magia

N.28 Febbraio 2022

INCLUSIONE

Le carezze della musica per non dimenticare chi siamo

Alla Fondazione Germani un pianoforte donato per accendere un nuovo inizio con il progetto di musicoterapia per il nucleo Alzheimer «La musica ricorda le emozioni che ci rendono vivi»

Gli strumenti sono appoggiati sul grande pianoforte in fondo alla sala. Il ricordo è scolpito in maiuscolo: in memoria di Rosa Carletti. A decretare i grandi inizi, come da tradizione, è previsto il taglio del nastro. Le dita della musicoterapeuta Annalisa Losacco scorrono rapide e creano una melodia. Dura poco, il tempo di qualche scatto necessario per cristallizzare l’attimo. E risvegliare un ricordo. Dura poco, perché è solo un’anteprima. Perché la musica, intesa come arte dei suoni nella sua duplice capacità di «evocare forze oscure» o «risvegliare facoltà» è un fatto intimo. Richiede tempo, pazienza, ascolto e relazione: è melodia che cura, ravvivando i ricordi di ciò che siamo stati per vivere il presente e costruire un futuro. Ché il domani è sempre possibile: «Le emozioni resistono – spiega la terapeuta – sorgono e si raccontano fino all’ultimo istante di vita».

Alla fondazione Germani di Cingia De’ Botti la fragilità fa rima con inclusione: «Il nuovo progetto che oggi presentiamo – spiega il direttore sanitario Isabella Salimbeni – si rivolge ai residenti del nucleo Alzheimer. Intende offrire loro un’ulteriore occasione di benessere utilizzando un nuovo metodo di comunicazione quale è quello della musica. Le malattie neurocognitive levano la parola o rendono complicato comprendere frasi, ma quella verbale è solo una forma di comunicazione. Non l’unica».

E l’Alzheimer non si porta via tutto: «La comunicazione non verbale resta intatta anche nelle fasi più avanzate della malattia. Non vogliamo lavorare sulle abilità residue, piuttosto ogni giorno ci impegniamo per mettere a frutto le abilità di ognuno. Al di là dell’eventuale incapacità di verbalizzare, la persona con la sua storia, il suo sentire, il suo vissuto resta al centro».

«Ogni vita
ha la sua
colonna sonora»

La musica accarezza la pelle, avvolge i ricordi, li risveglia. Come in un caldo abbraccio.
«Ogni vita ha una colonna sonora».

Elena Azzini è un’educatrice. Quando lo racconta i suoi occhi si illuminano. «Ci prendiamo cura tutti i giorni di persone che hanno perso la memoria a breve termine, ma che hanno vissuto una vita». E che hanno un patrimonio da difendere: «La storia d’amore, le avventure di gioventù, il lavoro… La musica stimola ricordi, ricompone momenti: così valorizza le persone».

La presa in carico è multidisciplinare, tante sono le figure coinvolte: medici, terapisti occupazionali, musicoterapeuti, educatori. «Insieme lavoriamo su ciò che è stato e scriviamo insieme ciò che sarà». Alla base c’è il rispetto di ogni singola storia: «Vogliamo conoscere le persone, la loro famiglia. Per farlo senza distanza e pregiudizi gioca un ruolo essenziale la relazione».

I legami ci rendono vivi. Certi ricordi non si possono cancellare. I nomi delle persone importanti restano lì. Su un pianoforte, nel mezzo della sala degli abbracci.

«Questa donazione – chiarisce Enrico Marsella – è stata voluta da mia moglie e dalle altre figlie di Rosa Carletti, per ricordarla, dopo che è mancata nel corso della prima ondata pandemica, quando non era possibile salutare i nostri cari, ma intende soprattutto donare speranza. Per dare forma ad un progetto nuovo che possa rispondere efficacemente al bisogno di salute di queste persone. È un nuovo inizio, in un periodo che profuma di rinascita».

La cura attraverso le note è parte di questo risveglio. Di emozioni, di istanti, di relazioni. Di vita.
«Attraverso le stimolazioni date dalla musica – riprende Annalisa Losacco – la persona può dare significato a ciò che è. Le note stimolano esperienze fisiche, emotive ed intellettuali. La melodia non persegue una finalità meramente estetica, consente un’esplorazione del sé. La musica è un invito e una facilitazione alla relazione. L’unità di suoni stimola vibrazioni corporee e ricordi».

Il musicoterapeuta osserva risvegliare tracce emotive, «entra in contatto con la persona accettandola nella sua globalità, non vuole cambiarla: vuole accoglierla». I setting vengono preparati ad hoc. «Possono essere individuali o di gruppo. Contengono gli strumenti che più piacciono ai partecipanti». L’attività mira al benessere: nelle sue componenti melodiche richiama la relazione mamma-bambino, in quelle ritmiche l’agire condiviso, in quelle strutturali l’organizzazione della vita. Consente di vivere. Fino in fondo.