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N.25 Novembre 2021

HABITAT

Quando sulle sponde del Po pascolavano i mammut

Un viaggio nel tempo sorprendente e istruttivo tra i fossili del Museo Paleoantropologico del Po A San Daniele Po è possibile incontrare Pàus l'uomo di Neandertal che abitava la Bassa e sfidava con la forza dell'ingegno rinoceronti lanosi e tigri dai denti a sciabola

Nato nel 1998 grazie alla passione e alla dedizione del GNP – Gruppo Naturalistico Paleontofilo e alla disponibilità del Comune di San Daniele Po, il Museo Paleoantropologico del Po è senza dubbio una delle gemme più preziose e rare del panorama museale cremonese.
Realizzato nei bellissimi locali delle ex scuole medie, nel 2001 il museo è diventato comunale e nel 2007 ha ottenuto il riconoscimento regionale.
Nelle sue quattro sezioni tematiche, cui si aggiunge un laboratorio didattico per l’attività con le scuole, vive il racconto di una vasta area del Po cremonese, dei cambiamenti climatici che si sono susseguiti nel corso di centinaia di migliaia di anni e dell’evoluzione di uomini e animali che l’hanno abitata.
Ad accompagnarci nella visita sono il direttore e curatore del museo, Simone Ravara e Andrea Carubelli, presidente del GNP, il cui entusiasmo rende il percorso museale una grande esperienza di scoperta fatta attraverso il racconto e l’esperienza visiva. Un racconto che si costruisce, sala dopo sala, attraverso importanti e ben conservati fossili dell’era quaternaria, che sono stati restituiti dal Po, dalle sue piene e dai suoi mutamenti nel corso di decenni.
Reperti che sono frutto di ritrovamenti casuali fatti da appassionati del GNP ma anche da abitanti dell’area o da persone di passaggio, che hanno vissuto in prima persona la sorpresa di imbattersi in resti di mammut, cervi megaceri, bisonti delle steppe, alci e di altre specie dell’era glaciale. Una sorpresa spesso inconsapevole, perché è soltanto grazie al lavoro degli esperti del museo che questi resti trovano oggi la loro esatta collocazione e la vera appartenenza a specie per lo più estinte.
Curiosa è ad esempio la storia del ritrovamento di uno dei pezzi più importanti del museo: un enorme femore di elefante dalle zanne dritte rinvenuto nel 1978 sullo spiaggione di Spinadesco e inizialmente scambiato per un tronco, poi per anni rimasto in soffitta, prima di essere consegnato al museo, e folkloristicamente attribuito dalle chiacchiere di paese ad un antico gigante. Del resto quell’animale gigantesco lo era davvero: i 132 cm. del femore conservato nel museo lasciano presumere che la sua altezza non fosse inferiore ai 4 metri.
La vera “chicca” del Museo Paleoantropologico del Po è però l’osso frontale di un uomo di Neanderthal (Homo neanderthalensis), che ad oggi è la sola testimonianza della presenza di questa specie in Pianura Padana. Sebbene si tratti di un frammento di piccole dimensioni, la sua natura lo rende un ritrovamento eccezionale, perché la presenza del toro sopraorbitario, ovvero delle caratteristiche sporgenze in prossimità delle sopracciglia, consentono di attribuire senza alcun dubbio questo pezzo di cranio alla specie neandertaliana.
Questo fossile, che è stato chiamato “Pàus”, visse oltre 38mila anni fa e fu ritrovato nel 2009 nelle alluvioni del Po in prossimità di Spinadesco ed è talmente importante da aver determinato il cambiamento del nome del museo, che fino all’aggiunta di questo importante pezzo si chiamava Museo Naturalistico Paleontologico.

Da questo cambiamento in poi il museo ha dato sempre più importanza all’evoluzione della vita, quella umana in particolare, scelta che ha dato origine a una vasta collezione di calchi di ominidi, tra i quali oggi spicca la ricostruzione di un intero scheletro neandertaliano.

