ombre

N.34 Ottobre 2022

VERDE

Sotto le fronde dei giganti verdi

La magnolia dei giardini è uno dei monumenti di Cremona, uno degli alberi monumentali che custodiscono la storia osservando da vicino, attraversando le epoche in maestoso silenzio

La grande magnolia dei giardini "Giovanni Paolo II" di Cremona

L’immensa chioma, a forma insolitamente conica, sembra essere custode di quell’angolo dei giardini “Papa Giovanni Paolo II” dove tanti bambini, quotidianamente, all’uscita da scuola, all’ombra di quell’arbusto, fanno su e giù sugli scivoli sotto lo sguardo attento di genitori e nonni. La magnolia grandiflora dei giardini pubblici di Piazza Roma è un tesoro arboreo straordinario, protagonista assoluto di una scenografia che rende quel piccolo lembo nel cuore di Cremona uno spazio di vita unico. È stata catalogata, secondo la legge 10/2013, come “albero monumentale”.

Il suo fusto ha circonferenza di quasi 4 metri, diametro 125 cm, ed un’altezza di 15 metri. Per pianta o albero monumentale si intende un soggetto vegetale di particolare valore paesaggistico, naturalistico, monumentale, storico e culturale, in genere ufficialmente repertoriato per alcune sue particolarità. In città ne sono rimasti diversi esemplari. Come riporta il sito internet ascuoladaglialberi: «Nei giardini del centro pastorale di via Stenico c’è un bagolaro dal gran tronco con circonferenza di 6 metri e la chioma stretta e alta, a causa delle potature. Accanto c’è una robinia dal tronco quasi altrettanto massiccio. Poco più avanti, in un cortile, un ailanto col tronco molto grosso, probabilmente di almeno 5 metri di circonferenza, spunta sopra il muro di recinzione di un edificio in abbandono. Tutti hanno sicuramente superato i 100 anni di età».

Già l’età, uno dei tanti enigmi legati agli arbusti, così magnificamente rivelatori, altrettanto custodi di una storia che osservano da vicino, marcando le epoche in maestoso silenzio: «Determinare l’età di un albero – spiega l’agronomo Gabriele Panena, che è stato per un mandato presidente dell’Ordine – è sempre stato molto difficile senza effettuare prove non invasive. Quella vera ce l’hai quando lo tagli e conti gli anelli. Secondo la mia opinione, la magnolia dei giardini dovrebbe risalire ai primi anni del Novecento. L’albero cresce in funzione di dove viene piantato, perché da quel contesto dipende la propria alimentazione, quindi la disponibilità di acqua. Ma anche quanto e come possano incidere ed essere favorevoli le stagioni. Esistono alberi colossali, normalmente lenti nella crescita, altri molto veloci. La zona cremasca per esempio è ricca di sorgive, marcite. Acqua ce n’è a volontà ed è un elemento fondamentale perché veicolo di tutti gli alimenti all’interno dell’albero, oltre ad incidere su fotosintesi e raffreddamento. Quando fa molto caldo, occorre compensare la temperatura grazie alla vaso-traspirazione».

«Dovremmo imparare
ad accettarli un po’ di più,
sopportando a volte
qualche foglia nelle gronde
e un pochetto di sporco per terra»

Panena inquadra la magnolia dei giardini di Piazza Roma dal punto di vista storico: «È un albero molto bello, di grande taglia e rappresentativo per il centro della nostra città. Non è una specie tipicamente padana, è legato ad America del Sud e Stati Uniti. In Italia non è presente allo stato naturale ma è stato naturalizzato nei secoli. Tra il ‘700 e l’800 ci sono stati una serie di personaggi, anche cremonesi, che potevano permettersi di viaggiare e studiare animali e piante. Dopo Darwin, in giro per il mondo, raccoglievano semi e portavano a casa piante. A Palazzo Mina, per esempio, vi era una collezione di piante esotiche. A Cremona ricordo le sofore vicino alla stazione ferroviaria, il pioppo nero di viale Po che si è portato via l’ultima tromba d’aria».

I cambiamenti climatici stanno mettendo a dura prova la vita di quelli che sono elementi di grande importanza nel tessuto urbano: «Incide anche su specie alloctone come betulle, cedri e altre conifere che vegetano con più fatica. Le piante, durante le estati calde, manifestano segni di disidratazione. Sono abituate ad assenza di acqua in ambienti molto estremi, non a cinquanta gradi di esposizione. Bisogna trattare gli alberi nel modo migliore possibile. Poi vorrei sfatare un luogo comune che si sente spesso. Un albero alto non è pericoloso perché è alto. Il taglio può essere molto dannoso, intendo quando si vuole ridurre una pianta. Va messo l’albero giusto, al posto giusto, nel contesto giusto. Un albero grande va inquadrato in uno spazio grande. Occorre una attenta progettazione, perché non smettono mai crescere. Certo, invecchiando, i ritmi di accrescimento si ridurranno».
Il valore di questi alberi è percepibile nella vita di tutti i giorni: «Dal punto di vista estetico e paesaggistico è notevole, ma anche per tutti gli effetti in grado di produrre sugli ecosistemi: fissano la CO2, assorbono grazie alle foglie il particolato, riducono le isole di calore. Basta mettere un termometro in estate su una striscia di asfalto e su un’altra ombreggiata: vi sono anche differenze di 18 gradi. Contribuiscono a rendere l’aria leggermente migliore, garantiscono temperature più controllate, producono benefici a livello di consolidamento delle sponde dei corsi d’acqua. Dovremmo imparare ad accettarli un po’ di più, sopportando a volte qualche foglia nelle gronde e un pochetto di sporco per terra. Oggi il livello di intolleranza è incredibile».