cibo

N.15 Novembre 2020

TRADIZIONI

Salami e cotechini come un’opera d’arte

Alla Malintesa di Soarza l'azienda della famiglia Carletti produce i tesori della tradizione gastronomica cremonese grazie all'antica tecnica del norcino

Le mani, salde e decise, mescolano la concia appena preparata e pronta ad essere insaccata per poi diventare salame. Siamo a Soarza, nella bassa padana e piacentina, quartier generale della famiglia Carletti, cremonesi e da mezzo secolo allevatori di suini e produttori di insaccati artigianali, oggi certificati biologici.
Nel cuore di una gelida giornata autunnale, i norcini, con qualche attrezzo del mestiere e tanti segreti, insaccano salami cremonesi e cotechini. Uno via l’altro. Nell’azienda agricola “La Malintesa” il lavoro è di filiera: i suini nascono qui, vengono allevati per almeno un anno e mezzo con sfarinati e fioccati biologici, senza uso di mangimi medicati, né antibiotici. Le ricette sono strettamente segrete, se non altro nelle quantità. Ogni norcino ne è geloso custode. Nel salame cremonese trovano posto carne, grasso, sale, pepe, aglio e vino rosso. Nell’impasto sono protagoniste tutte le parti del maiale, tranne una pancetta, per rispettare l’equilibrio tra magro e grasso, rigorosamente di pancia e non di schiena. Alla carne poi vanno tolte le parti nervose ed i tendini.

Renato, che a Cremona gestisce una bottega, spaccio agricolo dell’azienda, racconta come l’impasto venga ancora fatto a mano. Non è solo questione di amalgamare gli ingredienti, ma è proprio in questa fase che inizia la trasformazione delle proteine e l’impasto, se lavorato correttamente, si lega nella maniera corretta. Si insacca in budelli naturali di suino, conservati sotto sale e messi a bagna qualche ora prima per poi essere lavati con acqua e aceto. Devono diventare elastici e soprattutto vanno sgrassati. Un “siringone” meccanico, con movimento a pedale, è poi lo strumento dedicato all’insaccatura.

I salami vengono adagiati su un lenzuolo, legati con la tipica spola cremonese e bucherellati con il forello, perché devono perdere acqua prima dell’asciugatura e della stagionatura, quest’ultima per non meno di tre mesi, non oltre l’anno.

La giornata successiva è invece dedicata al cotechino, re delle tavole cremonesi nel periodo invernale. L’impasto è semplice: un terzo di cotenna, un terzo di magro compresi i nervi perché in cottura diventano morbidi ed un terzo di grasso di gola. Più un miscuglio di spezie: pepe, macis, chiodi di garofano, cannella, noce moscata e sale. Il budello è di vitello, utilizzato al contrario.

La stagionatura non è necessaria: quando cambia colore e consistenza, il cotechino è pronto per essere immerso in una pentola bollente.