partenze

N.37 Gennaio 2023

MESTIERI

Partire e ripartire. È il racconto di un viaggio che non trovi sul web

Massimo spiega com'è nato e come cambia oggi (dopo lockdown e crisi economiche) il lavoro nell'agenzia di viaggi di famiglia, con la passione che gli ha trasmesso papà Tarcisio: accogliere, organizzare, condividere esperienze

Tra i ricordi esposti nella agenzia viaggi The Crown Jewels di Cremona, la foto di tarcisio, il fondatore, che rappresenta la passione per il viaggio e per il mestiere di condividerla che ha trasmesso al figlio Massimo

Nel 1995, alcuni amici, viaggiatori da tempo, per professione e per diletto, si incontrano a Cremona, inventano un marchio ed aprono più tardi, nella piccola bottega, (come amano chiamarla) di Galleria del Corso 8 a Cremona l’agenzia viaggi The Crown Jewels».

Tutto parte da lì: da un’idea, da una passione condivisa, dall’esigenza di sfamare la necessità di scoperta, dalla brama di novità e di ricerca.
Per partire serve una spinta e la partenza è, in un certo senso, la spinta stessa.
Muoversi. Spostarsi verso qualcosa di nuovo, di inaspettato, per poter sfamare quella voglia di continuare nella ricerca, di alimentare una fiamma che ha bisogno di restare accesa e consumare, ogni volta, un diverso e magnifico viaggio.
La Galleria del Corso è dove il primo passo è stato compiuto, è quel viaggio attraverso gli anni e la tradizione, a volte contraddistinto da piccole partenze, da piccoli spostamenti di civico in civico, altre volte da scelte importanti e da cambiamenti necessari, per poter tornare più forti ed essere pronti a ripartire.

Massimo è seduto davanti alla propria scrivania e ci racconta le sue partenze con l’entusiasmo sincero di un bambino che sogna ad occhi aperti e l’esperienza, maturata negli anni, di un uomo che oggi ha preso in mano con decisione il timone di questa storica nave.

«Poi mi dirai, quando torni,
se abbiamo avuto
la stessa impressione»

«Poi mi dirai quando torni, se abbiamo avuto la stessa impressione».
Lo diceva papà Tarcisio ad un figlio in partenza per il suo primo viaggio in Australia, verso quella terra lontana che fino a quel momento aveva vissuto unicamente nell’immaginario di un ragazzo, costruito sui racconti del padre.
Oggi questa frase riecheggia più che mai e acquisisce importanza e valore, in un passaggio di testimone che, nel dolore della perdita, ritrova valore in una tradizione tramandata attraverso un viaggio che si ripete e che affronta con passione l’ennesima emozionante partenza.

Allora ecco che parte High way to Hell degli Ac/Dc, all’alba di un venerdì mattina cremonese.
Destinazione Londra, ma giusto per entrare nel mood corretto, per rileggere attentamente l’itinerario e ripartire verso Singapore che, per questa volta, è solo un inevitabile intermezzo.
Ancora almeno otto ore per raggiungere un sogno, per tenere a braccetto l’emozione da una parte e l’adrenalina dall’altra.
Ancora almeno otto ore per raggiungere l’Opera House di Sydney, le Blue Mountains nel New South Wales, la Great Barrier Reef oltre le coste del Queensland e per poter danzare a piedi nudi sulla sabbia di Bondi beach o poter tenere in braccio un cucciolo di Koala.

Cantava bene la Dave Matthews Band:

Whatever tears at us,
whatever holds us down,
and if nothing can be done,
we’ll make the best of what’s around,
turns out not where but who you’re with,
that really matters”.

Correva l’anno 1994.
Come è cambiato il panorama delle partenze dalla metà anni ’90 in poi?
«Molto. E diverse volte». Risponde Massimo prontamente.

