giochi
N.30 Aprile 2022
«Un milione di giocattoli» scampati alle “web-macchine”
«Questo è un pezzo rarissimo: ricorda un dagherrotipo. Penso risalga alla fine dell’Ottocento…Vede, dentro la camera c’è una lampada ad olio, fuori c’è una lente in cui bisogna inserire una di queste tessere di vetro. Sono dipinte a mano, ognuna racconta una storia in quattro scene. Basta accendere la lampada, guardare nello spioncino, far scorrere le immagini davanti alla lente…Ed ecco una storia. L’ho trovato e me ne sono innamorato: sviluppa la fantasia, la fa correre». Alfredo da Brescia
«Questo è un pezzo rarissimo: ricorda un dagherrotipo. Penso risalga alla fine dell’Ottocento…Vede, dentro la camera c’è una lampada ad olio, fuori c’è una lente in cui bisogna inserire una di queste tessere di vetro. Sono dipinte a mano, ognuna racconta una storia in quattro scene. Basta accendere la lampada, guardare nello spioncino, far scorrere le immagini davanti alla lente…Ed ecco una storia. L’ho trovato e me ne sono innamorato: sviluppa la fantasia, la fa correre». Alfredo da Brescia
«Questo è un pezzo rarissimo: ricorda un dagherrotipo. Penso risalga alla fine dell’Ottocento…Vede, dentro la camera c’è una lampada ad olio, fuori c’è una lente in cui bisogna inserire una di queste tessere di vetro. Sono dipinte a mano, ognuna racconta una storia in quattro scene. Basta accendere la lampada, guardare nello spioncino, far scorrere le immagini davanti alla lente…Ed ecco una storia. L’ho trovato e me ne sono innamorato: sviluppa la fantasia, la fa correre». Alfredo da Brescia
«Qui dentro siamo tutti bambini, almeno per un giorno».
Dietro un banco ricoperto di giocattoli d’epoca, Pasquale abbozza un sorriso. I capelli brizzolati tradiscono l’età interiore. Con le mani sistema con cura alcuni pupazzi di celluloide, fragili come gli anni che portano sulla superficie, ripuliti con cura e restituiti allo sguardo stupito dei tanti visitatori che affollano il padiglione 3.
Domenica 3 aprile la mostra mercato “Un milione di giocattoli” ha portato alla Fiera di Cremona decine di espositori e appassionati del giocattolo d’epoca. L’edizione 2022 è dedicata al mondo della pubblicità dagli anni Quaranta agli anni Sessanta, ma tra i banchi tutto trova spazio.
Bambole in celluloide, burattini artigianali, aeroplani in latta e soldatini scolpiti nel legno affollano banchi e scatoloni. Non mancano i peluche dei primi personaggi animati, quando ancora la televisione era una magia. Alcuni hanno perso un occhio, un bottone e non nascondono qualche acciacco, eppure qualcuno li ha raccolti da cantine e solai per dar loro una seconda chance.
«Siamo conservatori dei tempi passati – afferma Raffaella – Per molti di noi, questa è l’occasione di acquistare i giochi desiderati e mai avuti, o ritrovare quelli persi nel tempo e nei traslochi. Poveri oggetti…Li salviamo perché non vadano perduti. Con passione facciamo in modo che possano rivivere, perché sono parte della nostra infanzia, della nostra vita».
Marco si liscia la barba bianca e riavvolge i pensieri: «Mio padre era un impiegato statale. Molti giochi me li costruivo da solo: all’epoca avevamo terracotta, legno latta…Poi bastava la fantasia. Con la plastica si è persa un po’ di poesia». Per non parlare dell’era digitale, che ha surclassato il piacere dei giocattoli analogici a colpi di touch screen. «Oggi è difficile interessare i bambini», prosegue Marco maneggiando una marionetta. «Finché i nipoti hanno due o tre anni si possono coinvolgere. Poi arriva la “web-macchina”…» e un sospiro termina la frase.
Gli oggetti da vendere e comprare sono scelti con cura «e con cuore», conferma Alfredo. «Si chiama “collezionismo”, ma è solo un modo per battezzare la nostalgia di chi come me ha una certa età, ma non rinuncia a fare un salto nell’infanzia».
«Questi sono automi giapponesi, sono degli anni Sessanta. C’è una scimmia, un coniglio che suona la chitarra, un maiale cuoco, un croupier…Non so come siano arrivati a noi, ma già allora l’Oriente aveva invaso il nostro mercato…Però sono pezzi molto rari. E funzionano tutti: basta mettere le pile…Ecco, vede il maiale? Mette la salsa…E hop! Fa saltare la frittata. Chissà quanto ci hanno messo a capire quale movimento fare per farla atterrare sempre nello stesso punto. Era una magia». Giorgio da Milano
«Questi sono automi giapponesi, sono degli anni Sessanta. C’è una scimmia, un coniglio che suona la chitarra, un maiale cuoco, un croupier…Non so come siano arrivati a noi, ma già allora l’Oriente aveva invaso il nostro mercato…Però sono pezzi molto rari. E funzionano tutti: basta mettere le pile…Ecco, vede il maiale? Mette la salsa…E hop! Fa saltare la frittata. Chissà quanto ci hanno messo a capire quale movimento fare per farla atterrare sempre nello stesso punto. Era una magia». Giorgio da Milano
«Questi sono automi giapponesi, sono degli anni Sessanta. C’è una scimmia, un coniglio che suona la chitarra, un maiale cuoco, un croupier…Non so come siano arrivati a noi, ma già allora l’Oriente aveva invaso il nostro mercato…Però sono pezzi molto rari. E funzionano tutti: basta mettere le pile…Ecco, vede il maiale? Mette la salsa…E hop! Fa saltare la frittata. Chissà quanto ci hanno messo a capire quale movimento fare per farla atterrare sempre nello stesso punto. Era una magia». Giorgio da Milano
«Sono Braccio di Ferro e Olivia. Chi non li conosce? Tutti da bambini abbiamo letto i loro fumetti o visto i primi cartoni animati…Questi sono pupazzi speciali: basta dare un colpetto per far oscillare la testa. Erano gadget omaggio della Sperlari, in vendita soprattutto nei periodi di festa. Bisogna immaginarli in una scatola trasparente, come una vetrina: sopra c’era il pupazzo, sotto c’era un contenitore pieno di caramelle. Pensi che li ho scambiati con alcune tartarughe ninja: la persona che me li ha dati non se ne faceva niente. Io li ho visti e li ho voluti subito: per me sono ricordi» Pasquale da Fidenza
«Sono Braccio di Ferro e Olivia. Chi non li conosce? Tutti da bambini abbiamo letto i loro fumetti o visto i primi cartoni animati…Questi sono pupazzi speciali: basta dare un colpetto per far oscillare la testa. Erano gadget omaggio della Sperlari, in vendita soprattutto nei periodi di festa. Bisogna immaginarli in una scatola trasparente, come una vetrina: sopra c’era il pupazzo, sotto c’era un contenitore pieno di caramelle. Pensi che li ho scambiati con alcune tartarughe ninja: la persona che me li ha dati non se ne faceva niente. Io li ho visti e li ho voluti subito: per me sono ricordi» Pasquale da Fidenza
«Sono Braccio di Ferro e Olivia. Chi non li conosce? Tutti da bambini abbiamo letto i loro fumetti o visto i primi cartoni animati…Questi sono pupazzi speciali: basta dare un colpetto per far oscillare la testa. Erano gadget omaggio della Sperlari, in vendita soprattutto nei periodi di festa. Bisogna immaginarli in una scatola trasparente, come una vetrina: sopra c’era il pupazzo, sotto c’era un contenitore pieno di caramelle. Pensi che li ho scambiati con alcune tartarughe ninja: la persona che me li ha dati non se ne faceva niente. Io li ho visti e li ho voluti subito: per me sono ricordi» Pasquale da Fidenza
