forma
N.14 Ottobre 2020
Il disegno che abbiamo
scritto dentro
Dare una forma,
disegnare il confine entro cui essere, contenersi per diventare altro.
L’informazione
che arriva al nostro cervello
e lo plasma,
sollecitando idee,
dubbi e confronti.
Il dato dal quale partire
per costruirsi un’opinione,
un cervello e un cuore.
Lo stampo di cui abbiamo bisogno
per diventare esseri umani
e non solo persone.
L’esempio da seguire
che ci tenga in strada, in linea, in gioco.
Un no detto quando serve,
una mano che accarezza,
un silenzio che dopo l’esplosione
ci aiuti a ricompattarci.
A tornare in forma.
Allungare, appiattire, accorciare, pompare.
Quante volte ci deformiamo
nella nostra vita.
Per piacere di più,
per diventare invisibili,
per entrare nella confezione
che il mondo ci richiede,
senza domandarci
se sia l’involucro giusto per noi,
quello che ci conserva
senza alterare
le nostre proprietà essenziali.
Contenitori di famiglie,
lavoro, scuola e amici
che dovrebbero preservarci,
come botti in cui invecchiare e migliorare, e che a volte invece
diventano anche lo spazio
in cui cambiamo forma
senza migliorarla.
Capita che ci facciamo
ciò che sembra meno rischioso;
tutto pur di non squarciare uno stampo che non ci contiene più.
Come i bambini
che vogliono mettere
il triangolo di legno
nel buco rotondo,
e non ci accorgiamo
che ad essere sbagliata
non è nessuna delle forme,
soltanto gli incastri.
A volte
per trovare la nostra forma autentica dobbiamo prima perdere il guscio, romperlo con fatica.
Il cambiamento come passaggio
verso l’anima
che ci spaventa conoscere.
Il divenire
che è sempre più affascinante
e tremendamente più spaventoso dell’essere immobile, statico, eterno.
L’energia che muove percorsi e rapporti, come terremoti
che ciclicamente scuotono
le fondamenta delle nostre esistenze facendo prove empiriche di tenuta.
E se qualche parete crolla,
vuol dire che è tempo di ricostruire,
di rifare nuovo, di modificare.
Il flusso che sconquassa
i punti fermi del nostro orizzonte
per dargli solo un nuovo ordine,
da seguire con l’istinto
e non da evitare,
per arrivare più vicino
a quello che dobbiamo diventare:
una forma nuova.
Piallare, annullare, spegnere, abbassare.
Eliminare peculiarità
e voci fuori campo
per un’intonazione che non canta davvero.
Uniformare per non distinguere più
i tratti dei singoli soggetti;
linee curve e spigoli unici
che fondono perdendo originalità,
secondo il paradigma
di non essere mai pecora nera
in un mondo ovattato.
Conforme al richiesto,
all’aspettato, al previsto;
difforme dall’originale,
e quindi dall’arricchimento,
dal contrasto, dal miglioramento.
N.B: da tenere a mente
che angoli smussati
e colori meno saturi
servono anche per incontrarsi
a metà strada,
per trovare la grana comune
in mezzo a ciò che ci separa dall’altro.
Una lima quindi
va sempre tenuta in tasca.
Essere in equilibrio,
dare ciò che sappiamo e possiamo.
Massimizzare la resa dallo sforzo.
Possiamo essere un plus
in questo mondo
quando l’ambiente in cui viviamo
risponde a ciò che siamo.
Quando la forma
traduce il suo contenuto.
Siamo performanti
per noi stessi e per gli altri
quando non abbiamo paura
di cambiare e ricostruire.
Di informarci, deformarci e trasformarci.
Quando lasciamo
che la forma segua la sostanza,
per realizzare il disegno
che abbiamo scritto dentro.