Visitando il museo la prima sezione in cui ci si imbatte è proprio quella legata all’evoluzione dell’uomo, che illustra i passaggi che hanno portato la nostra specie dagli antichissimi australopiteci al genere Homo. Oltre ai calchi e alle ricostruzioni questa sezione conserva un’importante raccolta di fossili umani rinvenuta nel Po, con interessanti reperti risalenti all’età del bronzo.

La seconda sezione è dedicata ai fossili della Pianura del Po: qui sono conservati resti di antichi animali che sono arrivati fino a noi grazie al processo di mineralizzazione che li ha resi resistenti al tempo e agli elementi. Un processo raro e prezioso, che avviene soltanto in determinate condizioni e che rende i ritrovamenti preziosi e fondamentali per leggere il passato dell’uomo e della biosfera.

Si arriva poi alla sala più importante del museo, che racconta la pianura dei Neanderthal e la sua alternanza di periodi caldi e freddi, che si sono succeduti nell’arco di almeno quattro distinte fasi del Quaternario: Günz, Mindel, Riss e Wurm. Nel corso dell’ultima delle quattro, che si estende in un periodo compreso tra 80.000 e 12.000 anni fa, si registrarono le condizioni più rigide, con ghiacciai che ricoprivano gran parte dell’Europa e che arrivavano fino alle nostre latitudini, determinando il ritiro del mare e l’allargamento della terra ferma, con il Po che arrivò a sfociare addirittura all’altezza dell’attuale Ancona.

SULLA FACCIATA

Il murale dedicato al lupo di Darwin

Scendendo dall’argine maestro, chi arriva da Cremona è accolto all’ingresso di San Daniele Po da un maxi murale, firmato dall’artista di fama internazionale Ericailcane, che raffigura un grande lupo. È la dedica del Museo Paleoantropologico del Po al “lupo di Darwin”. È un riferimento al primo e unico cranio fossile di lupo mai ritrovato nel fiume Po, che è esposto proprio nelle sale del Museo di San Daniele.

In quest’era di freddo estremo i coevi del neandertaliano Pàus competevano per il cibo con animali molto più grandi di quelli attuali e che oggi troviamo solo in altre zone del mondo o che si sono del tutto estinti, facili prede di un’umanità non ancora tecnologicamente avanzata ma già organizzata e in grado di cacciare in modo più efficace di molti predatori della loro epoca. Belve come il leone delle caverne, il leopardo, l’orso speleo o le iene, scomparse dai nostri territori non soltanto per questioni climatiche, ma per la competizione con gli uomini nella caccia al cibo.
L’ultima sala del museo è forse la più particolare. Qui sono conservati rari resti ossei proprio di quei predatori, talmente poco disponibili da determinare una scelta espositiva di grande impatto. Gli animali sono infatti riprodotti in silhouette, con i frammenti ossei di cui si dispone collocati sulla sagoma in modo da far comprendere meglio di cosa si tratti e con la speranza che nel tempo il puzzle possa arricchirsi di nuovi tasselli.
Oltre ai fossili e ai reperti nel museo sono esposti alcuni ottimi esempi di paleo-illustrazione. Opere d’arte e di scienza realizzate da Emiliano Troco, un pittore di Cividale del Friuli che negli anni si è specializzato nella ricostruzione della storia naturale attraverso la pittura. Opere di eccezionale valore divulgativo che il pittore ha realizzato appositamente al museo e che oggi ne sono parte integrante, arricchendo la sua narrazione.
Quello di San Daniele Po è un museo che è rivolto a tutti, ma che diventa un presidio culturale di enorme importanza soprattutto per le scuole, grazie anche al laboratorio didattico attrezzato con 20 stereomicroscopi, videoproiettore e altre strumentazioni scientifiche con le quali si possono effettuare osservazioni di fossili e di materiale biologico.
All’interno del laboratorio trova spazio anche una collezione mineralogica ed una entomologica, con i principali insetti della pianura. I programmi didattici proposti dal museo e dai suoi operatori sono rivolti alle scuole di ogni ordine e grado, con attività pratiche e sperimentazioni che impreziosiscono la visita al museo e fissano i concetti attraverso il gusto della scoperta personale, che per bambini e ragazzi rappresenta un formidabile incentivo e stimolo.