velocità

N.49 aprile 2024

idee

Consegne in città, la cargo bike non è solo una favola

Milo Cargnelli progetta biciclette da carico e reinterpreta – calcoli alla mano – il racconto della lepre (in furgone) e della tartaruga (in sella) in come una gara di efficienza e sostenibilità

I due si incrociano alla periferia di Cremona. C’è della ruggine tra loro, questioni che risalgono al V secolo a.C.. Lisciandosi il morbido pelo che ricopre le orecchie affusolate, la lepre, ancora una volta, lancia la sfida: “Dai, facciamo una gara. Vediamo chi finisce per primo la distribuzione dei pacchi”.

Mentre la tartaruga sta per rispondere, l’avversario balza sul furgone delle consegne e, sgommando, sparisce in una nuvola di polvere. Il rettile corazzato, con un mezzo sorriso, si avvicina alla propria cargo bike elettrica. Monta in sella, spinge con decisione sui pedali e, silenziosamente, si avvia verso il centro della città.

A fare la radiocronaca di questa singolare competizione, dietro occhiali da ingegnere e un ciuffo ribelle, c’è Milo Cargnelli. Difficile sintetizzare le imprese che, nonostante la giovane età, ha ideato e sviluppato. Cercando una sintesi, possiamo affermare che si tratta di un amante, un collezionista e un progettista di bici da carico. In questo periodo della sua intensa vita professionale, si sta occupando di sviluppare il settore della ciclologistica.

Il nostro “cronista” inizia a spiegarci come, a livello energetico, e quindi dei consumi, sia più vantaggiosa la scelta della cargo bike rispetto a quella del furgone.

«Nei centri cittadini,
con una cargo bike con capacità di carico
di due metri cubi e di 250 kg,
si riesce a sostituire un furgone
in un rapporto di 1:1 per quanto riguarda
i volumi movimentati».

«Partiamo dall’analisi dei mezzi impiegati dai protagonisti della sfida. La lepre è su un furgone, parte della famiglia dell’automotive, cioè il settore che progetta, costruisce e vende veicoli motorizzati. Le automobili sono tarate per viaggiare, in media, sui 180 km/h: una velocità futile perché sovradimensionata rispetto alle norme di circolazione», incalza Milo. «Analizzando le pubblicità delle automobili, si nota che la tendenza è a renderle sempre più performative, quindi più grandi, più potenti, più veloci. In pratica, più inutili e dannose», conclude con un sospiro.

E la tartaruga? «La sua cargo fa parte della famiglia delle pedelec, cioè pedal electric cycle o biciclette a pedalata assistita. Nel nostro caso, si sta muovendo su mezzo appositamente progettato per caricare dei pacchi. La normativa europea impone ai pedelec, al contrario che per il settore automotive che non ha limiti, un massimo di velocità di 25 km/h e una potenza di 250 watt. Questi valori ci forniscono la preziosa opportunità di progettare mezzi che effettuano spostamenti in maniera ultra efficiente dal punto di vista energetico».

Osserviamo ora i contendenti dirigersi verso il cuore di Cremona. «Il centro delle nostre città, per conformazione storica e urbanistica, e per i limiti imposti dalle Ztl, consente solitamente spostamenti a velocità ridotta. La prospettiva, a livello normativo e di civiltà, è di ridurre i limiti fino ad imporre di non superare i 30 km/h». Un dato che si sposa perfettamente con la velocità massima che può raggiungere la cargo bike della tartaruga.

Milo spiega che, proprio in questo momento, stiamo entrando nella fase cruciale della competizione: il celebre “ultimo miglio”. Si tratta di una locuzione usata nella logistica per riferirsi allo spostamento delle merci da un Hub alla destinazione finale, in genere l’indirizzo di casa del cliente.

La lepre arriva in centro a Cremona e si lancia affannosamente alla ricerca di un parcheggio. Si innervosisce, spreca tempo prezioso e rischia di perdere la sfida. Come se non bastasse, alcune strade sono chiuse per lavori di manutenzione, il traffico è molto congestionato. «E per fortuna non piove…», pensa tra sé e sé.

Dopo diversi tentativi, la lepre rinuncia a trovare un parcheggio. Maledicendo il capo che aveva lodato le dimensioni ridotte del nuovo furgone, lascia il mezzo, con le quattro frecce lampeggianti, in doppia fila.