«Questo l’ho trovato stamattina alle 8 in un mercatino, dove mi sono fermato prima di venire qui a Cremona. È un gioco degli anni sessanta, prodotto da una ditta bolognese che ora non c’è più. È una ricostruzione in miniatura di un supermercato, con tutte le scatole dei cibi che all’epoca si trovavano sullo scaffale. Pensi che stamattina una signora mi ha chiesto se poteva acquistare solo questo panettone Motta. “Quella bambina di mia moglie vorrebbe quella scatola”, mi ha detto suo marito scherzando. La signora avrà avuto più di ottant’anni, ma per lei quella scatolina conteneva un ricordo speciale» Pasquale da Fidenza
«Questo l’ho trovato stamattina alle 8 in un mercatino, dove mi sono fermato prima di venire qui a Cremona. È un gioco degli anni sessanta, prodotto da una ditta bolognese che ora non c’è più. È una ricostruzione in miniatura di un supermercato, con tutte le scatole dei cibi che all’epoca si trovavano sullo scaffale. Pensi che stamattina una signora mi ha chiesto se poteva acquistare solo questo panettone Motta. “Quella bambina di mia moglie vorrebbe quella scatola”, mi ha detto suo marito scherzando. La signora avrà avuto più di ottant’anni, ma per lei quella scatolina conteneva un ricordo speciale» Pasquale da Fidenza
«Questo l’ho trovato stamattina alle 8 in un mercatino, dove mi sono fermato prima di venire qui a Cremona. È un gioco degli anni sessanta, prodotto da una ditta bolognese che ora non c’è più. È una ricostruzione in miniatura di un supermercato, con tutte le scatole dei cibi che all’epoca si trovavano sullo scaffale. Pensi che stamattina una signora mi ha chiesto se poteva acquistare solo questo panettone Motta. “Quella bambina di mia moglie vorrebbe quella scatola”, mi ha detto suo marito scherzando. La signora avrà avuto più di ottant’anni, ma per lei quella scatolina conteneva un ricordo speciale» Pasquale da Fidenza
«È una giostra degli anni Trenta. Me l’ha regalata una signora che ho aiutato durante un trasloco. Era lì, abbandonato in soffitta…così l’ha dato a me. È raro sa? Questi giocattoli non erano per tutti, potevano permetterseli solo le famiglie benestanti. Gli aerei appesi alla giostra ricordano quelli d’inizio Novecento, ne ho molti di quel periodo…D’altronde i giocattoli servivano a istruire i bambini sul mondo degli adulti. Alle bambine erano riservate la cucina e le bambole, ai bambini “l’arte della guerra”, se così si può dire». Giuseppe da Bergamo
«È una giostra degli anni Trenta. Me l’ha regalata una signora che ho aiutato durante un trasloco. Era lì, abbandonato in soffitta…così l’ha dato a me. È raro sa? Questi giocattoli non erano per tutti, potevano permetterseli solo le famiglie benestanti. Gli aerei appesi alla giostra ricordano quelli d’inizio Novecento, ne ho molti di quel periodo…D’altronde i giocattoli servivano a istruire i bambini sul mondo degli adulti. Alle bambine erano riservate la cucina e le bambole, ai bambini “l’arte della guerra”, se così si può dire». Giuseppe da Bergamo
«È una giostra degli anni Trenta. Me l’ha regalata una signora che ho aiutato durante un trasloco. Era lì, abbandonato in soffitta…così l’ha dato a me. È raro sa? Questi giocattoli non erano per tutti, potevano permetterseli solo le famiglie benestanti. Gli aerei appesi alla giostra ricordano quelli d’inizio Novecento, ne ho molti di quel periodo…D’altronde i giocattoli servivano a istruire i bambini sul mondo degli adulti. Alle bambine erano riservate la cucina e le bambole, ai bambini “l’arte della guerra”, se così si può dire». Giuseppe da Bergamo
