nodi

N.10 Aprile 2020

FAMIGLIA

Retrouvaille, ritrovarsi. In coppia oltre la crisi

Silvia e Giovanni, due figli e 25 anni di matrimonio, raccontano il cammino di ricostruzione dopo la separazione E la gioia di condividere con chi soffre per le stesse ferite

Che la vita sia fatta di continui nodi da sciogliere, di legami da ritrovare, di cadute e rinascite non è una novità. Non è nemmeno retorica. Lo incarnano bene i volti di Silvia e Giovanni, che raggiungiamo grazie a una video-chiamata nell’attesa che l’emergenza Covid rientri. Sorridono, si cedono la parola l’un con l’altro, scherzano. Li osservi e la prima cosa che pensi è: «Guarda che belli, insieme». Eppure il loro matrimonio – ormai sono 25 anni – non è sempre stato facile. Incomprensioni, difficoltà di comunicazione e orgoglio hanno logorato la loro unità. «I figli, il lavoro, le mille attività pur buone che facevamo avevano preso il posto del nostro rapporto. Non avevamo più cura del nostro matrimonio. Semplicemente, ognuno aveva iniziato a vivere una vita senza l’altro, eravamo come scapoli nella stessa casa». Quando la situazione diventa insostenibile, dopo 17 anni di matrimonio, arriva la separazione.

È un momento durissimo, fatto di recriminazioni e tante lacrime. Ma accade qualcosa che cambia tutto.

È Giovanni a raccontare dell’incontro con don Giuseppe: «Mi invitò a seguire un quaresimale dove era prevista la testimonianza di una coppia di sposi che, grazie all’associazione Retrouvaille (“Ritrovarsi”), era rinata. Andai, e mentre li ascoltavo parlare continuavo a pensare: “Ma sono io quello che stanno descrivendo”».

«Vedere che qualcuno
ce l’aveva fatta
ha ridestato in me la speranza
di salvare il mio matrimonio»

Da lì il desiderio di saperne di più e la proposta a Silvia di fare un ultimo tentativo. «Ero con l’acqua alla gola, così ho provato il tutto e per tutto. Quando sei arrabbiato non bastano le parole degli amici, i consigli… Ma quel momento fu come una scossa».

Prende la parola Silvia e prosegue il racconto (e ti accorgi di questo loro continuo ascoltarsi, proseguire l’uno le parole dell’altra senza mai scavalcarsi): «Nel 2012 abbiamo partecipato ad un fine settimana guidato da altre coppie che avevano già vissuto l’esperienza di Retrouvaille e da un sacerdote. Quello che mi colpì è che avevamo davanti agli occhi persone che, raccontando la loro storia, in fondo raccontavano la mia storia, la mia sofferenza, la mia fatica, la mia sfiducia, il mio disorientamento. Vedere che qualcuno ce l’aveva fatta ha ridestato in me la speranza di salvare il mio matrimonio».

Il percorso non sarà sempre facile, tra alti e bassi finirà solo nel 2015, ma da allora è stato una scoperta continua di bene. «I nostri figli ci guardavano mentre ci impegnavamo per guarire il nostro matrimonio, per sanare le ferite. Giovanni è tornato a casa e abbiamo continuato a camminare insieme. Così oggi “doniamo” la nostra storia, ci siamo messi al servizio di Retrouvaille per fare compagnia ad altri che si trovano in difficoltà».

«Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date», le fa eco Giovanni.

Ma cos’è Retrouvaille esattamente? Spiegano che è un’associazione riconosciuta dalla Chiesa cattolica (in Italia è arrivata nel 2002, ma nasce in Canada) e lavora con la CEI. Oggi è diffusa in tutto il mondo.

«Nella pratica si tratta di un percorso che inizia con un fine settimana dal venerdì alla domenica, dove le coppie partecipano senza figli. Chi guida questo momento sono coppie che a loro volta hanno avuto problemi di relazione, e un sacerdote. Non ci sono psicologi, tecnici o che….», dice Silvia. «È un servizio esperienziale», chiosa Giovanni.

Viene offerto a coppie sposate senza differenza di credo o affiliazione religiosa, o sposate civilmente. Anche se il programma ha le sue radici nella fede cristiana, coppie di tutte le fedi o non credenti sono accolte, così come coppie conviventi con figli, coppie separate o divorziate che intendono seriamente ricostruire la relazione d’amore, lavorando per la guarigione del proprio matrimonio ferito o lacerato.

È destinato anche a sacerdoti o religiosi che vogliono conoscere ed eventualmente impegnarsi nell’esperienza (oggi sono 15 i preti impegnati nei week end del percorso, che è presente in quasi tutte le regioni d’Italia con oltre 150 programmi avviati).

«Le nostre ferite
sono diventate feritoie
da cui altri possono
vedere la luce»

«Non è sempre tutto perfetto, non tutte le coppie che iniziano il percorso alla fine tornano insieme. Ma noi portiamo la nostra testimonianza a tutti, perché sappiamo quanto può rinascere ed essere bello un matrimonio se ci si lavora insieme. Non giudichiamo mai chi decide di lasciare il percorso, c’è una libertà che va rispettata e del resto noi non ci siamo mai sentiti giudicati, ma capiti e accolti. Così oggi, quando qualcuno molla, noi non facciamo altro che pregare perché rinasca in lui il desiderio di ricostruire. Il cammino di Retrouvaille è come la vita: è la strada di tutti», raccontano.

Oggi vengono chiamati anche per portare la loro testimonianza ai corsi fidanzati o ai genitori dei bambini di catechismo. Non si sentono speciali, solo oggetto di un Bene infinito.

«Quello che a noi serve è continuare per fare memoria di quello che ci è successo, perché una volta tornati alla normalità il rischio è di dimenticarsi o di dare tutto nuovamente per scontato. Ecco perché siamo liberi di raccontare tutto e di condividere la nostra esperienza anche con degli sconosciuti: perché le nostre ferite sono diventate delle feritoie da cui altri possono vedere la luce».

Oggi Giovanni e Silvia sono felici. Perché la loro unità porta frutto, scioglie i nodi. E genera legami.