scuola
N.13 Settembre 2020
Storie a colori
per affrontare la paura
Dentro le pieghe psicologiche e affettive del rientro per provare a recuperare quello che i ragazzi hanno perso e valorizzare quello che abbiamo imparato
Settembre: il periodo dei cambiamenti, dei buoni propositi, del profumo dei libri nuovi, dei diari intonsi e delle copertine pulite.
È solitamente il periodo degli abbracci all’ingresso delle scuole, degli amici ritrovati e dei genitori in macchina, che osservano i propri figli salire quelle scale misurando i centimetri di crescita e la distanza che li separa.
È spesso il testimone di lacrime trattenute o di pianti acuti che, tra le mura di casa e le aule di scuola, raccontano la difficoltà di separarsi e di crescere.
Ai bambini e ai ragazzi, la conclusione dell’anno scolastico passato ha sottratto la possibilità di salutare i propri compagni di classe e i propri insegnanti, ascoltare il suono dell’ultima campanella e la vivacità dei corridoi all’uscita, impedendo così lo scandire del tempo con la conclusione di una stagione e l’inizio di un’altra.
Nonostante il prodigarsi dei docenti nel tentativo di trasformare la scuola attraverso l’utilizzo di nuovi strumenti, affinando le proprie risorse per contrastare i limiti imposti dalla pandemia, ai bambini, ai ragazzi e anche agli adulti sono mancati alcuni rituali capaci di concludere alcune esperienze sigillandole in modo simbolico: la chiusura dei cancelli, le cene tra compagni in pizzeria, l’appuntamento fisso al luna park dove misurarsi ogni anno con la giostra capace di far provare il brivido, la serata di fine giugno sotto i fuochi d’artificio…
Ed ora che l’estate si è srotolata riportandoci ad un’idea di “normalità”, ecco ripresentarsi le preoccupazioni di inizio anno: un settembre diverso, ancora anomalo ed incerto che si colloca a metà tra gli esordi e i bilanci, tra la fine e l’inizio.
In questa metà, al centro della storia, si radicherà il bisogno di trasformare le emozioni vissute a distanza e di ricucire il passato al presente, ritrovando il mondo e le sue relazioni interrotte.
I piccoli avranno bisogno di raccontare le loro storie, elaborare la paura che ha allagato la mente dei genitori e la loro, l’angoscia della morte, la distanza sociale e l’isolamento forzato.
Ai bambini servirà un tempo per riprendere la narrazione della vita con il gioco e la fantasia e, con la forza dell’immaginazione, inventare un futuro nuovo.
Anche i ragazzi avranno la necessità di riannodare i fili dei rapporti interrotti, rimettere insieme storie e corpi, relazioni e presenze reali. A loro è mancata la presenza di contatti fisici, pacche sulle spalle e abbracci, le chiacchiere durante gli intervalli, la prima gita all’estero in aereo e la festa d’istituto, il count down degli ultimi giorni appeso in classe e spuntato regolarmente fino al “ -1”.
Qualcuno di loro si è dimostrato “diverso” agli occhi degli adulti, attraverso le varie piattaforme online usate durante la didattica a distanza: chi era considerato timido è uscito allo scoperto, chi veniva reputato introverso ha raccontato delle proprie vicende familiari durante la malattia, lo studente più distaccato si è dimostrato accogliente facendosi conoscere nelle varie stanze di casa attraverso gli occhi della telecamera.
Gli adulti si sono così trovati a rivisitare la personalità dei loro alunni, aggiungendo spesso nuovi elementi dapprima sconosciuti, che la pandemia ha portato a galla perché possano essere integrati con le parti di sé più manifeste ed evidenti, rendendo più complesso il quadro della loro personalità in costruzione.
In questo anno di isolamento, la crescita per bambini ed adolescenti è risultata silenziosa tra le pareti di casa: poco condivisa con altri adulti di rifermento come i maestri capaci di rispecchiare nuove conquiste ed abilità, ed ancorata a quel nido che i ragazzi avrebbero voluto salutare più volte per recarsi in palestra, in piazza, ai giardini e al campetto con gli amici e che li ha visti invece permanere responsabilmente dentro, in una dimensione dal sapore ancora infantile, aggrappati alle proprie sicurezze domestiche e familiari.
Se nel “consueto” settembre i vissuti emotivi sono sempre enfatizzati dall’ansia dell’attesa, dall’entusiasmo e dalla paura per il cambiamento della classe o della scuola, probabilmente in questo settembre “anomalo” conseguente la pandemia potrebbero acutizzarsi la nostalgia di casa e la paura di non essere al sicuro là fuori.
Riprogettare lo spazio fisico e quello mentale di settembre, richiederà lo sforzo di lavorare gradualmente con queste paure, fornendo giorno dopo giorno rassicurazioni, intese e complicità relazionali che arricchiscano il bagaglio dei legami fuori dalla casa alimentando la sicurezza e la speranza, tra distanze fisiche, centimetri di separatezza e spazi vuoti colmabili attraverso le parole.
A settembre spetterà il compito di narrare l’accaduto considerando i fatti e la loro portata emotiva, ricucire ciò che è andato perso e storto, recuperare quello che è mancato alla storia di quella classe e di quella tappa evolutiva.
Spetterà il compito di accogliere tra nuove braccia i nuovi legami da costruire o consolidare, traghettando le storie di ciascuno da dentro a fuori, dalla casa alla scuola, dal nido al volo.
E poi progettare di nuovo, riguardare la storia con tanti occhi per immaginare un futuro ricco e complesso, virtuale e corporeo, personale e collettivo, tenendo insieme la dialettica tra opposti che ha caratterizzato il periodo della pandemia ed i sentimenti contrastanti da tutti sperimentati, in una possibile armonia.