colori

N.19 Marzo 2021

MEDICINA

Fatti straordinari legati alla visione dei colori

Le origini del daltonismo e le sue ricadute sulla vita quotidiana: dall'abbinamento dei foulard al mare della Grecia...

Daltonismo, per come lo intendiamo nel senso comune, significa non avere l’esatta percezione dei colori. Il dottor Federico Pelliccioli, chirurgo oculista in servizio all’Ospedale Maggiore di Cremona, spiega che la parola deriva dal nome del ricercatore britannico John Dalton che per primo, nel 1794, descrisse il disturbo nell’articolo “Fatti straordinari legati alla visione dei colori”. Più propriamente si parla di discromatopsia, letteralmente disturbo del senso cromatico: «Tutti abbiamo una popolazione di coni, fotorecettori all’interno della retina. Ne esistono una per il blu, una seconda per il rosso ed una terza per il verde. I tre colori fondamentali. In alcuni individui capita che manchino le cellule che riescono a decodificarli».

Nella rielaborazione fotografica di Federico Zovadelli alla foto originale (sempre in alto a sinistra) sono applicati tre filtri che riproducono la vista secondo le diverse forme di daltonismo. In senso orario: deuteranopia, protanopia, tritanopia

Chiara, 45 anni, di professione impiegata, ha scoperto di essere daltonica all’età di cinque: “Una volta i panni si lavavano a mano. Utilizzavamo diversi catini di plastica. Mamma mi chiese di prendere quello verde ed io, sistematicamente, tornavo con quello azzurro. Di alcuni colori posso dire di averne solo una idea in testa. O una percezione di diversità per comparazione. Capisco che sono differenti perché uno è più scuro dell’altro. I problemi sono sulle tonalità. Per l’azzurro ed il verde rispetto a quelle chiare. Per il blu ed il viola rispetto a quelle scure”. Chiara ha imparato a convivere con questa alterazione della percezione cromatica: “Sono stata in Sicilia o in Grecia dove il mare è talmente bello da essere verde. Io lo vedo azzurro. La mia famiglia negli anni ottanta possedeva un negozio di cravatte e foulard. I clienti spesso mi chiedevano come abbinarli ad un vestito. La mazzetta dei colori del campionario mi facilitava perché in ordine di gradazione cromatica. Il vestiario mi ha aiutato a riconoscere i colori. Io non so esattamente come è il colore blu o il verde, però mi hanno insegnato a capirlo”. Il daltonismo si trasmette soprattutto geneticamente. I fattori ereditari, ci spiega la scienza, rappresentano una evidenza: “Il daltonismo, in mio padre, era più marcato. Da bambino, mi hanno raccontato, come dipingesse i prati di colore marrone. Per abbinare in maniera corretta i colori, lo vestiva mia madre. Per me invece è una questione di sfumature. Anche se capita anche a me, ogni tanto, di chiedere a qualcuno di controllare come sono vestita…”.

Secondo il sito internet dell’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità-IAPB Italia onlus, in base a dati aggiornati al 2018, si stima che siano affette da daltonismo circa 300 milioni di persone nel mondo (su una popolazione di 7,5 miliardi), mentre in Italia i daltonici sono 2,2-2,5 milioni. Nella maggioranza dei casi riguarda più i maschi (7-8%) che non le femmine (0,4-0,5%). La causa più frequente di questa patologia è un’alterazione ereditaria dei fotorecettori. Nell’uomo si trovano 22 coppie di cromosomi omologhi e una coppia di cromosomi diversi, detti eterosomi o cromosomi sessuali. La discromatopsia genetica è normalmente dovuta ad un allele recessivo posto sul cromosoma X. In maniera molto sintetica. I maschi posseggono un solo cromosoma X, mentre le donne, invece, ne hanno due. Se esse ereditano un cromosoma X normale oltre a quello mutato, non mostreranno la mutazione, mentre gli uomini, sostanzialmente, non possono ricorrere a cromosomi X “di scorta” che contrastino il cromosoma X mutato.
«La maggior parte delle persone – continua Pelliccioli – soffre di una discromatopsia sull’asse rosso-verde. Una minor percentuale su quello blu-giallo. Poi esistono casi di acromatopsia totale, ovvero incapacità di vedere tutti i colori. Non vi sono, in generale, possibilità di correzione».
Per conseguire la patente di guida normalmente si ricorre al test di Ishihara. Vengono mostrate tavole sulle quali sono disegnati cerchietti di colore diverso, tutti con la medesima luminosità. Chi si sottopone a questa prova, deve dimostrare di riconoscere i numeri. Facilmente leggibili per chi ha un normale senso cromatico. Difficili, oppure impossibili, per chi non vede perfettamente i colori. Se non si passa il test si prosegue a quello delle matassine di lana colorate: bisogna percepire con esattezza le sfumature, assegnando il nome giusto alle tinte.