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N.30 Aprile 2022

RUBRICA

Come un Don Giovanni, in burla la (dura) realtà… da Mozart a 2Pac

Un insolito viaggio nei secoli, tra Amadeus e il rapper assassinato nel 1996, in cui seduzione e dramma si mescolano in un intreccio di parole e musica sublime e accessibile, Vita e Morte, fanciullezza e smarrimento, lirica e successo commerciale

Nahuel Di Pierro – Madamina il catalogo è questo – DON GIOVANNI (Youtube)

“Dramma giocoso” era il genere dell’epoca, quello dello spettacolo andato in scena a Praga presso il Teatro degli Stati generali il 29 ottobre 1787 intitolato “Don Giovanni”, capolavoro fra i capolavori di W. A. Mozart. Ma è un’opera seria “con battute” (come suggerisce la definizione comune di dramma giocoso) o è una commedia cosparsa di tragici incidenti? È rigorosamente buffa, per lo più buffa, genericamente buffa, oppure tremendamente seria? La morte del Commendatore all’inizio dell’opera, ad esempio, si mostra nel testo/musica in bilico tra farsa, incoscienza o pura dissimulazione:

LEPORELLO Chi è morto? Voi o il vecchio?
DON GIOVANNI Che domanda da bestia! Il vecchio.
LEPORELLO Bravo! Due imprese leggiadre: sforzar la figlia, ed ammazzar il padre.
DON GIOVANNI L’ha voluto: suo danno
Altrettanto becere sono le parole/note di quando Leporello cerca di spiegare a Donna Elvira, impietosamente ingannata, la sua situazione:
DON GIOVANNI (a Leporello) Via, dille un poco…
LEPORELLO (sottovoce a Don Giovanni) E cosa devo dirle?
DON GIOVANNI (ad alta voce) Sì, sì dille pur tutto. (partendo senza esser visto)
DONN’ELVIRA (a Leporello) Ebben, fa’ presto.
LEPORELLO Madama… veramente… in questo mondo conciossiacosaquandofosseché il quadro non è tondo…
DONN’ELVIRA Sciagurato! Così del mio dolor gioco ti prendi? (verso Don Giovanni che non crede partito) Ah, voi… (non vedendolo) Stelle! L’iniquo fuggì, misera me!… Dove? in qual parte…
LEPORELLO Eh! lasciate che vada. Egli non merta che di lui ci pensiate…
DONN’ELVIRA Il scellerato m’ingannò, mi tradì…
LEPORELLO Eh! consolatevi: non siete voi, non foste e non sarete né la prima né l’ultima.

O, ancora, si rileggano/riascoltino le parole/musiche improbabili al momento in cui si avvicina il destino di chi non ammetterà il benché minimo pentimento al Commendatore che gli chiede conto delle sue malefatte:

DON GIOVANNI (con indifferenza e sprezzo) Sarà qualcun di fuori che si burla di noi… Ehi! Del Commendatore non è questa la statua? Leggi un poco quella iscrizion.
LEPORELLO Scusate… non ho imparato a leggere a’ raggi della luna…
DON GIOVANNI Leggi, dico!
LEPORELLO (legge) «Dell’empio che mi trasse al passo estremo qui attendo la vendetta»… (a Don Giovanni) Udiste?… Io tremo!
DON GIOVANNI O vecchio buffonissimo! Digli che questa sera l’attendo a cena meco.

