sensi

N.46 Gennaio 2024

gusto

Cinquanta sfumature di… vino. Degustazione al buio con l’associazione sommelier

Una serata con il miglior sommelier di Lombardia per sfidare i sensi in una degustazione speciale

«La vista non ci serve».

Con un gesto elegante, il sommelier posa sul tavolo un calice di cristallo nero. Di fronte a lui, una distesa di bicchieri dello stesso colore attende paziente gli avventori, che poco a poco prendono posto nella sala del ristorante Nuovo Maosi, alle porte di Crema. Ognuno trova di fronte a sé cinque bicchieri, uno per qualità di vino. Tutte sconosciute. Per indovinarle, i degustatori dovranno affidarsi esclusivamente al palato.

Artur Vaso, ospite d’eccezione – è migliore sommelier della Lombardia nel 2017 – introduce al tema della serata: “E se l’occhio non avesse la sua parte?”. Questo il titolo della conviviale organizzata dall’Associazione Italiana Sommelier Cremona-Lodi, che sfida esperti e amatori ad una degustazione “al buio”.

A dire il vero le luci sono accese, ma il mistero è custodito nel vetro scuro, che lascia all’olfatto e al gusto il compito di azzeccare l’identità misteriosa, svelandone caratteristiche e qualità.

«Bianco o rosso?»

La domanda è banale solo in apparenza.

C’è chi prova a catturare una goccia, chi tenta d’interpretare i riflessi liquidi della superficie per cogliere la tonalità proibita.

«Non cercate il colore – suggerisce Vaso – non ci interessa». Con la punta del naso sfiora il bordo del bicchiere, seguito da un’onda lenta di calici alzati.

«Quando si studia un vino, il trenta per cento della valutazione si può fare a colpo d’occhio», spiega  Maurizio Milani, delegato AIS Cremona-Lodi. «Basta una sfumatura per farsi un’idea della qualità e del processo d’invecchiamento, ma cosa accade se non possiamo affidarci alla vista?».

Non resta che assaggiare, giocare con i profumi, carpirne le speziature, che via via prendono forma e colore. Ci sono vini tondi come una pesca, croccanti come una manciata di ciliegie, ruvidi come scorza.

«Inizialmente capita di demoralizzarsi – prosegue Maurizio – non è semplice riconoscere i sentori. Serve tempo e memoria olfattiva, la più antica, quella che ci accomuna agli animali. Oggi è stata quasi interamente soppiantata dalla vista, mentre il gusto è scivolato in secondo piano».

Al secondo giro entra in gioco il palato, che in un sorso definisce struttura e lunghezza, alimentando le prime ipotesi su origini e maturazione. Che sia in legno o metallo, con un po’ di attenzione si può indovinare il recipiente che ha gelosamente conservato lo spirito d’uva, per il tempo necessario a trasformarlo in un’etichetta raffinata.

«Questo sa di Big Babol», azzarda qualcuno, gustando un sorso di novello.

«La fantasia conta parecchio – conferma Maurizio ridendo –. Sicuramente per descrivere l’aroma di un vino ci vuole una buona dose d’ispirazione, ma non si tratta di suggestioni vuote. Ognuno possiede un’enciclopedia mnemonica, in cui colleziona gli odori e i profumi sentiti nel corso della propria vita. A volte basta scavare tra i ricordi per riconoscere ciò che stiamo gustando. Ci sono vini che profumano di “brace di stufa”, altri ricordano il “cassetto di comò”, ci parlano di terra, di fragola, di marmellata…».

Ai tavoli, un brusio animato fermenta tra un sorso e l’altro, mentre gli aspiranti sommelier cercano di fare ordine tra i sensi. Gli assaggi si sommano, gli aromi si mescolano, scompigliando le poche certezze scribacchiate a penna sulla tovaglietta di carta.

Diagnosi azzeccata? Non importa. Ciò che conta è l’esperienza, meglio ancora se condivisa.

«Il vino è un piacere – ricorda Maurizio – è un modo per ritrovarsi attorno a un tavolo, riscoprire l’unione dei sensi, la gioia di stare insieme, la curiosità. Certo, bisogna trattarlo in modo ragionevole, cercando di essere sempre consapevoli di cosa e quanto si beve».

Un tintinnio di calici segna la fine della serata, mentre il sommelier allinea sul tavolo le cinque etichette misteriose. Due rossi, un bianco, due rosé. Per questa sera, la cabala dei sapori non riscuote vincitori né nasi assoluti, ma lascia sul volto la curva di un sorriso e un mare di sensazioni da far decantare, fino al prossimo brindisi.