carta

N.31 Maggio 2022

LIBRI

L’intramontabile magia delle pagine da toccare

Una scrittrice, un libraio e un critico raccontano il loro rapporto con i libri. E spiegano perché l'ebook non può sostituire il senso e il gusto della parola (e delle immagini) impressa sulla carta

1992-93: trent’anni fa, prima ancora che Internet e il Web entrassero nelle nostre vite, i varesini Franco Crugnola e Isabella Rigamonti progettarono e realizzarono, per la loro tesi di laurea al Politecnico di Milano, il primo ebook italiano. Il loro progetto si chiamava “Incipit” ed era un prototipo perfettamente funzionante che comprendeva uno schermo con un lettore per floppy disc integrato. Era ideato e realizzato per svolgere più o meno tutte le funzioni che oggi svolge un ereader, senza però il download dalla rete.

Poteva essere l’inizio (da molti profetizzato) dell’estinzione del libro tradizionale: invece, nonostante la carta stia sparendo in moltissimi contesti, i libri “con le pagine” sono ancora ben aperti tra le mani di miliardi di persone, che continuano a preferire la fruizione del volume di carta alle innovazioni offerte dal mercato.
Perché quel formato non solo non si è estinto, come alcuni temevano, ma continua per molti ad essere imprescindibile? Qual è la magia della carta e quale la sua eredità? Ne abbiamo parlato con Claudio Ardigò, esperto e critico letterario, con la scrittrice Paola Azzoni e con Paolo Bonini, della Libreria del Convegno di Cremona.

Paola Azzoni, Paolo Bonini (foto Cosetta Frosi) e Claudio Ardigò

«Io preferisco leggere su carta per un insieme dì motivi – ci racconta Claudio Ardigò -. Amo l’oggetto libro e credo che un buon lettore sia anche un po’ bibliofilo. Il libro diventa un oggetto di culto da ammirare e accarezzare. Mi piace sentire il rumore delle pagine, l’odore, o meglio il profumo, mi piace soppesarlo e sapere di avere in mano qualcosa di prezioso che mi appartiene, con cui poter fare un pezzo di strada insieme. Borges diceva che un libro è un’ipotesi di felicità. Ecco questo per me è un libro».
La predilezione per il libro di carta è comune a tutti i nostri inetrlocutori. Paola Azzoni lo trova più facile da scorrere e da consultare rispetto al formato elettronico, che certamente offre maggiori possibilità ma richiede più “manovre” e la dimestichezza con lo strumento elettronico. «Il libro di carta, inoltre, mostra sempre la sua copertina e il titolo, che lo presentano e che contribuiscono ad aprire le porte al mondo in cui si svolgerà storia. Per questo devono essere scelti bene in sede di pubblicazione».
Paolo Bonini mette invece l’accento sugli appunti che possono essere presi sul libro di carta e poi riletti, che diventano parte integrante di ciascun libro e lo rendono unico, anche quando lo condividiamo con altri. «Scrivere appunti su un libro dà tutto un altro sapore alla riscoperta di ciò su cui si voleva ritornare». Un concetto su cui spinge anche Claudio Ardigò: «So che farò inorridire molti ma amo segnare alcuni punti con la matita ritornare su i paragrafi che più mi hanno emozionato, mi servono per scrivere, confrontarmi, rasserenarmi anche… Insomma non riesco a farlo in formato digitale, non credo sia solo per scarsa attitudine al formato tecnologico ma è un’identità culturale e poetica che mi piace rimarcare».

Fondamentale è poi l’aspetto estetico del libro di carta, che «in libreria o sugli scaffali di casa appare più elegante, per via delle caratteristiche tipiche del libro cartaceo come quelle tipografiche. È da poco uscito, ad esempio, un libro di Peter Handke, pubblicato dalle edizioni Settecolori, che comprende illustrazioni dell’autore abbinate a pensieri e notazioni, la cui alternanza di pagina in pagina non potrebbe essere fruita allo stesso modo in un’esperienza di lettura digitale», ci racconta Paolo Bonini.
I libri sono esperienze, emozioni, percorsi di conoscenza e di crescita, ma sono anche tempo, vita e ricordo.
Per Paola Azzoni il primo libro fu Pinocchio, «che leggo ancora ai miei alunni e oggi, come allora, stupiti e incantati entrano nella vita di questo mirabile personaggio. Stesse emozioni e stessa edizione, quella con la copertina in pelle blu e un disegno di Pinocchio d’oro. Le illustrazioni stupende, ed evocative».
Claudio Ardigò iniziò invece il suo percorso di lettore con Il principe e il povero, di Mark Twain. «Avevo sette anni e avevo fatto Comunione e Cresima. Provengo da una famiglia modesta e in quell’occasione un nonno mi regalò un orologio, uno zio una medaglietta d’oro, sicuramente dei regali importanti, mentre una cugina di mia mamma mi regalò quel libro. Ero felicissimo per quel regalo. È difficile spiegare, e forse ancor di più capire, la mia contentezza: non vedevo l’ora di iniziare a leggerlo, cosa che feci appena rimasi solo. Non ho più l’orologio del nonno e la medaglietta è in un cassetto da almeno cinquant’anni, ma quel libro ha un posto d’onore nella mia libreria».

