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N.20 Aprile 2021

EDUCAZIONE

Dove “clicca”
la generazione Z

Una digital analist e una psicologa dell'età evolutiva ci guidano alla scoperta dell'ambiente virtuale (ma non troppo) che frequentano i nostri figli

In rete si destreggiano come funamboli tra like, challenge e “duetti” sui passi degli influencers preferiti.
Nati alle soglie del nuovo millennio, i ragazzi e ragazze della Generazione Z ridisegnano a colpi di clic i confini del proprio mondo. Virtuale o reale, non fa differenza. «Il digitale è parte della loro vita, è una sorta di prolungamento dell’esperienza quotidiana, che integra senza sostituirla». Lo conferma Elena Crotti, web e digital analyst, specializzata nella ricerca sociale e marketing applicata a web e social media. «Le nuove piattafome si riconfermano come luogo privilegiato per cercare informazioni, trascorrere il tempo, intrattenersi e – soprattutto – entrare in relazione>. Tra le preferite dai giovanissimi
spiccano Twitch, TikTok, Youtube, Instagram e Discord, dove navigano alla ricerca di ciò che più li diverte o li appassiona. «Ognuno ricrea le proprie communities – spiega – “bolle” d’interesse organizzate in palinsesti personalizzati in base ai contenuti preferiti». Youtubers e influencers sono in cima alla lista e spesso sono oggetto di emulazione, così come i trend del momento. «Basti pensare a TikTok, la cui fruizione è cresciuta del 300 per cento dal 2019 ad oggi». Come fu per Instagram – ormai quasi sorpassato – l’app offre una quantità impressionante di brevi video (tra i 15 e i 60 secondi di durata) registrati dagli utenti. I contenuti possono variare, ma tra i più apprezzati troviamo le TikTok challenge, sfide virtuali da ripetere e “ripostare” per guadagnare followers e popolarità. «Diverso è Twitch – prosegue Crotti – piattaforma di livestreaming che risponde al bisogno di costruire in autonomia il proprio palinsesto di fruizione, mentre Discord è un sistema di messaggistica utilizzato dai gamers per affiancare al gioco online la possibilità di scambiarsi messaggi in tempo reale».

«Le app più utilizzate
rispondono a un bisogno di contatto
che non è mai scomparso,
anzi, si è rafforzato»

Crollano i limiti del mondo fisico, che si espande attraverso i diversi canali di fruizione e condivisione, fino a dilatare spazio e tempo. Connessi in ogni istante, raggiungibili ovunque. Come sottolinea la digital analyst, «le applicazioni più utilizzate rispondono ad un bisogno di contatto e condivisione che non è mai scomparso, anzi, si è rafforzato». Lo dimostra la ricerca condotta dall’Osservatorio scientifico della no-profit Movimento Etico Digitale (socialwarning.it): che sia per noia, per mancanza di stimoli o bisogno di contatto, gli adolescenti trascorrono almeno quattro ore al giorno sui social. Lo strumento preferito rimane lo smartphone, che sbloccano in media 120 volte al giorno, utilizzato anche per vedere film o ascoltare musica fino a tarda notte. Sempre con loro, e soprattutto fuori dalla portata dei genitori, che spesso e (mal)volentieri si ritrovano tagliati fuori. Talvolta, il senso d’inadeguatezza del mondo adulto verso questi strumenti rischia di lasciare i ragazzi a loro stessi, ma «è importante tener presente che non ci sono social buoni o cattivi – puntualizza l’esperta – Il mezzo è neutro, tutto dipende dall’utilizzo che se ne fa». Per questo l’educazione si riconferma fondamentale, in casa quanto a scuola, soprattutto quando si tratta di sicurezza e tutela della privacy. «È importante che i ragazzi non perdano di vista questo aspetto: accedere a queste piattaforme implica la cessione dei nostri dati personali, comprese le informazioni relative alle nostre abitudini e ai nostri interessi». Per dirla con un assioma digitale, “Internet non dimentica”, soprattutto quando si tratta di contenuti sensibili e personali, che una volta ceduti alla rete escono dal controllo del proprietario. «È un altro aspetto su cui i ragazzi vanno accompagnati , per un percorso di consapevolezza vedo un utilizzo adeguato, produttivo e creativo di questi strumenti».
Una riflessione condivisa da Anna Bandera, psicologa e psicoterapeuta cremonese specializzata nell’età evolutiva, che soprattutto nell’ultimo anno ha riscontrato tra i propri pazienti un aumento delle problematiche associate all’iperconnessione. «Disturbi del sonno e dell’attenzione, irritabilità, difficoltà di apprendimento e di socializzazione sono tra gli effetti più evidenti», afferma.«Manca tutto ciò che è non verbale, dagli sguardi al contatto fisico; questo rende la comunicazione incompleta. Per loro è sempre più difficile rimettersi di nuovo in gioco». Il rischio è la chiusura in se stessi, di fronte ad un mondo difficile da interpretare e meno rassicurante dell’alternativa virtuale.

«Parliamo di “nativi digitali”
ma bambini e ragazzi apprendono
attraverso i modelli che incontrano,
e i loro modelli siamo noi, adulti e genitori»

A questo proposito, anche i videogames (Fortnite e Fifa in testa) spalancano porte su mondi paralleli, con tornei e campagne di gioco immersive in cui è possibile creare il proprio avatar secondo le sembianze desiderate e interagire con players connessi da ogni parte del mondo. «Una potenzialità non libera da insidie – avverte Bandera – come cyberbullismo o adescamenti online, spesso nascosti da false identità. Non possiamo aspettarci che un ragazzino di dieci o undici anni abbia gli strumenti per comprendere questi pericoli né distinguere il reale dal virtuale».
La riflessione si estende ai canoni estetici promossi sulle piattaforme digitali, dove non è difficile imbattersi in fotografie di volti e corpi perfetti, con il rischio di tendere a qualcosa che non esiste, ma sposta sempre più lontano l’asticella dell’accettazione di sé.
«Spesso sentiamo parlare di “nativi digitali” – prosegue la psicologa – in realtà bambini e ragazzi apprendono prima di tutto attraverso i modelli che incontrano, e i loro modelli siamo noi, adulti e genitori». Più che vietare o controllare, il suggerimento è comunicare. «Le regole servono per tempi e modi di utilizzo, ma più che punire e sottrarre è bene informare sui pericoli in cui possono imbattersi. e sui rischi dell’iperconnessione, per capire quando è il caso di cliccare il tasto “uscita”».