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N.43 ottobre 2023

Valerio, maestro del panettone: l’errore più buono del mondo

La leggenda vuole che il dolce "re del Natale" sia nato da uno sbaglio alla corte di Ludovico il Moro. Lo sa bene Valerio Santi, pasticcere di Pizzighettone finalista della Coppa del mondo del panettone, che nel suo forno cerca l'alchimia perfetta per ritrovare l'antico sapore

Che i signori di Milano del 1400 e 1500 amassero l’arte è noto, visto le bellezze che conserva il castello sforzesco e la città. Che si attorniassero di personaggi geniali è altrettanto noto: tutti ricordano Leonardo da Vinci. Ma che amassero anche l’arte culinaria forse non è così risaputo. Eppure sapevano che anche questa è un’arte tra le più antiche ed apprezzate. Ludovico il Moro chiedeva ai suoi cuochi di allestire banchetti eleganti e ricchi di prelibatezze ma mai si sarebbe aspettato di far nascere a corte il Panettone, il dolce milanese per eccellenza, il piatto che chiude le feste di Natale in tutta Italia dal 1495. E questo grazie ad uno sbaglio, uno di quelli creativi che da un disastro generano bellezza e, in questo caso, anche bontà.

Tra mito, storia e leggenda si narra infatti che essendosi il cuoco addormentato, il dolce si era cotto troppo nel forno e il risultato fosse impresentabile. Per fortuna un servo, un tale di nome Toni, aveva con sé il dolce preparato a casa con alcuni elementi trovati nella sua dispensa: burro, lievito, farina, uvetta e canditi. Si dovette procedere a servire in tavola quello perché diversamente il cuoco avrebbe rischiato la testa, cosa non rara a quei tempi. Fu un successo! L’errore generò il “Pan di Toni”, un dolce lievitato diventato tanto celebre per la sua piacevolezza da varcare i secoli trasformandosi nel più noto “panettone”.

Una storia che conosce bene il cremonese Valerio Santi, 39 anni, pasticcere da 20, che di panettoni (soprattutto di questi tempi) ne sforna parecchi nel suo forno a Pizzighettone. Ma non sono panettoni qualunque, assomigliano a quello della corte di Ludovico il Moro così tanto da essere arrivati in finale alla Coppa del Mondo del Panettone edizione 2021.

«Dopo la cottura lo si capovolge
per il raffreddamento.
Per non perdere la forma
deve restare a testa in giù»

«Dagli sbagli – spiega il pasticcere – nascono idee e dolci nuovi anche se la nostra arte solitamente si basa sulla precisione, quasi matematica». Il dolce natalizio non è l’unico errore ben riuscito: «Anche lo zabaione nasce da uno sbaglio e così pure la ganache, una morbida crema di origine francese», aggiunge Santi.

Ma il Panettone ha un fascino per lui così speciale da averci dedicato studio e tempo. «Ho imparato a sfornare questo dolce dai miei genitori, dalla pasticceria di famiglia. Volevo produrlo al meglio partendo dal lievito madre fresco. Sono partito dal prendermi cura del lievito come di un neonato. Ci vuole tempo». Quel tempo così prezioso per la riuscita di un panettone. «Sono necessari tre o quattro giorni per ottenerlo. Si parte con un ciclo di maturazione che richiede 8/10 ore poi si procede con un impasto serale, il primo, che va ripreso a distanza di 12 ore. Segue un secondo impasto che poi va suddiviso in pezzature, posto nei pirottini, dove riposa di nuovo 6 o 7 ore. Quindi si cuoce e di seguito lo si capovolge per il raffreddamento. Ha infatti una struttura con una tenuta al limite perché è ricco di grassi e per non perdere la forma deve restare a testa in giù».

Produrre questo dolce richiede pazienza, l’errore per generare deve avere tempo. «Alla Coppa del mondo sono arrivato in finale a Lugano. Eravamo in sei provenienti da tutto il mondo, ma il panettone doveva essere già stato prodotto perché non lo si può gustare appena sfornato. Deve passare una settimana o almeno 72 ore». Dalle sue parole traspare l’emozione.

La produzione di questo dolce è una storia di attesa e cura. «È stata una grande opportunità di confronto con i miei colleghi da cui ho compreso quanto ci si può sempre migliorare».

La perfezione è un miraggio ma «la nostra pasticceria punta sempre all’eccellenza in tutti i prodotti». Anche la sua Torta Venere nera ha vinto un concorso italiano nel 2010 a Massa Carrara. Il segreto? «La cura per i dettagli» nel rispetto della tradizione, quella nella quale Valerio è cresciuto. «Sento ancora il profumo di quando ero bambino della pasta dei bignè ancora da cuocere o quello della frolla appena cotta o dei pasticcini al Ruhm».

E i sapori antichi? «La torta di mia nonna era ineguagliabile. Nel periodo del covid ho tentato di riprodurla. Ci sono andato vicino, ma raggiungerla è stato impossibile». Quasi come vincere la Coppa del mondo del panettone.