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N.45 Dicembre 2023

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Cosa sappiamo noi della Pace

Per la Generazione Z, la pace somiglia ad un foglio bianco. Per provare a disegnarla servirebbero colori pastello: azzurro cielo, giallo sole, verde come la natura e rosa come il calore della pelle.

Sfumature ben diverse da quelle che ogni giorno infiammano social media e schermi televisivi, dove scorrono le immagini di Gaza in macerie, dell’Ucraina in ginocchio. Una scia di sangue che si espande sul planisfero e unisce i numerosi focolai di conflitto in una drammatica costellazione, dove il destino di chi combatte si mescola alle orme di chi fugge cercando salvezza, riparo.

Riflettere sulla pace (e sui modi di costruirla) sembra quasi un’utopia: You can say I’m a dreamer, canterebbe ancora oggi un giovane John Lennon, ricordando a tutti di non essere il solo.

Per Agata (15 anni), la pace «è qualcosa di felice, un modo per non essere in contrasto, per trovare un accordo». Ciò non significa condividere la stessa idea, ma «rispettare quella dell’altro». Quando capita di discutere, «l’importante è arrivare ad una soluzione attraverso il confronto».

Fare la prima mossa non è semplice: la pace è un passo laterale, in cui impariamo a metterci da parte e ad ascoltare per trovare un compromesso, anche quando di fronte si trova un muro.

«Essere in pace significa non essere indifferenti», afferma Giacomo (13 anni). «Significa favorire un’amicizia, una felicità reciproca tra due o più persone». Alla base c’è il rispetto, anche quando si litiga. A volte per ricucire gli strappi basta il tempo, altre serve uno sforzo in più, una riflessione interiore, per capire come «rompere il ghiaccio» e tornare in contatto.

D’altronde «il cielo sereno si apprezza solo dopo la tempesta», ricorda Isabella (15 anni), «ma non è necessario che ci sia la guerra per arrivare alla pace». Questa dev’essere prima di tutto uno stato interiore, «come la sensazione di aver fatto tutto il possibile». Soprattutto nelle relazioni, dove bastano piccoli gesti per ritrovare la serenità.

Chiara (13 anni) ritrova questa dimensione nelle Canzoni di Ultimo. Come Regalami un sorriso, o Ti va di stare bene. Per lei, «pace significa mettersi nei panni dell’altro, per capire le sue ragioni e provare a muoversi nella sua direzione». Bisogna provarci, anche quando comunicare sembra impossibile. Tendere una mano o un abbraccio può essere un modo per farlo, per ritrovare calore, fino a sciogliere la matassa del conflitto.

Per Francesca (25 anni), capo Scout, la pace non è qualcosa da fare, ma un modo di stare (bene), in sintonia con ciò che ci circonda. Se fosse una costruzione da campo, «sarebbe qualcosa di solido, composto da materiali robusti, assemblati con cura». Anche in questo caso servirebbe un progetto concreto, a partire dalle intenzioni: «Non facciamoci scrupoli a dare una carezza o una pacca sulla spalla. Così si fa la pace».