terra

N.01 Maggio 2019

TESTIMONI

Cascina caput mundi: come una cesta di vita

Case di fatica e di comunità nel pensiero di don Mazzolari sono un luogo privilegiato per osservare e comprendere il mondo in cambiamento

Dal latino tardo volgare, capsia, derivato a sua volta da capsa: recipiente.

Già nella sua etimologia, la cascina è una cesta di vita al quadrato; un contenitore di riti, mestieri e relazioni, simbolo e cuore delle nostre distese di terra e di argini.

L’aia, la stalla, le rimesse, i campi, gli spazi abitati. Parti che compongono un tutto che ha senso ed è funzionante solo quando lavora in armonia, nell’interazione di tutti i suoi elementi. Un microcosmo autonomo e perfetto.

Non c’è da stupirsi che a don Primo Mazzolari la cascina fosse tanto cara. Uomo di mondo e di campagna nasce a Santa Maria del Boschetto in un cascinale di questa frazione cremonese. Quello dei campi è lo spazio nel quale cresce e che si farà lente nell’interpretazione del mondo e della società, accompagnandolo nella cesellatura continua del suo pensiero. L’esperienza umana del lavoro, la testimonianza nel quotidiano della fatica, della buona volontà: il mondo della campagna è una delle realtà – forse la principale – che gli permette di ragionare sugli aspetti più complessi della società umana e dei suoi bisogni.

Una comunità nella comunità
che insegna a guardare
a chi abbiamo vicino, al più debole,
senza girarsi mai dall’altra parte

L’idea di parrocchia ideale che Mazzolari arriva a formulare è quella di parrocchia rurale. Il tema è vivo già nei primi scritti di don Primo; la lunga gestazione del libro pubblicato nel 1938 da Gatti Tra l’argine e il bosco dovrebbe bastare a darci l’idea di come non sia solo una semplice raccolta di riflessioni scritte qua e là e accorpate per farne un volume. Questi testi ci restituiscono il valore che la dimensione agricola ha avuto nel plasmare la sua coscienza e l’ esperienza di uomo testimone del Vangelo.

Come la cascina – ecosistema che si basa sulla collaborazione e la condivisione, sulla mutua assistenza e sull’impegno quotidiano, sulla fatica dell’opera – così la parrocchia è un organismo complesso che ha bisogno di unione e comunione di intenti, per proporsi come epicentro del mondo agricolo nel quale è immersa, punto di riferimento per chi nelle cascine vive e lavora. Ancora una volta, la realtà della campagna e della sua struttura-perno diventano la finestra da cui osservare il mondo e la società.

Don Primo è parroco di provincia: le due parrocchie che guiderà praticamente per tutta la vita sono due piccoli paesi del Mantovano, Cicognara e Bozzolo, realtà completamente rurali. È in questo ambiente che si confronta quotidianamente con i problemi della gente. Da grande comunicatore quale era, iI linguaggio agricolo con i suoi simboli è quello che usa per arrivare agli “innamorati delusi”, quegli uomini che si sentivano traditi dalla Chiesa davanti ai dolori e alle ingiustizie che subivano. Lo fa con un gesto di semplicità immediata, addobbando la chiesa con fasci di grano e grappoli d’uva.

Non è un caso che durante la visita di Papa Francesco a Bozzolo, nel giugno del 2017, una delle immagini con cui il Santo Padre ha voluto ricordare Mazzolari sia stata proprio la cascina, simbolo del prendersi cura dell’altro, di una comunità nella comunità che insegna a guardare a chi abbiamo vicino, al più debole, senza girarsi mai dall’altra parte. Perché il benessere di tutti dipende dalla più piccola parte che compone l’insieme. In quel “non dobbiamo massacrare le spalle della povera gente” del pontefice pronunciato dal pulpito bozzolese c’è tutta la denuncia che cinquant’anni prima don Primo aveva lanciato con La via Crucis del povero, guardando proprio alla realtà che aveva attorno e alla società industrializzata che appariva all’orizzonte. Denunce che gli erano costate il silenzio e la solitudine nella sua stessa casa.

Per lui, che era “parroco di mondo” e “uomo di argine”, la campagna e soprattutto la cascina – con la sua unicità umana e di valori – erano il luogo privilegiato da cui interrogare e comprendere il mondo: caput mundi di analisi ed esperienza.

Uno scrigno di valori da cui ripartire per riscoprire quali siano i legami che contano davvero, in un’epoca di interconnesioni facili e immediate ma spesso vuote.