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N.02 Giugno 2019

BULLISMO

Faccia a faccia con le ferite segrete

Con il suo progetto la giovane fotografa Giulia Barbieri rompe il silenzio sulle sue ferite troppo a lungo nascoste E lungo la strada incontra "alleati" speciali

Credo di aver riscritto lʼincipit di questo articolo almeno una decina di volte.

Dicono che sia normale e che accada la stessa cosa allʼinizio di ogni viaggio dove la parte più difficile è sempre muovere il primo passo.

Prima di lanciarmi in questa avventura chiamata Vis à Vis ho riflettuto a lungo. Una successione di pensieri, di domande come note musicali che sʼinseguono lungo uno spartito. Note dal retrogusto malinconico e spesso amaro perché sapevo che a differenza dei progetti fotografici curati sino ad ora, questo avrebbe richiesto unʼattenzione particolare.

Per anni non ho parlato 
con nessuno 
di ciò che accadeva 
nei corridoi delle scuole superiori

Vis à Vis è un progetto fotografico, una campagna di sensibilizzazione contro il bullismo e mentre decidevo di dargli vita, sceglievo al contempo di occuparmi finalmente di quel dolore che per tanti anni era rimasto a sedimentare dentro di me. Lʼidea di dovermi esporre personalmente, di dover raccontare la mia storia, di mettermi a nudo era tuttʼaltro che rassicurante, ma necessaria. Perché – lʼho capito col tempo – per uscire da qualsiasi situazione, lʼoperazione fondamentale è passarvi attraverso. Per tanti anni invece sono rimasta in silenzio, non ho parlato con nessuno di ciò che accadeva nei corridoi delle scuole superiori, alla fine delle lezioni, durante gli intervalli, lungo il tragitto per arrivare al bus. E con nessuno significa nemmeno con i miei genitori.

In tanti mi hanno chiesto “come mai proprio ora?”, “perché parlarne adesso a distanza di tanti anni?”. La risposta più sincera è che non lo so, ma ho sentito il bisogno di farlo e lʼho fatto. Senza troppe dietrologie o ripensamenti. Perché credo che chi come me ha la fortuna di vivere dʼarte debba mettere questʼarte anche al servizio degli altri.

Il primo passo è stato chiamare uno dei miei più cari amici, Stefano Remigi, figlio del cantautore Memo. Al telefono non ci siamo detti molto, gli ho semplicemente spiegato che questo progetto per me era importante e che ero alla ricerca di personaggi noti che appoggiassero la mia idea. “Mi dai una mano a farlo crescere?” gli ho chiesto. La sua risposta è stata positiva e da quel momento sono iniziati i servizi fotografici a Mara Maionchi, Alfredo Rapetti Mogol, Eleonora Giovanardi, Memo Remigi, Patrizia Laquidara e molti altri. Ogni personaggio mi ha lasciato un messaggio, una testimonianza diretta che ha arricchito questo progetto di punti di vista differenti.

La vita è come un boomerang 
tutto ciò che toglie
prima o poi restituisce

Ogni volta che mi fermo a pensare a quante cose siano accadute e cambiate da quando Vis à Vis è nato mi sorprendo. Sì, perché non è sempre facile incontrare persone che in modo totalmente disinteressato credano in ciò che facciamo. Io ho avuto la fortuna di incontrarle e farò in modo di tenermele strette sempre.

Questo progetto è il mio modo per rialzare la testa, anzi lo sguardo, per dire a tutte le persone che credono di essere sole, che in realtà non lo sono. Che ci sarà sempre qualcuno disposto ad essere dalla nostra parte, basta guardarsi intorno e non chiudersi. Basta avere fiducia. Perché la vita è come un boomerang e tutto ciò che toglie, prima o poi restituisce.

E così, curando questo progetto ho curato anche una parte di me. Quello che fino a qualche mese fa sembrava un macigno messo lì sopra il cuore a sottolineare ogni giorno quanto male fosse stato fatto, è solo un ricordo. Doloroso, certo, perché nessuno merita di essere deriso, umiliato, preso in giro, ma pur sempre un ricordo con il quale sto imparando a convivere. So che nessuno mi potrà ridare quegli anni, so di non poter tornare indietro nel tempo, ma so che davanti cʼè tanta strada da fare e questo non è poco. Ora frequento le scuole, parlo con i ragazzi, ascolto le loro storie, racconto la mia. Questa raccolta di ritratti diverrà unʼinstallazione fotografica e un libro il cui ricavato verrà devoluto ad Officine Buone, una onlus che porta musica negli ospedali oncologici.

Da qualche parte ho letto che il regalo più prezioso che questa vita ci mette a disposizione è il tempo. Io, questo tempo, me lo sono presa non pienamente consapevole di dove tutto questo mi avrebbe condotta, ma certa che da qualche parte sarei arrivata.