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N.27 Gennaio 2022

RUBRICA

Tre minuti per dire tutto. Se Lucio Dalla sfida Beethoven

Se i grandi del passato non comunicano più i loro valori assoluti... ci pensa una canzone pop

Siamo in un’epoca che decisamente trova tempo da buttare: andiamo di corsa e, si sa, non c’è nulla come la fretta che fa sprecare il tempo. Così gli avvenimenti ci passano sopra, a volte, senza lasciare traccia, altre, ingigantendosi perché non ci si riflette poi sopra abbastanza e si segue l’onda emotiva collettiva, mai troppo razionale di suo, a dire il vero.

Se questo avviene per le piccole cose in cui siamo immersi tutti i giorni, figuriamoci per quelle cose o questioni che chiedono tempo e riflessione. Provate a chiedervi, passando al campo musicale, come si potrebbe arrivare a sintonizzarsi sul messaggio di L. van Beethoven nell’Inno alla Gioia, dove l’esistenza si manifesta nella sua interiorità, toccando le corde più profonde dell’anima, dove la disperazione, la rinuncia, la sofferenza, la fatica, vengono raccolte e spinte in alto, dove gli spiriti sono accomunati dal grande ideale della giustizia nella gioia dell’amore universale che vince sull’imperfezione e sulla limitatezza…impresa ardua. Meglio neppure tentare di spiegare a voce quello che spetta alla musica. Certo, ma è anche difficile che 50 minuti di musica riescano a farsi capire da chi ha i minuti contati.


(voce dalla radio in auto)
** Va bene io credo nell’amore l’amore che si muove dal cuore
Che ti esce dalle mani che cammina sotto i tuoi piedi
L’amore misterioso anche dei cani e degli altri fratelli
Animali delle piante che sembra che ti sorridono
anche quando ti chini per portarle via.


Eppure, c’è chi ci vuole convincere che solo la musica autorevole, quella che ha i crismi della complessità e la superiore conferma della storia, possa permetterci di addentrarci nelle zone dell’arte vera. Potrebbe portarci, ad esempio, a cogliere il senso del dolore di J. S. Bach, nella sua Matthäus Passion, dove la pietà è vista come una virtù reattiva, come un bisogno di preghiera che segue alla meraviglia per questo Dio dei naufraghi che non salva se stesso dalla Croce, ma chiede di essere salvato dal cuore stesso dei fedeli davanti ai quali si immola… mah…

..ma è anche difficile
che 50 minuti di musica
riescano a farsi capire
da chi ha i minuti contati

Anche qui le parole hanno quell’incaglio troppo complicato e per la musica bisogna aspettare i sei minuti della meravigliosa aria Erbarm dich, mein Gott (Abbi pietà di noi, o Dio), II Parte della Passione, all’aria n. 39, per afferrare la bellezza con cui Bach sa avvolgere l’idea di pietà.

** Ok ok lo so che capisci ma sono io che non capisco cosa dici
Troppo sangue qua e là sotto i cieli di lucide stelle
Nei silenzi dell’immensità
ma chissà se cambierà oh non so se in questo futuro nero buio
Forse c’è qualcosa che ci cambierà
Io credo che il dolore è il dolore che ci cambierà
Oh ma oh il dolore che ci cambierà
E dopo chi lo sa se ancora ci vedremo e dentro quale città
Brutta fredda buia stretta o brutta come questa
sotto un cielo senza pietà

Forse basta solo insistere un po’ e cercare nel meglio del meglio della classica quelle partiture che più hanno segnato la storia, che tracciano epoche e fanno balenare il sublime ai comuni mortali, quelle di cui i critici hanno compiuto esegesi titaniche.
Prendiamo la Sinfonia n. 2 Resurrezione di G. Mahler che «Risorgerai, certo, risorgerai, mio cuore, in un istante! Tutto ciò per cui hai combattuto, a Dio ti porterà!» fa cantare al coro maschile. Musica sublime, di quel musicista-poeta dell’utopia realizzata al di là della deludente realtà, di quell’arte musicale che non è l’oggettivazione della Volontà universale, ma semplice suggestione di una possibilità al di là del comune apparire che con il suo spazio-tempo suscita non rimanda… No no, è sempre complicato afferrare il senso di tutto ciò, e anche nella musica che dura un’ora e mezza.


** Ma io ti cercherò anche da così lontano ti telefonerò
In una sera buia sporca fredda
Brutta come questa
Forse ti chiamerò perché vedi
Io credo che l’amore è l’amore che ci salverà
Vedi io credo che l’amore è l’amore che ci salverà

Ma chi è che osa sfidare le altezze vertiginose di quei giganti e si permette di intrufolarsi in mezzo ai grandi della storia? Lucio Dalla? E affronta quegli argomenti senza neanche un minimo di strutturazione, così, parlando come ad un amico? Pensa che stiamo pure ad ascoltarlo e non abbiamo bisogno di critici impegnati a spiegare e rispiegare… E pure in tre minuti di musica?

Vuoi vedere che la musica di questo tempo ha le sue profondità, in tutto e per tutto simili a quelle del passato?

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I versi citati in questa pagina sono tratti da “Henna” che Dalla cantò due volte davanti a Papa Karol Wojtyla, durante il Concerto di Natale in Vaticano nel 1993 e a Bologna nel 1998, nella cornice dello storico concerto tenuto insieme a molti altri artisti (da Dylan a Celentano, da Petrucciani a Morandi), in occasione del Congresso Eucaristico Mondiale. “Henna” è una ballata pop dall’anomala costruzione delle strofe “a catena”, dove l’autore condensa in un lirismo tutto moderno la speranza di un futuro di pace.