nodi

N.10 Aprile 2020

PENSIERO

Le rotte della psiche durante e dopo il Covid

Il dottor Pasquale De Luca del Centro di consulenza familiare Ucipem di Viadana osserva l'emergenza tra le pieghe delle reazioni mentali individuali e collettive

Claudio Schwarz Purzlbaum on Unsplash

L’ha chiamata così: “una bussola nella tempesta”. Dieci comportamenti da attuare ogni giorno per cercare di vivere questa fase di emergenza nel modo migliore. L’ha mandata ai suoi pazienti, quelli che già seguiva prima del coronavirus e quelli nuovi che hanno chiesto il suo aiuto proprio per affrontare questo periodo drammatico.

«Ascoltiamo le notizie sul coronavirus solo 2/3 volte al giorno, non riduciamo la socializzazione, facciamo cose che fanno “staccare” come ascoltare musica o fare giardinaggio domestico, regoliamo comunque la giornata, se avvertiamo disagio psichico non nascondiamolo…»: sono solo alcuni dei consigli per non perdersi in questa bufera.

Lui è Pasquale De Luca, medico psichiatra, ex direttore dell’Unità di Psichiatria di Cremona, da due anni in pensione. Da 20 anni è volontario al Centro di consulenza familiare Ucipem di Viadana che proprio in questi giorni, dentro al progetto della Diocesi “Io avrò cura di te”, ha attivato un supporto psicologico a distanza per operatori sanitari.

«Al momento nessun medico o infermiere ci ha contattato – dice De Luca – ma la cosa non mi stupisce. Primo perché l’ospedale ha attivato una help line interna, secondo perché siamo ancora nella fase in cui gli operatori hanno bisogno di qualcosa di ancora più primitivo, come dispositivi o riposo. Terzo perché in queste situazioni scatta il meccanismo del caregiver: nella fase più acuta chi accudisce si mette sempre un passo indietro».

Nessuno era più abituato
a misurare quanto grande sia
la nostra precarietà,
la dimensione dei nostri limiti

Una volta finita la fase di resistenza, però, ci sarà quella di esaurimento. «Gli operatori sanitari – continua il dottor De Luca – sono preparati a lavorare con la sofferenza ma non cosi, con questo carico quantitativo e qualitativo. In assenza di tutti, si trovano a fare da preti, da coniugi, da figli… È evidente a tutti la straordinarietà di questa situazione. Operatori vestiti quasi come palombari che nello sforzo immane di tamponare il sovraffollamento si sforzano di restare umani ed empatici. E pazienti privi delle presenza dei loro cari che si aggrappano a questa umanità. In momenti così estremi è questa l’unica “psicoterapia” possibile: essere e restare umani. Poi, col tempo verrà altro. E ne avranno bisogno sia i pazienti sia gli operatori».

Intanto, anche fuori dagli ospedali la richiesta di aiuto è aumentata. Il dottor De Luca ha ricevuto diverse chiamate: c’è chi aveva già un disturbo psichico o psicotico e si trova “appesantito” da questa situazione, privato dei percorsi riabilitativi, con le strutture per forza di cose limitate e costretto in casa magari in situazioni familiari già complesse («e questo è un grande problema», assicura lo specialista); e c’è chi è distrutto perché ha perso un proprio caro senza potergli nemmeno stare accanto e non sa neanche quando potrà fargli il funerale.

«A livello collettivo – continua lo psichiatra – ci sono elementi che influiscono sull’impatto psicologico di questa emergenza: la paura di essere contagiati e di contagiare, la durata della quarantena, la frustrazione per progetti interrotti, la noia, i timori di non essere adeguatamente attrezzati in termini di controlli, mascherine, cure, le informazioni inadeguate perché l’epidemia è anche virtuale e mediatica. Fare leva sulla persuasione e sull’altruismo, ovvero insistere sul fatto che fare la cosa giusta serve a me e agli altri, è fondamentale per rendere tutto ciò più sostenibile, anche nel tempo».

Trovarsi faccia a faccia
ha costretto genitori e figlio
a riflettere e a parlarsi
anziché scappare

Un occhio particolare occorre avere per gli adolescenti. Se in famiglia, infatti, c’erano conflittualità che prima venivano risolte “tagliando i ponti” per mancanza di tempo, ora con il confinamento forzato, queste conflittualità rischiano di esplodere, ma non è sempre così. «Mi è capitato un caso – racconta De Luca – in cui trovarsi faccia a faccia ha costretto genitori e figlio a riflettere e a parlarsi, anziché scappare, e questo sta facendo bene al rapporto».

Ascoltare, raccontare ciò che sta accadendo, creare momenti di svago sono, invece, i consigli per far vivere nel modo migliore possibile questo periodo ai bambini più piccoli.

Tutto ciò durante la crisi; ma gli effetti psicologici sul dopo? «Nessuno – conclude De Luca – era più abituato a misurare quanto grande sia la nostra precarietà, la dimensione dei nostri limiti e quanto la morte sia una parte indissolubile della nostra esistenza. Questo virus ci ha obbligato a farlo. Lo shock è pesante. Dovremo sforzarci di dare una narrazione a ciò che ci sta accadendo, di rielaborarlo e di farlo diventare una storia non traumatizzante ma didattica ed educativa. Se noi saremo capaci di fare questo i nodi che stanno emergendo in questa situazione non stringeranno fino a strozzarci, ma legheranno tra loro e saranno una rete ancora più forte».

Una bussola per la tempesta

Informiamoci solo da fonti ufficiali. Verifichiamo sempre le notizie dei social
• Diamoci un tempo stabilito per seguire le notizie sul Coronavirus (massimo due-tre volte nella giornata)
• Rispettiamo, le prescrizioni del Ministero della Salute
• Manteniamo, per quanto possibile, le precedenti abitudini
• Pratichiamo attività fisica
• Utilizziamo tutti i mezzi tecnologici possibili per non limitare la socializzazione
• Se avvertiamo disagio psichico, non nascondiamolo. Cerchiamo qualcuno con cui parlarne.
• Facciamo tutto quello che può rilassarci (musica, film, giardinaggio domestico, etc).
• Leggiamo narrativa. La lettura di un romanzo riduce lo stress e ci può “portare fuori”
• Strutturiamo e regoliamo la giornata