Sono scene serie, ma trattate con tocchi leggeri, nel testo come nella musica. E proprio la musica ha un ruolo fondamentale: seduce lo spettatore, pare alternarsi fra toni aspri che rimandano alla Morte e altri frivoli che riconducono alla Vita. Il Don Giovanni di Mozart è sull’Amore mondano, Amore che mescola in modo conturbante il bene (la letizia, l’allegria) con il male, cioè con il risvolto torbido e sordido di tutto ciò in nome di un egoismo che non ammette ostacoli. Proprio l’ambiguità dell’arte dei suoni (un testo tragico può avere una musica bislacca) può mettere insieme più livelli di comunicazione e arrivare prima di ogni spiegazione razionale.
Ma Mozart è l’unico che sa dissimulare fra gioco e realtà. Conosciamo bene la sua musica ed anche dopo le analisi più profonde non ci tratteniamo dal pensare che la leggerezza è proprio il tramite (a lui) naturale per veicolare intuizioni profonde.
Quel che i più vedono nella musica di Mozart (magari senza ammetterlo per il timore reverenziale verso chi sostiene che è musica “divina”) è esatto: è musica semplice, orecchiabile, di presa immediata, piace a chiunque, bambini e adulti, sgorga facile, usa i fondamentali dell’armonia, si adatta a qualsiasi momento.
Mozart voleva piacere a tutti e la musica dell’epoca aveva quel grado di comunicatività che – guarda caso – oggi è richiesto alla musica. Le affinità con la nostra epoca sono immediate. Mozart è il più venduto fra i cosiddetti classici, ha melodie che sono diventate canzoni di successo, entra nei jingle pubblicitari. Forse perché la sua musica non riesce a nascondere il nostro lato fanciullesco, come il gioco dell’attore, di colui che per immedesimarsi in un’anima deve “tornare bambino”.

Mastroianni e Vittorio Gassmann in un’intervista si raccontavano:

«Il nostro, di attori, è soprattutto un gioco. Vede del resto come si dice in altre lingue: in francese si dice: “jouer”, in inglese “play”, gioco, giocare. Questo è il teatro, che sia commedia o sia tragedia o sia cinema, sempre gioco. E c’è la condizione umana».

«Ah, questo è vero, c’è la condizione umana che è sempre tragica. È questo che lei voleva intendere?».

«Sì, è questo. Ma è sempre anche ludica».

È rigorosamente buffa,
per lo più buffa,
genericamente buffa,
oppure tremendamente seria?

Mozart sublime? Prove di cielo? Tutto consegnato dalla storia? Non proprio; ecco qualcuno che, comunicando nel gesto artistico/ludico del rap, vive all’estremo, non ha altro che il Sé come scopo, non ammette limiti, come un Don Giovanni che si mette in musica da sé.

E si perde.

Sono solo io contro il mondo
Ooh ooh
niente da perdere,
Sono solo io contro il mondo baby
Oh, ah ah
Non ho niente da perdere
Sono solo io contro il mondo
Oh-hahhh
Bloccato nel gioco
Io contro il mondo baby
Riesci a immaginare la mia profezia?
Lo stress in città, la polizia è calda per me
I progetti sono pieni di proiettili, i corpi stanno cadendo
Non c’è modo di fermarmi
Muoversi costantemente mentre guadagno milioni
Assistere a omicidi, lasciare cadaveri in edifici abbandonati
Nessuno al mondo mi ama
Sono diretto verso il pericolo, non fidarti degli estranei
Mettine uno nella camera ogni volta che provo questa rabbia
Non voglio trovare scuse, perché è così
A che serve a meno che non spariamo

(Me against the world, Tupac 1996)

Fino alla morte, vivi la vita di un boss, perché anche quando sono sballato
f**** con me e incrociati più tardi, il futuro nei miei occhi
Perché tutto ciò che voglio sono soldi e grazie
Una Benz cinque-doppia, che sfoggia anelli appariscenti
Uhh, – inseguimi come un sogno
Conosciuto per scomparire davanti ai tuoi occhi proprio come un drogato
A quanto pare, la mia cosa principale era essere pagato in modo importante
Il gioco più affilato di una lama di rasoio
Dì che i soldi portano – porta bugie
Uno – diventare geloso e – morire
Vivi la mia vita da delinquente – fino al giorno della mia morte
Vivo la mia vita da boss, perché anche sballo
Questi mi hanno fatto sballottare
Ho abbassato la parte superiore, ora è il momento di usare il filo interdentale…
Tieni la testa alta – falli – soffri

(All eyez on me, Tupac 1996)

(Tupac fu uno dei più grandi rapper statunitensi, vendette 35 milioni di dischi; accusato e condannato per violenza carnale, morì ucciso nel settembre 1996).

Mozart è nell’immaginario collettivo colui che ha attinto il sublime; ma non c’è dubbio che ogni epoca ha le sue vette artistiche ugualmente sublimi, in cui il gioco dell’arte s’intreccia con la vita e i suoi drammi.