carta

N.31 Maggio 2022

LAVORO

Fanti… di cuori, tipografi per amore

Dialogo con Palmiro, fondatore della FantiGrafica, nello stabilimento da cui passano ogni mese cinquecento quintali di carta. Qui, da 45 anni i fogli prendono vita per diventare libri, giornali, manifesti...

La tipografia FantiGrafica

Palmiro Fanti avanza tra le file di macchine per la stampa del suo stabilimento: indossa il grembiule blu da lavoro e porta sulla spalla una risma di fogli di grande formato. È una di quelle persone che prima o poi ognuno dovrebbe incontrare. È il prototipo di colui che si è fatto da solo con tanto lavoro e non rinnega le proprie origini. Che ogni giorno ringrazia e prova a restituire quella che lui chiama fortuna. Insieme ai fratelli Massimo e Mauro manda avanti dal 1977 la Fantigrafica, oggi, a Cremona, in via delle Industrie, ma partita da via Plasio, per transitare poi in via San Francesco d’Assisi.
Palmiro tocca un foglio di carta, si emoziona ancora ricordando gli inizi, ma anche quel 7 marzo 2020 «in cui ci ritrovammo, a macchinari spenti, solamente io e i miei fratelli. Piansi tanto, mi sgridarono anche. Sai, io sono sensibile. Vedere la mia creatura, in cui ci ho messo l’anima, in quel momento, non è stato facile…». La storia di Palmiro con la carta, una ragione di vita, professionale e personale, inizia nel 1967: «In quell’estate la tipografia Persico cercava ragazzi per qualche lavoretto. Il capo era Giovanni Stringhini, il mio maestro. A settembre, i professori dell’istituto di agraria, che frequentavo, vennero alla carica per convincermi a continuare gli studi. Ero bravo a scuola, mi piaceva studiare. Però era appena nato Massimo, Mauro aveva tre anni, servivano soldini per dare una mano a mio padre. Abitavamo a Marzalengo, in cascina. Decisi di andare avanti a lavorare».
Nel marzo del 1968 il trasferimento nella sede di Castelverde. Poi la svolta.

«Il profumo della carta
non sempre è buono….
La carta sa di carta,
di quel profumo che è unico»

Arriva una chiamata della tipografia Mandelli, in cerca anche di qualcuno che potesse, prima o poi, rilevare una attività storica: «Era in via Plasio. Cercavano uno “sgamato” che sapesse fare il mestiere. Compivo i 18 anni. La tipografia era scura, ci lavoravano solo persone anziane. Feci una bella gavetta, poi a settembre 1977, presso lo studio del notaio Rizzi, la rilevai. Rimasi senza un centesimo, ma non avevo debiti. I miei fratelli, finita la scuola, con il Fiorino, venivano in bottega ad aiutarmi».
Le prime macchine, poi le lastre, le pellicole, la stampa offset valsero il salto di qualità ad una realtà cresciuta con costanza anno dopo anno: «In via Plasio eravamo stipati come sardine, ci trasferimmo in via San Francesco d’Assisi. Con le nostre forze e l’aiuto della Banca Popolare di Cremona. Poi nel luglio 2001 l’ultimo grande salto, con l’acquisto del capannone dove siamo tutt’ora».
Palmiro compirà 70 anni il prossimo mese di luglio: «Faremo una festa. Daremo una mano all’associazione Giorgio Conti, così come facciamo tutti gli anni con la stampa del nostro calendario, che sostiene anche Anffas».

Negli anni, tra la tipografia e la città, come un epistolario d’amore corrisposto. La carta passa di mano e genera una rete di legami: «Io devo solamente ringraziare tutti quelli che ci hanno aiutato e voluto bene. In tanti ci riconoscono questa benevolenza verso chi ha bisogno. Lo facciamo con il cuore. Se lavori solo per l’utile, di strada ne fai poca…».
Quella carta che osserva, tocca, annusa, racchiude il senso di una vita devota alla professione e alla famiglia: «Ne lavoriamo circa cinquecento quintali al mese. Si tratta di diversi tipi di carta, grammature, formati… In questo momento storico, stiamo facendo molti libri. Questa attività rappresenta il trenta percento del nostro fatturato. Poi stampiamo manifesti, cataloghi, opuscoli, complementi per aziende e pubblicità. Il lavoro commerciale è andato piano piano a sparire. Tutte le aziende si sono attrezzate con le stampanti».
C’è ancora poesia nella carta che scivola sotto le rotative: magia, sogno e desiderio. «Quando esco dal furgone ed abbiamo appena consegnato dei libri, sento il profumo della carta. A volte è buono, altre un po’ meno, soprattutto quando sa di vernice…. Non è un profumo floreale. Lo definirei piuttosto secco. La carta sa di carta, di quel profumo che è unico. Quando la tocco, ne conosco con precisione la grammatura. Se è un 80 grammi o un 100, la riconoscerei anche da bendato. So esattamente quando la carta è naturale, patinata o marcata. È un mestiere che faccio per e con passione. Sono uno stupido, perché a volte mi arrabbio molto. So che non ne vale la pena. Ma ci tengo, perché siamo arrivati qua con il nostro lavoro, con il sacrificio e l’amore per quello che facciamo. Il Signore ci guarda dall’alto, ci dà sempre una mano. I ragazzi che lavorano con noi sono preziosissimi. Siamo una famiglia, questo è il nostro segreto. Tanti dei nostri dipendenti sono entrati bambini ed usciti uomini».