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N.02 Giugno 2019
E se ci mettiamo a parlare con le cose?
L'intelligenza artificiale entra nelle nostre case e cambierà le nostre vite Sapremo governare macchine dotate dei cinque sensi o ne perderemo il controllo?
«Hey Giulia portami in ufficio passando prima da casa mamma”.
“Navigazione impostata, traffico regolare. Saremo a… casa mamma tra 9 minuti circa, poi ce ne vorranno altri 7 per arrivare in ufficio, se nel frattempo non aumenterà il traffico”.
“Giulia manda un messaggio al mio socio: sarò in ufficio tra mezz’ora, disdici l’appuntamento di oggi pomeriggio con il fornitore XYX, che poi lo chiamo io per rimandare. Invia messaggio con WhatsApp”.
“Messaggio inviato”.
“Giulia manda a telefono mamma la mia posizione in tempo reale su Google Maps”
Giulia non è una segretaria o un autista, ma una qualsiasi automobile connessa e a guida autonoma, e chi le impartisce i comandi vocali non è un magnate dell’industria, ma un qualsiasi piccolo imprenditore di un futuro vicinissimo.
In realtà quasi tutto questo è già il presente, a parte la guida autonoma – che stanno già sperimentando in tutto il mondo e che arriverà nel giro di pochi anni – ed è alla portata di tutti, anche se molti non ne hanno ancora la consapevolezza.
Del resto stiamo ancora facendo fatica ad abituarci al web e ai suoi strumenti. La cosiddetta rivoluzione digitale è entrata nelle nostre vite con una velocità e una pervasività che prima d’ora erano stati appannaggio soltanto di pochissime altre innovazioni moderne: l’elettricità, il telefono, la radio, la TV; nell’arco di pochi decenni – ma ci sarebbe voluto ancora meno senza le due grandi guerre – tutte queste tecnologie sono uscite dai laboratori dei loro creatori e hanno riempito le vite delle persone, cambiandole radicalmente e in modo irreversibile.
Prima di questi cambiamenti la gente era meno istruita e informata, più isolata, si confrontava con un numero sensibilmente più basso di persone e i gradi di separazione tra un contadino del Molise e il Presidente degli Stati Uniti d’America erano probabilmente ben più dei sei teorizzati nel 1929 dallo scrittore ungherese Frigyes Karinthy e poi sperimentati in modo empirico, nel 1967, dallo psicologo americano Stanley Milgram.
I frutti di queste rivoluzioni sono ancora ben lontani dalla maturazione, tuttavia. In poco più di dieci anni l’accesso al web anche in mobilità ha sconvolto ulteriormente quello che era già un panorama ricchissimo, all’alba del XXI secolo, abilitando numerose nuove tecnologie che oggi stanno portando internet, oltre che negli ormai diffusissimi smartphone e tablet, anche in molti altri oggetti di uso comune, fino ad oggi del tutto inanimati.
Siamo alle soglie dell’era di Internet degli Oggetti (in inglese Internet of Things – IoT), che precede non di molto quella di Internet of Everything, ovvero l’epoca in cui pressoché tutto sarà connesso in rete e dotato di intelligenza artificiale. Sembra soltanto fantascienza, ma è quello che sta già accadendo, come dimostra la larga diffusione, oltre che dei telefoni e dispositivi intelligenti, anche di smartwatch, tecnologie indossabili, altoparlanti intelligenti, termostati, sensori e domotica di ultima generazione; ma anche di automobili e altri mezzi di spostamento connessi, di TV intelligenti e molto altro ancora.
IoT è già in mezzo a noi, ma questa rivoluzione è spesso invisibile e fatichiamo ancora a rendercene conto. Il motivo è banale: con i nuovi oggetti connessi possiamo parlare in linguaggio naturale, che essi capiscono e sanno interpretare. È tutto semplicissimo e se abbiamo dei dubbi possiamo addirittura chiedere loro di spiegarci cosa possono fare e come. Ad alcuni di essi possiamo chiedere di accendere o spegnere le luci, di farci ascoltare una canzone o un’intera playlist, di scaldare la casa intera o soltanto una stanza, di ricordarci qualcosa o di comprare su internet quello che ci serve. Tutto facile, tutto entro i limiti di quello che ormai ci aspettiamo, ma siamo solamente all’inizio.
