dono

N.26 Dicembre 2021

PROSPETTIVE

Uno sviluppo a misura d’uomo con l’economia del dono

Ogni anno l'Università Cattolica propone la Settimana del dono, un'occasione per riflettere su non profit, sharing economy, cooperazione, sostenibilità, giustizia... ma anche per incontrare i protagonisti delle associazioni attive "sul campo"

Pensatori, filosofi e uomini delle più diverse religioni dicono da sempre che una vita riuscita e soddisfacente non è legata tanto o solo al successo e alla ricchezza. Già Erodoto racconta di Creso e Solone. Il primo è l’uomo più ricco del tempo e chiede al saggio Solone chi sia l’uomo più felice della terra pensando di essere lui. Ed invece Solone risponde: “Chi è molto ricco non è affatto più felice di chi vive alla giornata, se il suo destino non lo accompagna a morire serenamente ancora nella sua prosperità. Infatti molti uomini, pur essendo straricchi, non sono felici, molti invece, che vivono una vita modesta, possono dirsi davvero fortunati”.
Allo stesso modo Pascal ricorda che “la felicità è qualcosa di meraviglioso: più ne dai e più te ne rimane”. Anche noi nella nostra vita non possiamo negare che il dono ci renda più contenti, come nel rapporto sessuale il godimento è più bello quando è condiviso. Ma il dato più interessante è quello riferibile alla vita collettiva. Tra i risultati più interessanti negli studi sul benessere soggettivo del World Happiness Report, che ogni anno stila la classifica dei paesi più felici confermando sempre i paesi del Nord Europa come Danimarca, Finlandia e Svezia, emerge una evidenza empirica molto importante. Il livello di felicità è positivamente correlato all’indice di generosità collettiva. Ancora, quanto più sono diffusi comportamenti e valori di condivisione e reciprocità, non solo le relazioni sociali sono più soddisfacenti, ma anche i sistemi economici e politici risultano più coesi, orientati all’equità e alla democrazia. Infine, la gratuità è una componente essenziale di quella parte dell’economia legata al non profit e al volontariato, un pezzo della vita sociale diventato indispensabile perché fondamento della democrazia e della coesione sociale: ce ne siamo accorti tutti in questi due anni terribili di pandemia globale in cui gli “angeli” volontari ci hanno aiutato nei trasporti e nella cura dei nostri familiari e malati.
Insomma, sia a livello personale che collettivo, ci sono davvero molte indicazioni che ci portano ad affermare che il dono non sia solo una propensione individuale eticamente apprezzabile, ma che sia un driver di coesione sociale e benessere comunitario. Perché la parola “comunità”, lo sappiamo, deriva da “cum” e “munus”, ovvero dono reciproco, dono collettivo.

Il livello di felicità
è positivamente correlato
all’indice di generosità collettiva

Non è un caso che la voglia di comunità sia cresciuta negli ultimi anni. Lo vediamo dalla costituzione delle cooperative di comunità, una forma nuova di cooperazione che si fonda sulla partecipazione diretta degli abitanti del territorio, che sia un piccolo paese di montagna o un quartiere di città. Per offrire servizi altrimenti non più possibili, come il bar, il negozietto, il trasporto, la cura degli anziani, l’albergo diffuso. Ancora le comunità energetiche, organizzazione nuova per autoprodurre energia da fonti rinnovabili, nell’ottica della condivisone e del risparmio energetico. Da ultimo i nuovi progetti di “case della comunità “ e di “ospedali di comunità” (Osco) che il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) finanzia proprio per trasformare anche il nostro sistema sanitario nell’ottica della prossimità e dell’inclusione sociale.

Ma munus significa anche “obbligo”, “onere condiviso”. E qui entra in gioco anche la responsabilità che, secondo Zamagni, ha due significati etimologici: da un lato “respondeo” ovvero rispondo per rendere conto di quanto faccio, dall’altro “res pondus” cioè “mi prendo il peso”, “mi prendo cura”. Il famoso “I care” di Don Milani che esige quindi un impegno diretto, personale e collettivo.

Gli studenti hanno incontrato i volontari delle associazioni del terzo settore del territorio durante la Settimana del dono dell’Università Cattolica

Per tutti questi motivi l’Università Cattolica di Piacenza e Cremona ha attivato ormai da quattro anni la Giornata del dono nel giorno di San Francesco, il 4 ottobre, divenuta oggi la Settimana del dono, per aiutarci a pensare con contributi e riflessioni di studiosi e testimoni del nostro tempo: da Don Ciotti a Gino Strada, da don Mazzi a Enrico Ruggeri, presidente della Nazionale cantanti che organizza da anni le partite del cuore per raccogliere fondi per le persone fragili.
La riflessione culturale si distribuisce nei vari corsi universitari delle tre Facoltà durante la settimana con lezioni sull’economia del non profit o sulla sharing economy, sulla cooperazione internazionale o sull’agricoltura sostenibile, sulla comunità educante o sulla giustizia internazionale.

Ma nella settimana sono proposte anche forme di sperimentazione attiva del dono, con incontri con i rappresentanti delle associazioni del dono (Avis, Aido, Admo) e “ingaggi” personali con tante realtà sociali del territorio che ospitano alcuni studenti per provare in prima persona cosa vuol dire dare un po’ del proprio tempo per aiutare chi sta male ed essere davvero “prossimo” per qualcuno.

Perché come ci ha detto in una passata Giornata del dono Suor Antonella Sincletica, giovane laureata in Economia poi entrata nel Carmelo: «I gesti di gratuità immettono bellezza nel mondo e ci fanno sperimentare il bello della nostra umanità».

*docente facoltà di Economia e Giurisprudenza – Università Cattolica del Sacro Cuore