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N.38 Febbraio 2023

PERCORSI

La magia del circo è nella bellezza di un gesto

Marco Ghezzi dopo le medie si è trasferito a Verona per studiare all'Accademia del Circo. «Ho imparato che non bisogna portare sul palco solo ciò che è difficile ma, prima di tutto, devi mostrare la bellezza del gesto, racchiusa anche nell'esercizio più semplice»

«Ma porta i leoni?» domanda, tra l’ironico e il preoccupato, il tecnico video. «Non dovrebbe, gli ho spiegato che lo spazio è piccolo» rispondo dando una rapida occhiata allo studio. Nessuno in redazione si aspetta un elefante sormontato da un baldacchino ma, nell’aria, si respira la curiosità di poter osservare da vicino un artista circense.
L’arrivo di un bel ragazzo biondo, vestito come tanti coetanei e con un borsone da palestra a tracolla, lascia tutti un po’ sorpresi (forse anche un pizzico delusi…). Nutriamo tutti dei dubbi riguardo alla veridicità del proverbio “l’abito non fa il monaco”, tuttavia ci saremmo aspettati una giacca tempestata di paillette o almeno una maglietta a righe… Nulla di tutto ciò.
Ma, quando Marco estrae dal borsone gli attrezzi del mestiere, ecco sprigionarsi la magia tanto attesa: in un attimo lo spazio dello studio è attraversato da oggetti volanti.

Tracciano nell’aria geometrie perfette e imprevedibili, aumentano e diminuiscono di numero e forma, passano sotto le gambe e dietro la schiena del giocoliere o rimangono immobili, in equilibrio instabile, sulla sua fronte.
Un viso imperturbabile, anche nel momento in cui un oggetto sfugge alla presa, rotolando lontano; come un abile domatore che fa schioccare la frusta e atterrisce le belve, Marco non si scompone e riprende in mano la situazione; con una piroetta, afferra la pallina ribelle e la rilancia: the show must go on.

Approfittiamo di una pausa per conoscere meglio la storia di questo ragazzo, nella segreta convinzione che abbia stipulato misteriosi accordi con la forza di gravità.
«È iniziato tutto un Natale di molti anni fa – ci racconta Ghezzi – con un regalo trovato sotto l’albero: il mio primo diablo». Il bambino biondo che con curiosità si rigirava tra le mani quell’oggetto misterioso, non poteva immaginare quanto sarebbe diventato importante nella sua vita. Dopo aver imparato i primi trucchi, Marco inizia a esplorare i tutorial su internet alla ricerca di evoluzioni sempre più difficili. Parallelamente, nella camera del ragazzino undicenne, iniziano ad accumularsi altri oggetti da giocoleria come clave, devil stick, palline e cerchi.
«Quando ho chiesto ai miei genitori, finite le medie, di poter continuare ad allenarmi iscrivendomi all’Accademia di Arte Circense di Verona, mia mamma ha accettato, ma ad una condizione: se fossi andato male nelle materie di studio, sarei subito tornato a Cremona».

A Verona la giornata dell’apprendista giocoliere prevede, la mattina, la frequentazione del Liceo Scientifico ad indirizzo sportivo e, al pomeriggio, dopo un paio di ore dedicate allo studio, l’allenamento nelle discipline circensi. «Io, tra i miei compagni di corso, ero l’unico proveniente da una famiglia esterna al mondo del circo; nonostante ciò, in poche settimane ho fatto amicizia e non mi sono mai sentito escluso».
Marco, alla metà del suo percorso formativo, inizia a riflettere sul proprio futuro, chiedendosi cosa farà una volta terminata l’Accademia. Si confronta con i propri compagni di scuola, iniziando a osservare il circo da nuove prospettive. «Ero andato a Verona solo per migliorare la giocoleria dal punto di vista tecnico, non pensavo assolutamente alla messa in scena di un numero circense», ci spiega. «Poi, osservando i miei colleghi, ho preso consapevolezza di quanto potesse essere espressivo uno spettacolo. Grazie a loro ho compreso che non bisogna portare sul palco solo ciò che è tecnicamente difficile ma, prima di tutto, devi mostrare la bellezza del gesto, racchiusa anche nel più semplice degli esercizi».

Un disvelamento che si è completato quando Marco ha affrontato due nemici più insidiosi della forza di gravità: la timidezza di esibirsi davanti ad un pubblico e la paura, presente in ogni giocoliere, di mancare la presa.
Completata l’Accademia e pronto, dal punto di vista tecnico ed artistico, a esordire sotto un vero chapitò, Ghezzi inizia a lavorare in Svizzera. «Si trattava di un dinner show molto elegante in cui il pubblico assisteva allo spettacolo mentre cenava. Un’esperienza coinvolgente e impegnativa perché, oltre ad esibirmi, dovevo anche servire ai tavoli come cameriere e aiutare, dietro le quinte, i miei colleghi».
Cosa ti ha lasciato questa esperienza? «Dovendo portare in scena tutti i giorni il mio numero, ho iniziato a viverlo in maniera più consapevole. Non la definirei abitudine perché il pubblico cambia ogni sera. Diciamo che, ogni volta che salivo sul palco, mi sentivo sempre più sicuro e riuscivo a godermi pienamente la magia del momento!».
Il Covid ha posto un brusco stop alla carriera di Marco che, però, non si è perso d’animo. Ha iniziato a studiare Scienze Motorie, inoltre si sta preparando per diventare maestro di sci e, presso la Gymnica di Cremona, insegna acrobatica. «Nella vita bisogna sempre avere un piano B e forse anche uno C» afferma sistemando gli oggetti nel borsone da palestra.
Quando termina di riporre tutto, c’è ancora dello spazio per infilare qualche vestito, lo spazzolino da denti e una giacca di paillette. Sotto il grande tendone a spicchi colorati, il circo racchiude una grande famiglia composta da domatori, clown, trapezisti, giocolieri, acrobati… e Marco non vede l’ora di tornare “a casa”.