude la professionalità e il dottor Loffi risponde che, per mantenere un cuore sano, basta seguire poche semplici indicazioni. In primo luogo adottare una corretta alimentazione, cioè «evitare le cose buone» spiega sorridendo, per poi aggiungere che qualche sgarro – «con moderazione» – è concesso. Non bisogna trascurare l’attività fisica «ad una certa intensità, non basta certo una passeggiata» e, dopo i sessant’anni, effettuare regolarmente la misurazione della pressione e l’elettrocardiogramma.
Ora rivolgiamo la stessa domanda, «come si mantiene un cuore sano?», a Marco. Dopo un attimo di incertezza ci illustra la sua personale ricetta. «Onestà e franchezza. Cercare sempre di mantenere nelle proprie relazioni, a partire da quella con il proprio partner, i famigliari, gli amici, il massimo della trasparenza».
Il momento di riflessione fa emergere, dalla memoria degli anni trascorsi negli scout, il motivetto di una canzone che spiegava come un “buon esplorator” debba prima di tutto avere “un cuor gioioso e sincero”. «Ecco – riprende Marco illuminandosi – oltre che di sincerità, c’è bisogno di entusiasmo, sono sicuro che abbia ricadute benefiche anche sulla salute del corpo!».

«C’è bisogno di entusiasmo,
sono sicuro che abbia ricadute benefiche
anche sulla salute del corpo!»

Dottor Loffi, dove si trova il cuore? «Nel torace, in un’area sacra che si chiama mediastino, è lì che si trova il motore del nostro organismo». Dalle sue parole, mentre ci racconta «dell’unico organo che batte da solo, mosso da un impulso prodotto in maniera autonoma» traspare una profonda passione per il proprio lavoro.
Ed il cuore di Marco, dove si trova? «Il mio cuore batte per Giulia» afferma con pudore ma senza esitazione. «Essendo, in moltissime culture e dalla notte dei tempi, un organo legato agli affetti e ai sentimenti, posso aggiungere che batte per lo scoutismo ed il volontariato, esperienze da cui ho ricevuto moltissimo e che mi hanno insegnato ad apprezzare le cose semplici, la bellezza della natura ma, soprattutto, i valori importanti della vita».
Dopo un attimo di riflessione, quasi per ammorbidire l’intensità delle parole appena pronunciate, aggiunge: «E naturalmente il mio cuore batte per la Cremo!».
Dall’incontro con Marco emerge non solo l’amore per la propria professione di medico cardiologo presso l’Ospedale di Cremona, ma anche il forte legame con il mondo dello scoutismo, abbandonato due anni fa, dopo una lunghissima militanza, a causa di un maggior coinvolgimento nella politica. Un impegno civile espresso fin da studente di medicina svolgendo diversi periodi di volontariato all’estero. Il più importante è stato sicuramente, una volta diventato cardiologo, nel centro cardiochirurgico di Emergency in Sudan. «Sono esperienze che porto nel cuore, molto significative, in luoghi dove c’è bisogno e davvero tanto lavoro da fare».


Ma anche nel nostro paese, replichiamo, c’è “da fare”. A questo proposito, se per un giorno Marco Loffi potesse diventare Ministro della Sanità, cosa farebbe? La risposta arriva diretta, senza esitazioni: «Smettere di pensare agli ospedali come aziende. Potersi curare dev’essere un diritto per tutti, non un privilegio di chi può permetterselo».
In un lavoro così delicato e difficile, quali sono le maggiori soddisfazioni? «Io opero di angioplastica coronarica, quando arriva il paziente infartuato in sala operatoria si sente letteralmente morire. La maggiore soddisfazione è vederlo quando esce, completamente cambiato e, pochi giorni dopo, quando può rientrare a casa e riprendere la propria vita».
In effetti pochi mestieri fanno vivere sensazioni così intense, immaginiamo sia in positivo che in negativo. «Certo – conferma Marco con espressione seria – non dobbiamo dimenticare che, nonostante tutti i progressi raggiunti dalla medicina, le malattie cardiovascolari sono ancora la prima causa di morte nel mondo occidentale. Quando devi parlare ad un famigliare per comunicargli che il suo caro non ce l’ha fatta è un momento davvero molto delicato da gestire, non sai mai quale sarà la reazione emotiva».
Mentre, al termine dell’intervista, inforca la sua Vespa, gli chiediamo se non viene tentato di ripartire per un’esperienza di volontariato all’estero. «Si, ci penso, ma non posso – afferma sereno – come dice Giulia c’è un tempo per tutto, ogni fase della vita ha le sue scelte».
E, dopo aver infilato il casco, conclude con un sorriso: «E poi tra qualche mese diventerò papà». Un altro battito… per qualcun altro.