magia

N.28 Febbraio 2022

RUBRICA

Il silenzio assordante
che si colora della vita… più o meno

Qualcuno direbbe che la musica “si annida nei pensieri” e potrebbe servire "per non cadere dentro al buco nero che sta a un passo da noi”...

Colapesce, Dimartino – Musica leggerissima (Official Video – Sanremo 2021)
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In una recente intervista Enrico Rava, trombettista jazz fra i più importanti della nostra epoca, ha dichiarato che la musica «è magia e senza la magia manca tutto. Capire perché avvenga questa magia resta un mistero». Una frase di quelle che tranciano qualsiasi discorso, che dice tutto nel suo dire niente. Naturalmente non si può non essere d’accordo sul fatto che l’esperienza musicale ha un qualcosa che sfugge alla normale percezione: non si ripete mai uguale, crea sensazioni non razionalizzabili se non per riassunti approssimati e personali, può astrarre dal reale, fa mutare stati d’animo, riesce a sollevare da tensioni e distogliere da preoccupazioni, entusiasma e accomuna gruppi di persone, può far intuire mondi eterei e celestiali («Sì che m’inebriava il dolce canto» diceva Dante riferendosi al Paradiso). La lista è lunga, a conferma che la musica è qualcosa che si nega a una qualsiasi definizione precisa e resta nel campo del… “più o meno”,
Ricordiamo il mito di Orfeo in cui un semidio è in grado, con l’arte musicale ricevuta in dono da un dio, di stravolgere il corso degli eventi; egli smuove pietre, ammansisce bestie selvatiche, fa camminare gli alberi, cura il corpo. Qualcuno oggi userebbe parole differenti e direbbe che la musica potrebbe servire “per non cadere dentro al buco nero che sta a un passo da noi”, potrebbe “far nascere un fiore tra palazzi distrutti dalle bombe nemiche”, “si annida nei pensieri”, ti fa ripensare alla tua vita, alle cose che hai lasciato; la musica sembra avere poteri meravigliosi, di certo è un’espressione di un mondo interiore e permette di entrare in contatto con i livelli più profondi dell’animo e di arrivare direttamente alla sfera inconscia quasi senza trovare difese.
Proviamo a pensare a “come” ascoltiamo la musica, magari partendo dalle canzoni che ci piovono in casa con tanta facilità. Il fatto che una determinata melodia ci resti in testa è perché arriva molte volte al nostro orecchio e si sedimenta nella nostra mente. Quella melodia, quelle parole, quei suoni, confrontati con la musica che già avevamo in testa prima, hanno creato una nuova percezione, per cui è bastato un qualcosa di appena differente e di impercettibilmente diverso nell’aria a creare quel poco o tanto di attenzione e per far sì che quella musica, ribadita poco dopo, poi ancora e ancora qualche altra volta, si sia posata in un angolo della nostra mente come una memoria di sensazioni in armonia.
Quel motivo arriva ad essere nostro, al di là del suo essere oggettivamente bello o no (ci ha pensato il musicista a fare semplicemente il “suo” bello, con regole che lui conosce bene, ma senza sapere con certezza se poi arriverà allo scopo voluto), forse perché è semplicemente un qualcosa di nuovo in relazione a quello che già si conosceva, che mi conferma il senso di prima senza stravolgerlo ma aggiungendovi un istante inedito, che mi resta dentro e mi suggerisce qualcosa vicino a “quel che vorrei sentir dire” o dice cose “che vorrei dire anch’io”; solo che lo fa andando a toccare corde di cui non siamo padroni, là in quel pozzo delle emozioni personali.

…ci rapisce fuori dal nostro tempo
e può davvero curare stati d’animo,
sciogliere tensioni e far nascere fiori

Quante musiche ci dicono nulla; forse perché non hanno confronto con qualche cosa di simile nel nostro personale universo musicale. Ognuno ha la sua storia di nastri emotivi, e non sarà certo questione di musica alta o bassa, antica o moderna, classica o leggera, facile o difficile; non è che chi ascolta Beethoven viva più intensamente il momento estetico di chi si abbandona felice alla Rumba di paese; l’esperienza è la stessa, ed ha uguale qualità, purezza e intensità, cambia solo il mondo retrostante su cui si appoggia quella manciata di istanti densi. Già, perché tutti hanno il loro tesoro di emozioni espresse in musica. Anche il ragazzino che non sa nemmeno cosa sia una nota musicale ma conosce a memoria i testi di J-Ax.
Dunque l’esperienza estetica è una scintilla che racchiude un mondo precedente, ribadisce quello che già si era provato, ma ne prolunga la sensazione a un nuovo arrivo come un piccolo allargamento di orizzonte, un protrarsi di benessere emotivo. Poi quel tempo si colora della vita che scorre, ci rapisce fuori dal nostro tempo e può davvero curare stati d’animo, sciogliere tensioni e far nascere fiori.
Se poi aggiungiamo che quel momento speciale che si è creato interiormente per una connessione personale si sintonizza a sua volta con tante o poche persone che nello stesso motivo hanno trovato un qualcosa, allora succede che quel sentimento, ospitato e cullato nel segreto della propria anima, risulta quasi uguale a quello di molte altre persone, perché le persone hanno un fondo comune -mai identico- di propensioni. E può succedere che su quelle parole, su quelle melodie che non hanno molto di differente da quelle di ieri e che colorano le vite nel loro svolgersi con la leggerezza del suo essere “voglia di niente”, ci si trovi a vivere insieme quel respiro della vita altrettanto imprevedibile, e a condividere nella musica uno stile e disegnarvi un’epoca, e a volte addirittura a sottolineare eventi.
E allora la magia o il mistero sta in quel momento in cui si attiva un legame di stati d’animo fra passato e presente, fra personale e collettivo, “sulle ali del canto” – come avrebbe detto un ottocentista – che porta su di sé tutte le sfumature di cui è capace un’anima. Ti fa ripensare la tua vita… “più o meno”.