casa

N.17 Gennaio 2021

FAMIGLIA

La missione di essere casa

La scelta d'amore di Sara e Stefano: l'accoglienza di bimbi in affido il servizio per le coppie a Cascina Moreni e quella porta che resta sempre aperta

Le tazze e le tisane sono già pronte sul tavolo. Accanto, un piatto con le lingue di gatto, sfornate alla mattina. Sul tappeto morbido e colorato c’è un bimbo di otto mesi, indaffarato con un gioco che riproduce i versi degli animali. Dal piano di sopra, si sente il “passo felpato” da adolescente del 12enne di famiglia. Presenza profonda e silenziosa, Tommaso, 7 anni, bimbo cieco e sordo con gravi problematiche psico-fisiche.

Sul divano grigio davanti alle finestre del salotto, nella casa a Cascina a Moreni, ci sono Sara e Stefano. Lei ha 40 anni e fa la mamma di professione. Nata a Bozzolo, ma cresciuta a Pieve San Giacomo, in una famiglia cambogiana arrivata in Italia come rifugiata politica. Lui, Stefano, di anni ne ha 42 ed è cremonese doc, orgogliosamente dello Zaist. Diploma da geometra, lavora da 20 anni in una ditta che produce serramenti in legno.

In comune, l’oratorio come seconda casa («o anche prima in alcuni periodi»), con un “curriculum” che spazia dai sacramenti al catechismo, dai campi estivi ai percorsi con i giovani. E lo sport. Entrambi sono stati tesserati nel Csi, lei come designatrice di arbitri, lui come arbitro di pallavolo. Ed è proprio lo sport che li ha fatti incontrare.

«Ci conoscevamo già ma la svolta è stata nel 2002 dopo una riunione degli arbitri. Poi diciamo che abbiamo appeso la palla al muro e abbiamo fatto altre scelte di vita», raccontano. Nel 2005 si sono spostati allo Zaist. Hanno trovato casa in affitto al Boschetto, ma «frequentavamo S. Francesco – dicono – perché ci occupavamo di iniziazione cristiana». Dopo quattro anni, hanno comprato un appartamento allo Zaist.

Ed è lì che la loro casa si è aperta a minori in situazioni familiari fragili. «Questo tipo di esperienza era già nei nostri progetti – spiegano Sara e Stefano – Ci dicevamo: prima creiamo la nostra famiglia con figli nostri e poi ci apriamo all’affido. Poi, i figli non arrivavano e intanto abbiamo deciso di invertire l’ordine e di iniziare con l’accoglienza. Si vede che siamo stati chiamati ad altro! L’affido quindi non è stato un modo per colmare un vuoto, ma per donare il nostro amore di coppia, di famiglia e di casa a persone che richiedevano attenzione».

Nell’aprile del 2008 sono stati giudicati idonei dai Servizi. Quattro mesi dopo, Sara e Stefano accoglievano due sorelline di 8 e 9 anni. «Un’esperienza tosta – raccontano – Sono state da noi tre anni e mezzo, poi sono rientrate in famiglia. Se le vediamo ancora? Per un periodo non ci sono stati contatti. Adesso hanno 20 anni, sono autonome, ricordano come un bel periodo quello passato con noi e si autoinvitano a cena a casa nostra con i morosi».

Dopo l’esperienza delle due sorrelle, Sara e Stafano hanno fatto gli “zii affidatari”. “Siamo stati di supporto ad altre famiglie affidatarie che avevano bisogno di ricaricarsi», spiegano. Poi, nel 2013, di nuovo in prima linea. Hanno preso in affido un bambino di 5 anni della Costa d’Avorio.

«Aveva già cinque anni
e ci siamo domandati:
di chi è questo bambino?»

Quel 12enne che oggi frequenta la seconda media e che fa i compiti al piano di sopra. «Siamo riusciti a instaurare una relazione civile e rispettosa con la famiglia d’origine che il ragazzo vede tutte le settimane e l’affido sta andando bene», dicono. Nel frattempo, nel 2014, hanno conosciuto Tommi. «Durante un incontro per famiglie affidatarie – spiega Stefano – abbiamo conosciuto la famiglia che aveva in affido Tommi, un bimbo di 10 mesi cieco e sordo con gravi problemi respiratori e di postura. Era stato disconosciuto alla nascita e subito dichiarato in stato di adottabilità. Sara si è innamorata di Tommaso. Abbiamo iniziato a dare una mano alla famiglia affidataria, che nel frattempo stava facendo altre scelte, e poi ci siamo proposti per prenderlo in affido noi. Se non lo si conosce, Tommi sembra solo un elenco di patologie, invece è un bimbo gioioso e felice quando è amato. Dopo qualche anno non si era fatta avanti nessuna famiglia adottiva. Lui aveva già cinque anni e ci siamo domandati: di chi è questo bambino? Allora abbiamo fatto noi domanda di adozione e Tommi ha trovato casa!». Nel frattempo, quattro anni fa, la loro casa è cambiata. Con Famiglia Buona Novella, hanno lasciato l’appartamento dello Zaist e si sono trasferiti a Cascina Fabio Moreni. «Due famiglie dell’Associazione a turno risiedono qui per un periodo di quattro anni – raccontano Sara e Stefano – e si mettono a disposizione per servizi rivolti a famiglie e coppie nel segno della condivisione e della spiritualità. Una vera e propria esperienza di fraternità». E qui, a Cascina Moreni, nel luglio 2020, è arrivato in affido anche un bimbo di due mesi. «Aveva bisogno di essere stimolato e coccolato, dopo mesi di terapia intensiva e in attesa del progetto con la mamma – spiega Sara – Il progetto è poi partito e si è concluso subito perché la mamma ha rinunciato e adesso il giudice deve decidere sullo stato di adottabilità».

Entro il 2021 Sara, Stefano e i bimbi lasceranno Cascina Moreni, ma non torneranno allo Zaist. «Abbiamo venduto l’appartamento – dicono – e abbiamo preso una casa al Migliaro, pensata senza barriere, a dimensione di Tommaso. Con quante camere da letto? Cinque, una per tutti e una libera per gli ospiti. Già, perché la nostra casa ha sempre la porta aperta, a chiunque, minori, fidanzati, coppie, famiglie, che sentono la necessità di aprire il cuore. La casa per noi non è un luogo fisico di per sé, ma uno stile di vita».

Essere casa, una missione.