soldi
N.06 Dicembre 2019
«Sono un medico che crede nei miracoli»
Pietro Gamba, bergamasco da trent'anni cura i campesinos a tremila metri di altitudine in Bolivia «A volte mancano le risorse ma qui ho visto la Provvidenza all'opera»
La Bolivia è un Paese splendido, che vive però da tempo una difficilissima congiuntura economico-sociale che nelle scorse settimane ha portato in piazza milioni di persone e costretto alle dimissioni il presidente Evo Morales, fuggito poi in Colombia. Morales, noto cocalero, è stato il primo presidente indio di un Paese dove la maggioranza indigena è stata a lungo oppressa. Inizialmente la sua presidenza era stata salutata in tutto il Sudamerica come qualcosa di positivo: nei primi anni la sua politica aveva impresso una decisa svolta, con una crescita economica non da poco, la riduzione della povertà. Lo aveva fatto vincendo tre elezioni consecutive e raccogliendo un enorme consenso.
Negli ultimi anni però la debolezza del ciclo economico, la fine della spinta riformista dei suoi Governi, le sue tendenze autoritarie e la sua ostinazione a rimanere al potere hanno contribuito a oscurare i suoi successi. Affamato di notorietà e soldi, ha cominciato a non essere più la guida luminosa di un tempo. Brogli elettorali, oppressione dei diritti fondamentali del popolo, limitazione della libertà di stampa ed educazione sono state solo alcune delle avvisaglie. A un certo punto – dopo le ultime elezioni vinte tra imbrogli e coercizione – il popolo si è rivoltato, supportato da esercito e polizia che si sono schierati a fianco della gente.
I soldi, dunque, hanno rovinato Morales. Intanto però nel suo Paese, con decisamente meno mezzi ma una passione e una fede immensamente ricche, un medico italiano sta portando avanti un’opera straordinaria. Stiamo parlando di Pietro Gamba, bergamasco “il medico dei campesinos”.
Primo di nove figli, a 23 anni decide di partire per la Bolivia. Incontra una realtà durissima e si convince che l’unico modo per poter essere veramente d’aiuto è diventare medico. Così torna in Italia e inizia gli studi presso il Cuamm di Padova per diventare medico missionario. Torna in Bolivia, ed è l’inizio di un’avventura che dura ancora oggi, dopo quarant’anni. Nel 1991 Pietro sposa Margarita, medico biochimico da cui avrà quattro figlie. Nel frattempo – insieme alla moglie – progetta e realizza l’Ospedale di Anzaldo, un piccolo centro a tremila metri sopra il livello del mare nel Dipartimento di Cochabamba.
Ogni anno una nuova sfida: portare l’acqua e l’elettricità (anche ad altre strutture del paese), la creazione di due sale chirurgiche e poi del Centro diagnostico. Oggi la Pietro Gamba Onlus è riconosciuta in tutto il Paese per la sua efficienza e per l’umanità che il personale ha nel trattare i pazienti. «Non è sempre tutto facile», ci spiega il dottor Gamba.
«A volte sono i fondi a mancare, altre volte non riusciamo ad aiutare tutti. Però non mi vergogno mai di chiedere soldi per aiutare quest’opera, perché non li chiedo per me. Raccolgo fondi che ci danno la possibilità di aiutare tanta gente e questo per me significa una cosa ancora più grande: la fiducia. Se uno è disposto a mettere mano al portafoglio, vuol dire che ha fiducia». Certo, racconta, non sono mancati momenti bui. «È accaduto in passato di vivere mesi in cui non sapevo come fare a continuare: una volta perché gli aiuti finanziari promessi non erano arrivati, un’altra volta perché a causa di malelingue alcuni finanziatori si tirarono indietro all’ultimo. Io però mi sono rimboccato le maniche, ho venduto l’auto, e mi sono affidato a Qualcuno più grande di noi. Credo molto nella Provvidenza, perché l’ho sperimentata. E così l’opera ha continuato a crescere».
Piccole e grandi somme raccolte tra la gente in Italia, in Svizzera e dovunque Pietro riesca ad andare per raccontare quello che accade ad Anzaldo oggi aiutano centinaia di persone.
E a volte, sorride il medico, «la Provvidenza è davvero fantasiosa». Come nella storia di Nadia, 27 anni: «Arrivò un giorno nel nostro ospedale, accompagnata dalla mamma. Zoppicava vistosamente. Le facemmo subito una radiografia, dalla quale si vide subito che soffriva di una displasia gravissima. Ma il femore in quelle condizioni era difficile da trattare, nessuna protesi convenzionale avrebbe potuto essere inserita. Serviva una protesi su misura. Ad Anzaldo, Bolivia, era una follia anche solo sognarlo. Non potevamo però lasciare intentato nulla. Chiamammo medici, esperti, traumatologi: tutti ci dicevano che non era possibile». Il dottor Gamba si mise allora a scrivere a tutti quelli con cui aveva avuto a che fare negli anni. «Inizialmente un medico che era stato volontario qui da noi riuscì a trovarne una, ma scoprimmo purtroppo che non andava bene per Nadia. Sembrava finita. Ma una mattina, dal nulla, ricevo una telefonata da una ditta di Milano. Un ex primario in pensione, che ci conosceva, li aveva contattati. “Progetteremo noi la protesi e ve la invieremo, gratis”. Non riuscivo a crederci. Ne hanno creata una su misura per lei, con il titanio (materiale pregiatissimo con costi altissimi). Per otto mesi abbiamo lottato con la burocrazia, ma è arrivata. Abbiamo operato Nadia, le abbiamo ridato la possibilità di camminare. Lei non ha mai saputo niente di tutto questo. Non l’ho mai più rivista. Ma so che sta bene e ancora una volta ho avuto la riprova che i miracoli esistono, che noi siamo poveri di soldi ma ricchi per la quantità di bene che vediamo intorno a noi. È la Provvidenza all’opera, non ci serve sapere altro».