«Per tanto tempo
ho pensato che quel libro
fosse stato scritto per me»

Letteratura e libro in carta sono dunque un binomio intramontabile e imprescindibile. L’evoluzione tecnologica – ormai lo abbiamo imparato –non rappresenta una minaccia per i libri. Semmai un’opportunità.
Cosa accadrà nei prossimi anni prova a descriverlo Paolo Bonini: «Così come negli USA stanno riprendendo il sopravvento le librerie indipendenti rispetto alle catene commerciali, credo che possa accadere lo stesso anche al formato cartaceo rispetto al digitale. Quest’ultimo, del resto ha preso meno piede di quanto si potesse prevedere, perché i lettori preferiscono il libro di carta e, ne sono convinto, anche la varietà che può offrire una libreria che seleziona, sceglie e consiglia libri che esulano dal mercato librario prettamente commerciale delle major». Una guida nella scelta, qualcuno di cui fidarsi e con cui condividere l’oggetto-libro e il mondo che evoca; una bussola di fronte alla disponibilità illimitata e disorientante delle librerie digitali dove è così facile perdersi.
Un aspetto fondamentale, questo, che corre su un binario parallelo all’aumento esponenziale della produzione a scapito della qualità e della varietà, tratto tipico della mercificazione della cultura e delle arti cui assistiamo. Oggi scrivere è per alcuni un vero e proprio mestiere e pubblicare e vendere libri un’industria. Un trend che sembra prossimo all’inversione, ma che ha fortemente caratterizzato e influenzato gli ultimi decenni.
Anche chi scrive prova sensazioni contrastanti rispetto agli strumenti e ai mezzi. «Non so cosa succederà in futuro – riflette Paola Azzoni –. Ho iniziato la prima elementare con cannuccia e pennino… e sono arrivata al pc! Non credo che riuscirò mai a scrivere dettando né ad altri, né ad un computer. La scrittura per me ha tempi distesi. Bisogna saper attendere e lasciare che il pensiero diventi tangibile su carta, con calma e rispetto. È molto più difficile “cogliere l’attimo” con un telefonino o un tablet, quindi durante un viaggio in treno, in una sala d’attesa, in auto aspettando qualcuno e guardando chi passa… Carta e matita sono perfetti. Quando però il materiale è molto, il foglio elettronico è più comodo. Aggiungere, togliere, spostare, modificare è certamente molto più semplice».
Che anche gli scrittori preferiscano il cartaceo è una certezza anche per Claudio Ardigò, che ci spiega che nel 2019 ha fatto 93 presentazioni di libri, nel 2020 e 2021 ha superato abbondantemente le 100 presentazioni per anno, considerando anche quelle online: «Non ho mai incontrato uno scrittore o un poeta che preferisca l’ebook; sono convinto che non sia solo un discorso economico».
Ciò che difficilmente accadrà con i libri in formato elettronico, discorso e bolla NFT a parte, riguarda anche il meraviglioso mondo del collezionismo e le dinamiche connesse al piacere del possesso. «Ho fatto diverse pazzie per i libri. A fianco di quello di Twain che mi regalarono da bambino ci sono due libri firmati da Borges e, dall’altro lato, il libro più costoso che abbia mai comprato: un testo di Arthur Conan Doyle autografato. Le emozioni che quel libro mi diede cambiarono letteralmente la mia vita; mi identificavo nel protagonista, vivevo i suoi disagi, le sue difficoltà i suoi amori. Per tanto tempo ho pensato che quel libro fosse stato scritto per me. Da quel giorno e fino alla seconda media, a chi mi chiedeva “cosa farai da grande” rispondevo il bibliotecario».
Leggere e scrivere, scrivere e leggere: «Troppe parole escono in fretta dalla nostra bocca, spesso precedono e bruciano i pensieri. Solo la mia auto, mentre vado o torno dal lavoro, sente la mia voce quando, immaginando il prosieguo del mio racconto provo a “dirmi” quale potrebbe essere e come potrebbe suonare in parole. Ma è sempre dopo, scrivendo, che le idee prendono forma e senso». Paola Azzoni descrive perfettamente il senso della scrittura e la sua incredibile magia. Una magia che naturalmente non si perde del tutto negli ereader moderni, ma che ancora si specchia, fedele, nell’intramontabile fascino delle pagine di carta.