domani

N.07 Gennaio 2020

UNA NOTTE AL FORNO

L’arte del pane dà forma al domani

L'immagine, l'impasto, il forno... dalle tre fino all'alba al lavoro con Fabrizio e il team de "El Furnéer"

Il domani ha il profumo dolciastro del lievito e il tepore di una bocca di forno spalancata. Il domani brilla di una luce giallastra nel buio e crepita come le rosette appena rovesciate nella cesta.
Il domani ha una sentinella, Fabrizio, sacerdote nella notte che accoglie il giorno dal suo tempio imbiancato e saluta l’alba con pizze e brioche, tartarughe e ciabatte, francesini e navicelle…
«Tra l’oggi e il domani corre una linea sottile», racconta. Come un impasto ben tirato.
Il suo lavoro nel retrobottega de “El Furnéer” di Vescovato inizia alle tre, quando tutti dormono. «A volte alle nove della sera prima, per poi fare una breve pausa e riprendere all’una se c’è da fare il pane doppio, come al sabato. O triplo, come a Natale. Alle sette del mattino partono le consegne e il negozio deve essere rifornito. L’ultima infornata alle 8.30 con il pane di Altamura».
Nel sacchetto di carta, insieme ai panini che ordinate ogni mattina additandoli, scivola anche una nottata di duro impegno.
Fare il pane è arte, è far nascere la forma dall’informe. «Tu vedi un blocco, pensa all’immagine: l’immagine è dentro, basta soltanto spogliarla» diceva Michelangelo. Il blocco di Fabrizio è una massa d’acqua, farina e lievito che viene impastata la mattina precedente e lasciata lievitare per quasi un giorno, in cella, a temperatura e umidità controllate. Una volta era il clima a dettare i tempi di lievitazione: per fare il pane si scrutava il cielo come antichi Auguri. Durante la notte la “biga” (lo stesso nome del cocchio dei Romani trainato da cavalli) viene rimpastata e lasciata riposare, rimpastata e lasciata riposare finché non è pronta. Macchine, come scalpelli, la spezzano in base al peso e liberano la forma.
Fabrizio insieme ad Alessandro (con cui divide le fatiche del forno, mentre al sabato si aggiunge anche Laura) danza sul velo di farina steso sul pavimento e rifinisce le sculture. Le navicelle si arricciano come la chioma del David, lo stampo delle rosette si imprime delicato come il bacio di Amore e Psiche, i francesini hanno la serena compostezza di una Venere di Milo. Piovono olive sulle focacce, si spennella l’olio con maestria, si dosa l’acqua nell’impastatrice con una sequenza di gesti rituale. Ogni cosa cambia aspetto in una prodigiosa metamorfosi, come la Dafne del Bernini inseguita da Apollo. Poi il forno inghiotte tutto.

Tra l’oggi e il domani
corre una linea sottile
come un impasto ben tirato

«Ho studiato informatica all’Itis e lavorato in ferramenta» racconta Fabrizio, 46 anni, mentre le mani ammaestrano l’impasto. «Dopo il militare, mentre attendevo risposta da alcuni colloqui di lavoro, un amico mi ha proposto di aiutarlo nel suo forno a Cremona. Ho accettato e scoperto una grande passione. Nel 1999 mi sono spostato a Vescovato, dal 2012 sono il titolare della panetteria. Le mie giornate non seguono ritmi tradizionali: dormo qualche ora prima di iniziare il lavoro e poi nel pomeriggio. È impegnativo, ma non mi pesa. Non quanto la burocrazia, almeno. Quella è davvero sfiancante».
Fuori è l’aurora. La radio infarinata sul davanzale gracchia le ultime note di una canzone di Cocciante e ridesta il flusso delle notizie annunciando il primo giornale orario. Alle 6.30 entrano Francesca e Simona, più tardi arriva Claudia. Bisogna preparare il negozio all’apertura, disporre brioche e pizzette nel banco, ricolmare gli espositori con il pane caldo. Alessandro inizia il giro delle consegne e alle 7.15 si affacciano i primi clienti. «Il solito?». «Il solito». «In vent’anni tanto è cambiato», spiega Fabrizio. «C’è stato un drastico calo del pane comune. I giovani ne consumano meno, le famiglie non si riuniscono più intorno al desco a mezzogiorno. La farina 00 ora è quasi demonizzata, le abitudini alimentari sono cambiate. In compenso è cresciuta la panificazione secondaria e la pasticceria salata. Si vendono più pizze e più pane con impasti particolari: integrale, con fibre, con la curcuma… Il futuro è tracciato: si andrà sempre più verso la ricerca della qualità e di ingredienti speciali».
Mentre il domani trasmuta in oggi, Fabrizio plasma l’ultimo Adamo. In una notte ha creato un quintale e mezzo di pane, quattro quintali nei festivi. Prima di riposarsi come il Dio della Genesi, contempla con la pala stretta tra le mani il forno ardente che insuffla la vita. «Questo pane è stato concepito quasi 30 ore fa ed è pronto per venire alla luce. Nel forno resta dai 16 minuti all’ora di tempo per i formati più grandi. Il segreto è lasciare che il calore penetri e scenda a scaldare il cuore». Il suo pulsare scandisce da millenni il nuovo giorno.

«Il segreto è lasciare
che il calore penetri
e scenda
a scaldare il cuore»