velocità

N.49 aprile 2024

campioni

Con lo skate giù dalla collina, fino al tetto del mondo

Due chicchiere con Stefano Barbizzi, primo e finora unico italiano campione del mondo di downhill, disciplina dello skateboard che consiste nello scendere, alla maggiore velocità possibile, da una discesa lunga qualche chilometro

La narrazione della storia di Stefano Barbizzi prende avvio da una sua frase, tanto semplice quanto incontrovertibile: «Ogni bambino ha, nel garage, uno skateboard». Se poi quel pre-adolescente vede tutti i pomeriggi il fratello maggiore uscire per fare evoluzioni sulla tavola, il gioco è fatto. Non c’è nemmeno bisogno di aggiungere che lo zio è anch’esso un grande appassionato per comprendere come mai Stefano, dall’adolescenza ad oggi, non abbia «mai tirato giù i piedi dallo skate». E di strada, su quelle quattro piccole ruote, ne ha fatta parecchia, tanto da diventare il primo (e per ora unico) italiano a conquistare un titolo mondiale.

Riavvolgiamo il nastro della storia e osserviamo il gruppo di adolescenti che trascorre tutti i pomeriggi della settimana tra strutture di cemento appositamente create (skatepark) e piazzette di periferia. «Nel gennaio 2012 – ricorda con precisione Stefano – ci spostiamo da Limbiate per andare sulla montagnetta di San Siro, dove si ritrovano gli appassionati di downhill».

Si tratta di una delle tante declinazioni dello skateboard: consiste nello scendere, alla maggiore velocità possibile, da una discesa lunga qualche chilometro. «È una disciplina nata negli anni Sessanta – spiega Barbizzi – in pratica, dalla prima volta in cui sono state posizionate delle ruote sotto una tavola, ci si è lanciati da una discesa».

Quel giorno del gennaio 2012 Stefano si fa prestare uno skateboard, perché quello che usa tutti i giorni è per lo street skate (evoluzioni in strada), e si butta a capofitto lungo il pendio. «Forse perché, andando tutti i giorni con i miei amici, ero già pratico delle quattro ruote, ma subito da quella primissima esperienza mi sono trovato completamente a mio agio. E mi sono anche divertito moltissimo!».

Al termine di quella discesa è nata, e poi cresciuta, una passione talmente profonda da diventare una vera e propria “malattia”. Un fuoco così intenso da non spegnersi nemmeno quando, nel 2017, scendendo a 80km/h da una collina, Stefano si scontra con un paletto. Due ginocchia rotte, più di un anno per rimettere i piedi sulla tavola, sono «il prezzo da pagare per non aver usato il cervello», racconta con ritrovata serenità. «Oggi ho imparato ad allenarmi in totale sicurezza: quando scendo ho sempre un’auto di supporto in collegamento via radio che mi aggiorna sulla situazione del traffico e, soprattutto, affronto le sfide con gradualità e maggiore consapevolezza».

Dopo le prime discese, Stefano inizia a frequentare con regolarità gli eventi di downhill. Sono una via di mezzo tra un ritrovo di amici e una competizione sportiva: si scende in totale sicurezza su una strada chiusa al traffico, si ritorna in cima della collina con un furgone e, alla sera, si festeggia insieme.

Arrivano anche le gare e la conferma di avere i numeri per togliersi delle soddisfazioni. «Oltre ad avere confidenza con la tavola da molti anni – ci spiega Stefano – andavo bene perché cercavo sempre la perfezione e, anche se non raggiungevo il risultato sperato, non mi davo per vinto; potevo arrivare dietro ma, nella mia testa, rimanevo positivo e desideroso di mettermi alla prova ancora una volta».

La modestia di Barbizzi nel raccontarsi va di pari passo con la tranquillità con cui snocciola i propri risultati, fino a giungere a raccontare l’evento che lo ha reso popolare anche al di fuori del proprio settore. «Dopo l’incidente del 2017 vado in gara senza crearmi aspettative, rimango umile e metto tutte le energie nella preparazione meticolosa della competizione, dall’aspetto tecnico a quello fisico e mentale». Ma quando, ai Downhill Skateboarding World Championship di Tagaytay (Filippine), si piazza terzo nelle qualificazioni, Stefano comprende che il trofeo più importante èalla portata. «Essendo scaramantico non mi sono montato la testa – ricorda senza troppa enfasi – e, una volta passata la semifinale, mi sono presentato sereno sulla linea di partenza dell’ultima delle cinque gare. Sono sceso al massimo della concentrazione tanto che, una volta che ho tagliato il traguardo, non ho nemmeno esultato. Mi sono reso conto gradualmente di quello che avevo fatto: prima quando ho visto un compagno di squadra corrermi incontro in lacrime e, subito dopo, quando è arrivata ad abbracciarmi mia moglie».

Il prossimo appuntamento sarà particolarmente significativo perché organizzato in Italia dalla più importante federazione mondiale di sport rotellistici. Si tratta dei World Skate Games che si terranno in Abruzzo a settembre: oltre 12 mila atleti si contenderanno 156 titoli mondiali.

Parafrasando Marinetti potremmo dire che nel nostro immaginario «la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità […] uno skateboard nero che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia».