carta

N.31 Maggio 2022

RICORDI

Coriandoli di tempo tra le dediche sulla Smemo

Dagli scatoloni accumultai sugli scaffali riemergono dizionari "con tasche segrete", quaderni pasticciati, appunti e scarabocchi: coriandoli di tempo, rimasti incastrati tra pagine e copertine per raccontare ancora qualcosa di ciò che siamo stati, quando ancora non sapevamo chi saremmo diventati

Vi siete mai chiesti quanti anni si possano chiudere in una scatola?
Nei cartoni dei traslochi, per esempio. Quelli dimenticati in garage, riempiti con perizia al momento di spostarsi, come se nulla si potesse buttare. Poi dimenticati su uno scaffale, ma impossibili da buttare via. Possono rimanerci per anni, finché una mano maldestra li apre per sbaglio cercando tutt’altro.
Sono ancora tutti lì, i libri di scuola. Medie, superiori, università… Compatti come mattoni, tanti da poterci costruire un secondo garage. Mentre li osservi ti chiedi come hai fatto a ficcarteli tutti in testa e soprattutto quanto ne sia rimasto di quel sapere. Così non resisti e ne sfogli un paio. L’antologia, il sussidiario, con le pagine macchiate di evidenziatori variopinti. Gli appunti scribacchiati a matita scorrono lungo i margini dei fogli, intervallati da ghirigori fantasiosi. Ogni tanto s’intravede la griglia di un “forza quattro”; giocato con il compagno di banco per ingannare la noia. L’apice della creatività sta sui libri di storia, dove la metà dei ritratti di personaggi famosi sono ornati da paia di baffi degni della Gioconda di Marcel Duchamp. O di Maurizio Costanzo.
Il dizionario di latino cela invece segreti scomparti, ricchi di annotazioni e “bigini” salva-traduzione. Per le versioni di Tacito basta andare in calce alla lettera “T”, mentre il De Bello Gallico è magistralmente riassunto sotto la “C” di Cesare.

Ve la ricordate la Smemo?
A pensarci bene,
più che un diario
era una raccolta differenziata

Poi ci sono i quaderni di matematica e geometria, con stringhe di equazioni e improbabili disegni trigonometrici. L’andazzo è ben riassunto dalla frase riportata sulla copertina (mantra inossidabile per cinque anni di liceo): «Ogni problema complesso ha una soluzione semplice, che è sbagliata». Con tanti saluti alla pallida prospettiva di una carriera in medicina o ingegneria. Guardando le tavole tecniche, strisciate di nero dal mignolo mancino, forse è meglio così. Peccato, perché chimica non era poi male: sul fondo di un cartone c’è ancora la tavola degli elementi accartocciata, su cui spicca un cuoricino disegnato attorno alla sigla di un metallo che – guarda caso – corrisponde alle iniziali di quel ragazzo tanto carino quanto irraggiungibile.
Su un altro scaffale, i tomi universitari ripercorrono titolo a titolo tutti gli esami macinati negli anni. Triennale, specialistica, esame di Stato, i dorsi dei volumi se ne stanno in fila come gli ostacoli dei 3000 siepi olimpici. Tasselli di un disegno composto poco a poco, un salto alla volta.
Mentre accarezzi la tesa di un “tocco” in cartoncino nero, una scritta familiare attira lo sguardo.
Ve la ricordate la Smemo? Sono ancora tutte lì, in una scatola da scarpe. Chissà per quale legge fisica a fine anno il volume diventava il doppio di quello all’acquisto.
C’è da dire che dentro ci finiva di tutto: dediche, foto Kodak ritagliate (male), carte di caramelle ricevute, quadrifogli essiccati, biglietti del cinema… A pensarci bene, più che un diario è una raccolta differenziata, ma è inutile dire che ogni oggetto vale un ricordo. Nonostante sbiadisca se ne è rimasto lì, stropicciato ma intatto. Come i bigliettini strappati agli angoli di quaderno e riempiti di segreti da passare da banco a banco, di mano in mano.
Come coriandoli di tempo, sono rimasti incastrati tra pagine e copertine per raccontare ancora qualcosa di ciò che siamo stati, quando ancora non sapevamo chi saremmo diventati. Anche per questo ci sarà un cartone, da riaprire domani.