Mentre apre il portellone, nota, dal fondo della strada, sopraggiungere la tartaruga. Quest’ultima, nonostante la distanza che li separa, non può che constatare come il furgone della lepre, come tutti quelli adibiti alle consegne cittadine, abbiano, al proprio interno, un numero di pacchi molto inferiore rispetto al volume di carico complessivo che possono trasportare. La tartaruga non riesce a contare con precisione i cartoni, ma non sembrano di numero superiore rispetto a quelli stipati sulla sua cargo bike.

«Tutte le navette che fanno i centri storici trasportano tra il 30 ed il 35% della loro capacità di carico perché, in media, c’è un furgone ogni 40.000 abitanti; il corriere, anche fosse una lepre, non riuscirebbe a realizzare più di 100 consegne e 30 ritiri al giorno. Il discorso è diverso per le zone di tipo commerciale ed industriale dove si possono avere venti stop ed il furgone è completamente pieno. Nei centri cittadini, con una cargo bike con una capacità di carico di due metri cubi e di 250 kg, si riesce a sostituire un furgone in un rapporto di 1:1. Questo per quanto riguarda i volumi movimentati».

La lepre ripone, a seconda delle dimensioni, tra i due e i cinque pacchi sul carrello a lama che le servirà per arrivare dal parcheggio fino al cliente. «La distanza media, tra una consegna e l’altra, è di circa 70 metri. La velocità di un pedone è 6 km/h, quella di una bicicletta 18 km/h: tre volte più rapido. Risulta evidente come la distribuzione con cargo bike abbia un’efficienza maggiore del 40% rispetto al furgone», argomenta Milo con scientifico puntiglio.

La lepre inizia a comprendere come il celebre “paradosso di Achille e della tartaruga” raccontato da Zenone, nonostante la letteratura scientifica abbia dimostrato il contrario, abbia un fondamento di verità.

Il cronista, dando uno sguardo ai due contendenti che si stringono sportivamente la zampa, spiega: «Nel promuovere la ciclologistica non mi baso su ideologie retrograde o su scelte romantiche, ma su calcoli matematici: la distribuzione con cargo bike conviene dal punto di vista energetico e gestionale, l’abbiamo dimostrato».

Non sono questi gli unici vantaggi, ce ne sono anche altri, come la riduzione dell’inquinamento, un tema che non si risolve con i veicoli elettrici, considerato che l’80% del danno all’ambiente e all’uomo deriva dal particolato proveniente dal consumo di freni e pneumatici. «Potrei aggiungere che l’ingombro del modello automotive sta aumentando all’interno di scenari urbani sempre più autocentrici e quindi sempre meno adatti all’uomo, mentre la bicicletta ha dimensioni estremamente ridotte», conclude Milo.

Con il progetto “Cibi In Bici
è prevista a Cremona la sperimentazione
delle consegne a domicilio
della spesa di frutta e verdura
tramite delivery sociale in cargo bike

Abbiamo avuto l’occasione di incontrare l’appassionato progettista di cargo bike alla serata sulla ciclologistica organizzata, nell’ambito di Cibi In Bici, presso la ciclofficina La Gare. Tra le azioni del progetto, promosso da Cosper, No Spreco, Associazione Economia e Sostenibilità e Filiera Corta Solidale, è prevista la sperimentazione delle consegne a domicilio della spesa di frutta e verdura tramite delivery sociale in cargo bike. «Nei prossimi mesi, grazie anche alla consulenza di Cargnelli – illustra Enrico Platè – faremo diverse prove per capire quali sono i percorsi migliori, i tempi necessari e i mezzi più adatti per poter attivare un efficiente servizio di consegna a domicilio».

«Non mi illudo di salvare il mondo – conclude Milo – si tratta semplicemente di un esercizio di riduzione del danno dal punto di vista energetico e dell’ inquinamento. La vera questione, secondo me – aggiunge prima di salutarci – è che l’80% degli oggetti trasportati sono inutili, ma questo è un altro discorso».

Forse sarà questa la prossima sfida da affrontare anche perché, come hanno dimostrato recenti studi, comprare meno rende più felici. Un consumo eccessivo, per esempio di cibo e vestiti, non solo è uno dei principali fattori che contribuisce al cambiamento climatico globale, ma influenza negativamente anche il nostro benessere.