Racconta di un tempo nel quale ciò che contava era l’approccio diretto con l’agenzia, dove i viaggi erano accessibili a tutti, soprattutto a quelle che possiamo definire le fasce economiche “medio-basse”.
Fasce che solo dieci anni dopo vivranno il boom del viaggio low cost, per partenze più economiche e meno scandite. Partenze che costringono l’agenzia a rivedere il proprio target perché, per la mancanza di possibilità di competizione, quel target lo hanno perso.
A metà degli anni 2000 internet è un mostro in continua espansione, è una potenza che ammalia e che divora, che individua e raggiunge qualsiasi angolo del mondo con una semplicità disarmante.
Il tour operator comincia quindi a puntare al super-lusso, per garantirsi quella fascia alta che non ha bisogno di internet e che vuole mantenere il dialogo, il comfort e la sicurezza, durante il proprio viaggio. Insomma, se puoi… puoi, se non puoi… c’è il web.
Ma quelli sono anche gli anni dell’undici settembre e di una nuova partenza verso una società contraddistinta dalla paura e dove le assicurazioni sguazzano pancia all’aria, surfando con sfacciataggine sull’onda di terrore pronta a travolgere le persone.
Quel terrore prosegue e negli anni si trasforma, diventando qualcosa di nuovo e di inaspettato, fino a fermare la società, a rinchiuderla tra le mura di casa e arrivando ad impedirgli di poter partire.
E quando finalmente si riparte, tutto è raddoppiato, triplicato… Tutto è cambiato radicalmente.
Il carburante è alle stelle, così come il costo degli slot aeroportuali, che si unisce drasticamente alla mancanza di personale specifico e specializzato.
Mancano le guide turistiche, non si trovano più autisti di pullman ed è difficile reperire personale di sala.
I giovani d’oggi fanno fatica ad accettare di dover lavorare il sabato e la domenica, creando un vuoto indispensabile da colmare nel settore turistico.
Partenze e ripartenze assumono quindi anche un significato di salto generazionale, che ha visto il nuovo staccarsi dirompentemente dalla tradizione, senza che ci si rendesse conto della indispensabilità di entrambi.

Mi guardo intorno e osservo l’agenzia: qui il passaggio lo vedo. Proposte moderne e cambi di stile, si accostano a pezzi consumati negli anni e a foto che racchiudono cocci di una storia realmente vissuta. Si respira un legame affettivo che si è sviluppato nel confronto tra diversi punti di vista e che si è arrabattato tra gli imprevisti di partenze dove non tutto è filato esattamente come avrebbe dovuto.
Come, per esempio, per l’atterraggio d’emergenza degli aeroplanini interni in Namibia o per quella spiacevole notte in aeroporto a Toronto, ad attendere per ore delle valige delle quali si era persa traccia.
È tutto parte del partire.
Lo è anche quel rapporto cresciuto nella soddisfazione e nella meraviglia, per avvenimenti imprevisti, come l’invito inatteso alla corte del Re di Malesia o per i caratteristici incontri di persone speciali, che hanno reso i viaggi autentici e reali.
Così come quello stupore che ha ripreso a navigare nel silenzio della valle del Nilo, su di una feluca degna di un romanzo alla Agatha Christie e in un ritorno alla lentezza, all’unicità e all’ascolto dell’acqua che scorre, incessantemente, bagnando i piedi di vecchi pescatori locali.

E in mezzo a quella cornice di legno, Tarcisio alza le braccia al cielo, in piedi nel cassone di una vecchia Jeep, in un deserto sconfinato di passione. Il giorno prima di partire verso – come dice Massimo – «un viaggio che possiamo solo immaginare», ma che suo papà non può ancora raccontare.
C’è amore ed uno sguardo lontano, anche nella più dolorosa delle partenze.

C’è accoglienza, c’è organizzazione, c’è esperienza e ricerca delle migliori condizioni e di autenticità. C’è dialogo.
«Quel dialogo e quella trasparenza, quel contatto diretto che oggi, dopo lunghi e complicati anni, le persone stanno tornando a ricercare».
Perché il vero viaggio inizia sempre prima: quando iniziamo a sognare di partire.