Gli oggetti connessi stanno per diventare parte integrante delle nostre famiglie, dotati di sensori in grado di emulare le capacità dei nostri occhi e orecchi e presto di tutti i nostri sensi, se non addirittura oltre. Non ne abbiamo ancora consapevolezza, ma siamo già – e non da oggi – uomini aumentati. Possiamo parlare e interagire a distanza, vedere lontano, spostarci a velocità ben più alte di quelle che le nostre gambe ci consentirebbero, ascoltare musica senza che nessuno la suoni, parlare ed essere ascoltati, anche senza un’altra persona in carne e ossa davanti a noi o dietro alla cornetta del telefono.
IoT è un mondo di oggetti che interagiscono tra loro e con noi e che presto saranno parte delle nostre vite molto più di quanto non lo siano oggi i nostri conviventi e i nostri animali domestici, con tutti i rischi che questo comporta. A breve parlare con i muri non sarà più sinonimo di profonda solitudine e nessuno ci prenderà per pazzi quando dialogheremo con i nostri oggetti. Ma essi saranno altro da noi o solo una nostra estensione? Saremo uomini che sussurrano alle macchine o esse saranno in qualche modo parte di noi?
La strada che abbiamo imboccato con l’intelligenza artificiale sembra destinata a presentarci nei prossimi anni un bivio epocale: lasciare che le macchine continuino ad aumentare la loro intelligenza e le loro capacità fino a correre il rischio di perderne il controllo, oppure ibridarci con loro per tenere il passo, rischiando di diventare noi stessi macchine?
Ovviamente prima di questo scenario apocalittico – secondo alcuni estremamente remoto, se non addirittura improbabile – ci attendono molte altre sfide e opportunità da esplorare.
Se ci concentriamo su quello che c’è già, o che arriverà in tempi brevi, davanti ai nostri occhi vediamo una vita più comoda: case e città intelligenti, automobili a guida autonoma che ci portano dove ci serve e poi vanno a parcheggiare da sole, interi quartieri che gestiscono il traffico in autonomia, coordinandosi tra loro, agricoltura di precisione per colture automatizzate e sostenibili, medicina predittiva.
Vediamo soluzioni a problemi sino ad ora irrisolvibili e migliaia di progressi che si susseguono ad una rapidità sconvolgente, che ci porteranno in pochi decenni in un futuro fantascientifico ma non necessariamente angosciante, come alcuni hanno preconizzato o dipinto in romanzi e film.
Affinché tutto questo sia davvero un sogno che si realizza, anziché un incubo, serve però la massima attenzione su alcuni fondamentali: conoscenza degli strumenti, consapevolezza del loro ruolo e dei loro limiti, sensibilità comune sugli obiettivi di un progresso tecnologico mai come oggi pervasivo, egemone e ubiquo.
Occorre maturare un sentire comune e diffuso su chi siamo noi, uomini, e chi sono gli altri, le macchine e l’intelligenza artificiale che le guida, perché senza questa profonda consapevolezza nessun progresso potrà mai essere davvero per l’umanità intera.
Pubblicato a maggio di quest’anno è un testo non tecnico e di semplice lettura, destinato alle aziende e alle persone che vogliono avvicinarsi al mondo di internet degli oggetti e della trasformazione digitale. Gli autori, Claudio Gagliardini e Franz Russo, approcciano lo scenario di questo grande cambiamento e ne analizzano i possibili sviluppi e implicazioni. Opportunità e rischi di un futuro che è già presente e che riguarda tutti, in ogni contesto e ambito della vita personale e professionale di tutti e di ciascuno. IoT è alla base delle tecnologie che stanno contribuendo all’avvento del smart city, dell’industria 4.0, della domotica avanzata (smart home) e di tutte le innovazioni che stiamo già sperimentando o addirittura utilizzando.