età

N.36 Dicembre 2022

VITA DIGITALE

Quanti anni ha il popolo dei social? Gen Z o boomers… basta che compri

Ci sono "social per vecchi" e piattaforme che danno spazio ai giovanissimi. Ma la carta di identità di utenti e followers cambia rapidamente sulla base dei linguaggi, degli interessi, ma soprattutto dei consumi

Sono passati 25 anni da quando il web ha assunto la dimensione sociale che oggi tutti conosciamo. Prima dell’arrivo di quella categoria di strumenti e di piattaforme che oggi chiamiamo social media, infatti, Internet era popolato esclusivamente da siti che potevano soltanto essere consultati, senza nessuna possibilità di interazione tra gli utenti.
Tra la fine degli Anni ‘90 e la prima decade del nuovo millennio sono nati forum, chat, blog, social network e piattaforme di condivisione e interazione di ogni genere, che hanno dato vita al cosiddetto Web 2.0 e che, almeno all’inizio, hanno dato l’illusione che stessero crollando molte barriere generazionali. Un’illusione alimentata soprattutto dai “pionieri” del web sociale che, forse soltanto perché all’inizio la massa critica di queste piattaforme era molto ridotta, hanno dimostrato con la loro presenza che con questi strumenti era possibile interagire e confrontarsi senza limiti di età.
Un’illusione che è durata il tempo di comprendere, o semplicemente di ricordare, che genitori, nonni, figli, zii, nipoti, parenti e amici radunati tutti nella stessa stanza, non appena saranno in numero sufficiente, tenderanno comunque a creare capannelli e gruppi in funzione dell’età, degli interessi, dell’esperienza e delle aspettative.
Nel giro di pochi anni Facebook è così diventato il social network dei “matusa”, quello dei genitori, dei nonni e degli zii, Instagram un grande albergo con tante stanze, ben separate tra loro, e TikTok il regno dei ragazzi, insieme a Snapchat, Twitch e altre piattaforme su cui gli adulti difficilmente interessa sbarcare.
Oggi i social network e, più in generale, i social media che sono usati da una massa significativa di persone si contano poco più che sulle dita delle mani. L’enorme mole di siti che, all’indomani della bolla del Web 2.0, affollava la Rete si è fortemente ridotta e anche alcuni big player del settore si sono arresi di fronte allo strapotere del regno Meta, che fa capo a Mark Zuckerberg, e a poche altre piattaforme, per lo più americane o cinesi.
In questo riassetto il fattore età ha giocato la sua parte, perché nessuna piattaforma della Rete, così come nessun altro media, può tenersi in piedi in assenza di un ritorno che, nel caso dei media online, è per lo più legato alla vendita di pubblicità. Un business, quello pubblicitario, che ancora oggi risente di categorizzazioni e segmentazioni in cui età, sesso, stato sociale, interessi e “attenzione” sono centrali e ben monetizzabili.
Ecco perché le piattaforme emergenti, TikTok su tutte, non hanno faticato a lungo a contendere grandi fette di mercato al regno di Zuckerberg, a YouTube e ai pochi altri siti che in questi anni erano riusciti a strappare ai “media tradizionali” vasti bacini di clienti e di investimenti pubblicitari.

Nessuna piattaforma può tenersi in piedi
in assenza di un ritorno
che nel caso dei media online
è per lo più legato alla pubblicità

Le trincee di questa battaglia sono proprio le fasce d’età degli utenti che maggiormente usano le piattaforme e il tempo che trascorrono su di esse, che per molte ragioni è decisamente più alto per le fasce d’età più giovani, che usano di più i social media sia come fruitori che come creatori di contenuti.
Le nuove piattaforme, infatti, assomigliano più al mondo dei talent show che a quello dei reality, nel quale ai partecipanti basta mettersi in gioco e partecipare per ottenere riscontro. Su TikTok & Co., invece, il fattore talento è fondamentale e poco importa se si tratti di talento vero o “simulato”.
Queste nuove piattaforme, infatti, mettono a disposizione degli utenti una serie di strumenti in grado di amplificare il proprio talento e di giocare quasi alla pari con chi ne è dotato davvero. Se su musical.ly, il progenitore di TikTok, imparare una coreografia poteva rappresentare il limite tra il successo e il flop, oggi chiunque può cimentarsi su questa piattaforma recitando sull’audio di uno spezzone di film, interagendo con qualcosa fatto da altri – attività che ha portato al successo, in pochi mesi, l’italiano Khaby Lame – fare battute o raccontare barzellette, intrattenere con i propri contenuti, registrati o in diretta.
Contenuti che in gran parte sono riservati ad un pubblico giovane, la cui grande attività sulle piattaforme fa gola alle aziende e alle loro agenzie pubblicitarie.
È dunque facile comprendere come il fattore età rappresenti oggi sui social media una frontiera cui non soltanto gli utenti, ma soprattutto le aziende e il business guardano con attenzione, motivo per cui il mercato del lavoro si sta negli ultimi anni aprendo verso ragazzi giovani che ben conoscono la Rete e i suoi strumenti, oltre che i trend e i protagonisti delle piattaforme sociali.
Ovviamente anche TikTok, così com’è accaduto ad altre piattaforme, potrebbe nei prossimi anni veder salire ancora l’età media dei suoi frequentatori, se nel frattempo qualche nuova piattaforma arriverà a prendersi i giovanissimi, creando un nuovo “locale di tendenza” per le generazioni più verdi, così come da sempre accade con tutto ciò che riguarda l’intrattenimento e le mode.
Per evitare questa parabola e mantenere vivo l’interesse delle fasce d’età che più interessano agli investitori pubblicitari, questa ed altre piattaforme dovranno gestire al meglio l’eterno dilemma se restare fedeli alla propria identità o mutarla in continuazione, rischiando di perdere gli ex ragazzini che con essa sono cresciuti e che in essa si riconoscono per puntare sulle nuove leve e sul loro entusiasmo. Un dilemma che in alcuni continenti e nazioni dovrà fare i conti anche con l’inverno demografico che, anno dopo anno, sta innalzando l’età media di molti Paesi.

FOCUS

Ascesa e metamorfosi di TikTok

Sono passati appena quattro anni da quando l’azienda cinese ByteDance, che nel 2017 aveva acquistato la piattaforma musical.ly con un investimento prossimo ai 750 milioni di euro, trasformò quel social media di successo a livello locale in un progetto innovativo e dirompente su scala globale: il 2 agosto del 2018 nacque infatti TikTok (conosciuto in Cina come Douyin), destinato a cambiare il panorama social in pochissimo tempo e con grande impatto.

Mentre questo accadeva e la piattaforma passava dai 200 milioni di utenti registrati su musical.ly nel 2017 al miliardo di profili TikTok del 2020, molti esperti decretavano che il target di questo social sarebbe comunque rimasto giovanissimo e che i trend che lo animano non avrebbero mai potuto interessare gli adulti.

A due anni di distanza dal traguardo del miliardo di utenti, TikTok – Douyin è la quinta piattaforma social più usata al mondo, non distante dal formidabile trio Meta (WhatsApp, Instagram, Facebook) e da WeChat, di proprietà dell’azienda cinese Tencent. Il tempo di utilizzo di TikTok è lo stesso di Facebook (19,6 ore/mese per utente*) e l’età media degli utenti non è più bassa com’era ai tempi di musical.ly, quando i maggiorenni presenti erano in netta minoranza.