«Questo è un “penny toy”, degli anni Venti. Si chiama così perché si poteva acquistare cn un penny, per dire quanto era economico. È fatto di latta, ricorda un dirigibile: basta soffiare nella cannuccia per farlo fischiare e mettere in moto l’elica. È un giocattolo francese, ma l’ho acquistato durante un viaggio negli Stati Uniti: molti giocattoli venivano spediti dall’Europa all’America, soprattutto in Argentina, dove c’erano le più grandi comunità di migranti italiani. Erano doni per i bambini: quando sono tornati in Italia, molte cose sono state abbandonate là, per poi tornare più tardi per altre strade». Giuseppe da Bergamo
«Questo è un “penny toy”, degli anni Venti. Si chiama così perché si poteva acquistare cn un penny, per dire quanto era economico. È fatto di latta, ricorda un dirigibile: basta soffiare nella cannuccia per farlo fischiare e mettere in moto l’elica. È un giocattolo francese, ma l’ho acquistato durante un viaggio negli Stati Uniti: molti giocattoli venivano spediti dall’Europa all’America, soprattutto in Argentina, dove c’erano le più grandi comunità di migranti italiani. Erano doni per i bambini: quando sono tornati in Italia, molte cose sono state abbandonate là, per poi tornare più tardi per altre strade». Giuseppe da Bergamo
«Questo è un “penny toy”, degli anni Venti. Si chiama così perché si poteva acquistare cn un penny, per dire quanto era economico. È fatto di latta, ricorda un dirigibile: basta soffiare nella cannuccia per farlo fischiare e mettere in moto l’elica. È un giocattolo francese, ma l’ho acquistato durante un viaggio negli Stati Uniti: molti giocattoli venivano spediti dall’Europa all’America, soprattutto in Argentina, dove c’erano le più grandi comunità di migranti italiani. Erano doni per i bambini: quando sono tornati in Italia, molte cose sono state abbandonate là, per poi tornare più tardi per altre strade». Giuseppe da Bergamo
«Queste non sono bambole comuni. Derivano da una tradizione giapponese chiamata Hinamatsuri, nota come “festa delle bambine”: è una ricorrenza che cade nel mese di marzo, tradizionalmente dedicato ai matrimoni. In quei giorni i familiari pregano perché alle figlie sia data bellezza e salute. In questa occasione veniva ricreato un matrimonio imperiale, con bambole ornamentali che raffigurano i sovrani sposi e tutta la corte, vestita a festa con tessuti preziosi. Più che giocattoli son pezzi d’antiquariato: mio fratello era appassionato di Giappone, da quando è mancato me ne prendo cura io. Non m’interessa il mercato delle bambole in sé, ciò che m’importa è diffondere cultura». Marco da Parma
«Queste non sono bambole comuni. Derivano da una tradizione giapponese chiamata Hinamatsuri, nota come “festa delle bambine”: è una ricorrenza che cade nel mese di marzo, tradizionalmente dedicato ai matrimoni. In quei giorni i familiari pregano perché alle figlie sia data bellezza e salute. In questa occasione veniva ricreato un matrimonio imperiale, con bambole ornamentali che raffigurano i sovrani sposi e tutta la corte, vestita a festa con tessuti preziosi. Più che giocattoli son pezzi d’antiquariato: mio fratello era appassionato di Giappone, da quando è mancato me ne prendo cura io. Non m’interessa il mercato delle bambole in sé, ciò che m’importa è diffondere cultura». Marco da Parma
«Queste non sono bambole comuni. Derivano da una tradizione giapponese chiamata Hinamatsuri, nota come “festa delle bambine”: è una ricorrenza che cade nel mese di marzo, tradizionalmente dedicato ai matrimoni. In quei giorni i familiari pregano perché alle figlie sia data bellezza e salute. In questa occasione veniva ricreato un matrimonio imperiale, con bambole ornamentali che raffigurano i sovrani sposi e tutta la corte, vestita a festa con tessuti preziosi. Più che giocattoli son pezzi d’antiquariato: mio fratello era appassionato di Giappone, da quando è mancato me ne prendo cura io. Non m’interessa il mercato delle bambole in sé, ciò che m’importa è diffondere cultura». Marco da Parma
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