domani

N.07 Gennaio 2020

STARTUP

La musica dopo la tempesta

Le foreste che davano il legno a Stradivari sono state sfregiate dal ciclone Vaia: tre giovani imprenditori hanno immaginato un progetto di rinascita attraverso i loro amplificatori naturali

Tra il 26 e il 30 ottobre del 2018 molte aree montane dell’Italia nord orientale e delle confinanti Slovenia, Austria e Svizzera sono state sferzate da una forte perturbazione di origine atlantica, che ha distrutto decine di migliaia di ettari di foreste alpine.
La tempesta Vaia (questo il nome che le è stato dato) ha portato su queste zone piogge abbondanti, forti e persistenti, scatenando poi tutta la sua furia nella notte tra il 28 e il 29 ottobre. In quella nottata infausta il vento dell’Atlantico si è scontrato con lo scirocco, originando una rara e devastante depressione climatica, che ha innescato un ciclone extra-tropicale.
Quando il ciclone ha raggiunto le nostre montagne un forte vento, con velocità comprese tra gli 80 e i 120 km/h, ha soffiato per ore sulle alpi del Trentino, del Triveneto, sulle Prealpi e in piccola parte anche sulla Lombardia orientale, causando la morte di milioni di alberi.
Quando finalmente vento e pioggia sono cessati, dopo diversi altri giorni di assoluta emergenza, i numeri di questa calamità naturale sono apparsi in tutta la loro drammaticità: 473 comuni interessati, 41.491 ettari di superficie forestale e 8,7 milioni di metri cubi di legname schiantato al suolo. Veneto e Trentino sono state le regioni più colpite, con danni stimati in quasi 3 miliardi di euro e addirittura alcune vittime.
Tra le aree interessate anche le foreste dei violini di Stradivari, che con il legno degli abeti rossi della Val di Fiemme costruì quei capolavori che ancora oggi il mondo ammira e ascolta suonare, custoditi gelosamente e sempre più preziosi.
Vaia è stata una catastrofe che ha ferito l’Italia e il mondo intero, ma chi conosce e ama la natura sa che neppure calamità come questa hanno una valenza esclusivamente negativa. In natura nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma (legge della conservazione della massa, postulato fondamentale di Lavoisier). In questa dimensione, dalla quale l’uomo ha sempre cercato riparo, neppure la morte rappresenta un dramma definitivo, ma un passaggio: una trasformazione in grado di originare nuova vita e nuove opportunità.
Nel rispetto e nel cordoglio delle vite umane spezzate da Vaia, tre ragazzi – Federico, scioccato dalla tragedia e convinto che fosse necessario agire con urgenza per svegliare la coscienza collettiva, coinvolgendo nel progetto gli amici e colleghi di studio Paolo e Giuseppe – hanno dato vita in Trentino alla startup Vaia.
Un’idea semplice, ma per questo ancora più brillante: dar voce alle foreste ferite ridando vita al loro legno, realizzando degli amplificatori naturali per gli smartphone che potessero portare in molte case la voce e la forza degli alberi abbattuti dalla tempesta.
Una startup che guarda fortemente al domani e che lo fa da molte differenti prospettive: «Con questo progetto vogliamo fare la nostra parte per la rinascita delle foreste dopo la catastrofe; è per questo che alla vendita di ciascun prodotto sarà piantato un nuovo albero» ci racconta Giuseppe, che segue la comunicazione del progetto, e aggiunge: «La nostra startup è un investimento sul futuro, declinato sul territorio e sulla sostenibilità; crediamo che possa essere uno stimolo anche per il domani dei giovani dei territori alpini, tra il desiderio di cogliere le opportunità di questa nostra era e l’esigenza di tutelare il patrimonio della montagna e delle valli».
Quello che i ragazzi di Vaia auspicano è che la loro piccola startup possa diventare anche un esempio positivo per altri modelli di business, agganciati all’etica come stella polare del fare impresa. Restituire dignità a materie prime che altrimenti andrebbero sprecate, realizzando oggetti utili sia all’uomo che alla natura, crea un modello di business capace di attenzione non soltanto verso i bisogni delle persone, ma che mette al centro la natura e il territorio: «La sostenibilità economica per Vaia esiste nella misura in cui la sostenibilità ambientale è il risultato diretto della nostra attività d’impresa», ci dice orgoglioso Giuseppe.

Ogni cassa è segnata
da un colpo d’ascia:
una firma che ricorda la ferita
inferta dalla tempesta

’altoparlante passivo Vaia Cube è un oggetto d’arredo, un supporto per gli smartphone che ci riporta ogni giorno nella natura, a partire dall’odore del legno con cui è realizzato.
«Abbiamo pensato a questo tipo di oggetto perché molti dei tronchi che si sono abbattuti erano squarciati e non rendevano possibile la realizzazione di oggetti complessi e di grandi dimensioni. Abbiamo così optato per la creazione di un cubo dalla forma regolare, semplice ed elegante». Sul sito del progetto tutto questo è definito “design d’azione”, ovvero un nuovo modo di creare oggetti senza depauperare materie prime, al tempo stesso fornendo una risposta concreta alle conseguenze dei cambiamenti climatici.
Ogni altoparlante prodotto ha un segno distintivo ben preciso e altamente simbolico: «Un artigiano coinvolto nel progetto ha pensato di dare un tocco di unicità a ciascun Vaia, creando una spaccatura nel legno con un colpo d’ascia; una firma che ricorda la ferita inferta dalla tempesta agli alberi delle nostre montagne».
Un oggetto artigianale che nasce tra le mani di gente che sa come lavorare il legno, ma che in questo caso sceglie la semplicità per veicolare un messaggio altrettanto basilare, che riporta alla natura e alle nostre origini. Vaia cube è però anche la dimostrazione che la natura ci offre materiali semplici da lavorare, durevoli e dalle qualità sorprendenti, come già da secoli abbiamo scoperto.
È dunque un lavoro importante, quello che la startup sta svolgendo, sia per l’ambiente che per le persone, coinvolgendo oggi, a poco più di un anno dal suo concepimento, oltre 15 ragazzi. Giovani in gamba e con le idee chiare, che non intendono fermarsi qui, perché nel dna di Vaia c’è un obiettivo ambizioso: valorizzare le materie prime provenienti dai luoghi colpiti da calamità naturali, contenendo l’impatto sull’ambiente e destinando una parte dei ricavi a ricostituire l’equilibrio dell’ecosistema esistente prima del disastro ambientale.